rick
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lunedì 2 marzo 2009
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il curioso caso di un film
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L’ultimo giorno della Prima Guerra Mondiale nasce Benjamin, un neonato con gli acciacchi di un novantenne, abbandonato da tutti e accolto solo da un’amorevole donna di colore che gli farà da mamma andando oltre la sua diversità (“anche lui è una creatura di Dio” dice). Crescendo in una casa di riposo Benjamin non viene mai scoperto e la sua diversità mai notata. Vive al contrario, più passano gli anni e più ringiovanisce, conosce una sua coetanea bambina quando anche lui è bambino ma col corpo di un settantenne, i due si piacciono, si comprendono, lei vede subito che Benjamin è speciale; si lasceranno e rincontreranno prima di poter vivere il loro amore. Il lavoro di invecchiamento fatto su Brad Pitt è veramente notevole e senza dubbio molto credibile, da lodare è l’accuratezza dedicata all’estetica delle varie fasi della sua vita, dall’estrema vecchiaia all’adolescenza in età avanzata.
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L’ultimo giorno della Prima Guerra Mondiale nasce Benjamin, un neonato con gli acciacchi di un novantenne, abbandonato da tutti e accolto solo da un’amorevole donna di colore che gli farà da mamma andando oltre la sua diversità (“anche lui è una creatura di Dio” dice). Crescendo in una casa di riposo Benjamin non viene mai scoperto e la sua diversità mai notata. Vive al contrario, più passano gli anni e più ringiovanisce, conosce una sua coetanea bambina quando anche lui è bambino ma col corpo di un settantenne, i due si piacciono, si comprendono, lei vede subito che Benjamin è speciale; si lasceranno e rincontreranno prima di poter vivere il loro amore. Il lavoro di invecchiamento fatto su Brad Pitt è veramente notevole e senza dubbio molto credibile, da lodare è l’accuratezza dedicata all’estetica delle varie fasi della sua vita, dall’estrema vecchiaia all’adolescenza in età avanzata. Benché anche Cate Blanchett attraversi le varie età della vita il suo personaggio è stato visibilmente sacrificato e messo in ombra da quello di Pitt. La curiosità nel caso di Banjamin Button sarebbe capire quale è l’obbiettivo del film; un prologo che sembra suggerire una relazione fra un orologio (fatto da un orologiaio cieco, per giunta) che va al contrario e la vita stessa di Benjamin, anch’essa invertita, viene lasciato lì e non approfondito; sembra quindi che al film non interessi capire le cause della sua vita a rovescio per concentrarsi su altri aspetti. Peccato che non lo faccia. Troppe sono le citazioni (e le scopiazzature) ad altri film, dalle frasi che la madre adottiva rivolge a Benjamin (“Non sai mai cosa la vita ha in serbo per te”) agli altri sfacciati rimandi a Forrest Gump, paragone inaffrontabile per questo film. Come Forrest, anche Benjamin vaga spaesato in un mondo frenetico e in cambiamento, attraversa la storia del ‘900, migliora involontariamente la vita delle persone che incontra (la donna che attraversa a nuoto al manica) e dopo mille peripezie ritrova il suo grande amore. Anche l’incidente di Cate, frutto di mille coincidenze, è un chiaro rimando ad altre opere, così come l’intera narrazione del film in flashback con lei sul letto di morte e la figlia che legge i diari del padre, mentre Katrina incombe (altro fattore citato chiaramente ma per nulla sfruttato). Insomma chi è Benjamin Button? Cosa vuole dirci? È un Forrest Gump figo e intelligente, privo del fascino e della genialità del personaggio reso indimenticabile da Tom Hanks, è un tizio che vive al contrario che vaga per il mondo, senza chiedersi il perché della sua condizione e senza che nessuno glielo chieda, è un puro esercizio fine a se stesso in cui si vede cosa farebbe un giovane nel corpo di un vecchio e un vecchio nel corpo di un giovane. Uscendo dalla sala è immancabile un senso di incompiutezza, tipico di quando si vede qualcosa che si barcamena per quasi 3 ore senza trovare un proprio sentiero, restando in bilico fra troppi generi e altrettante (sfacciate) citazioni a opere francamente superiori.
Tipico esempio di film introspettivo “all’americana”, portato in pompa magna agli Academy con ben 13 nomination, il curioso caso di Benjamin Button è quel classico film che viene presentato con forte risonanza dalla grancassa mediatica e che (prevedibilmente) delude le eccessive aspettative createsi attorno a un film che è passato ma che probabilmente non lascerà alcun segno dietro di sé.
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[+] ottimo commento
(di rita)
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nicola pulvirenti
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giovedì 5 marzo 2009
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il caso e il destino
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Lo strano caso di Benjamin Button (The Curious Case of Benjamin Button), Regia di David Fincher con Brad Pitt, Cate Blanchett, Tilda Swinton, Julia Ormond, Jason Flemyng. Genere drammatico, produzione USA 2008, durata 159' circa.
“Nella vita non sai mai cosa c' è in serbo per te”. Benjamin nasce in circostanze particolari: è la fine della prima guerra mondiale. La madre muore a parto avvenuto e il padre terrificato dal suo aspetto tenta di ucciderlo. Caso o destino che sia, quella notte speciale ha una changes anche per lui. Benjamin viene adottato dall' amorevole badante nera di una casa per anziani, e qui trascorrerà la sua “giovinezza”. Quella di B. sembra proprio una vita nata appassita e destinata a spegnersi presto, per l' aspetto di un' ultra novantenne che attende con gli altri anziani la “visitatrice più frequente” di quella casa .
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Lo strano caso di Benjamin Button (The Curious Case of Benjamin Button), Regia di David Fincher con Brad Pitt, Cate Blanchett, Tilda Swinton, Julia Ormond, Jason Flemyng. Genere drammatico, produzione USA 2008, durata 159' circa.
“Nella vita non sai mai cosa c' è in serbo per te”. Benjamin nasce in circostanze particolari: è la fine della prima guerra mondiale. La madre muore a parto avvenuto e il padre terrificato dal suo aspetto tenta di ucciderlo. Caso o destino che sia, quella notte speciale ha una changes anche per lui. Benjamin viene adottato dall' amorevole badante nera di una casa per anziani, e qui trascorrerà la sua “giovinezza”. Quella di B. sembra proprio una vita nata appassita e destinata a spegnersi presto, per l' aspetto di un' ultra novantenne che attende con gli altri anziani la “visitatrice più frequente” di quella casa . Vecchio fuori, bambino dentro, lo aspetta una vita singolare tra amori, amicizie, guerre, viaggi e l' impossibilità di fermare il tempo che solo per lui scorre a ritroso.
Tratto dall' ononimo romanzo di Francis Scott Friztgerald, David Fincher riadatta il moderno combattente Brad Pitt di Fight Club ad un personaggio che esplora silenziosamente il novecento, attraverso un percorso di vita inverso e ineluttabile, che si imbatte costantemente ora con il caso, ora col destino: è il destino a incrociare le strade di Benjamin e Daisy, per poi separarle e affidarle alle oscure logiche del caso. E il destino, ancora.
In fondo però “andiamo tutti nella stessa direzione, solo che percorriamo strade diverse”. E' una riflessione sulla vita e sulle vite. Il caso ci rende differenti tutti. La sorte ci riunifica sotto le stesse spoglie; dunque il ricordo che ripercorre il già percorso, attraverso l' espediente del racconto che mette in luce la scelta perfetta dei colori, sbiaditi come i ricordi che risaltano l' America che “fu”.
Dopo l' orrenda interpretazione in Burn After Reading, il rigenerato Brad Pitt riesce a calrsi bene nei panni di un personaggio difficile da rappresentare. Brilla nella prima fase del film, nel suo carattere apparentemente anziano (merito d' altronde di effetti scenici e di trucco di cui Fincher è maestro), ma perde empatia nelle scene ultime; colpevole un ensemble che tende a ristagnare su montaggi non sempre indispensabili e che tratta più fievolmente il contro-aspetto giovane fuori vecchio dentro del protagonista.
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fatabella
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martedì 10 marzo 2009
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elogio all'amore
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nn è vero che "niente resta" come dice Benjamin a daisy in una scena del film ..tutto resta..alla fine...tutto quello che hai vissuto, provato, visto, sognato, desiderato..e soprattutto AMATO..TUTTO TI RIMANE DENTRO..è questo il messaggio del film (il libro nn l'ho ancora letto e immagino sarà ancora + bello)..puoi invecchiare, o ringiovanire, puoi scappare o decidere di cambiare vita.., ma nn puoi mai cancellare il tuo vissuto soprattutto se nel tuo vissuto l'Amore è al 1°posto...
tutto ciò è meraviglioso..a dire la verità ho trovato Pitt molto + nella parte nella versione"vecchietto"..era dolce, tenero, commovente..
la blanchett come sempre è sublime, splendida e la sua interpretazione è così passionale e struggente.
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nn è vero che "niente resta" come dice Benjamin a daisy in una scena del film ..tutto resta..alla fine...tutto quello che hai vissuto, provato, visto, sognato, desiderato..e soprattutto AMATO..TUTTO TI RIMANE DENTRO..è questo il messaggio del film (il libro nn l'ho ancora letto e immagino sarà ancora + bello)..puoi invecchiare, o ringiovanire, puoi scappare o decidere di cambiare vita.., ma nn puoi mai cancellare il tuo vissuto soprattutto se nel tuo vissuto l'Amore è al 1°posto...
tutto ciò è meraviglioso..a dire la verità ho trovato Pitt molto + nella parte nella versione"vecchietto"..era dolce, tenero, commovente..
la blanchett come sempre è sublime, splendida e la sua interpretazione è così passionale e struggente..
altro personaggio che spicca, tra i tanti, è la madre Quennie.è così devota e premurosa..una madre modello..
a chi nn l'ha ancora visto consiglio questo capolavoro.
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jacopo b98
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lunedì 28 ottobre 2013
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visivamente impeccabile, ma...
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Nel 1918 nasce a New Orleans Benjamin Button (Pitt), un neonato di circa ottant’anni. Man mano che cresce Benjamin ringiovanisce e vedrà morire tutte le persone a lui care, tra cui la madre adottiva (Henson), il padre naturale (Flemyng), ecc. Alla fine morirà anche lui, sotto forma di neonato, tra le braccia dell’amore della sua vita (Blanchett). Tratto dal famoso racconto di Francis Scott Fitzgerald, è un melodramma di quasi tre ore, diviso in due parti ben distinte: la vecchiaia di Benjamin, in cui avvengono le cose tipiche della giovinezza: le prime esperienze, i primi amori, il primo lavoro su un rimorchiatore, l’andare in guerra… La seconda è invece la giovinezza-vecchiaia del protagonista, che si crea una famiglia e continua perennemente a ringiovanire.
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Nel 1918 nasce a New Orleans Benjamin Button (Pitt), un neonato di circa ottant’anni. Man mano che cresce Benjamin ringiovanisce e vedrà morire tutte le persone a lui care, tra cui la madre adottiva (Henson), il padre naturale (Flemyng), ecc. Alla fine morirà anche lui, sotto forma di neonato, tra le braccia dell’amore della sua vita (Blanchett). Tratto dal famoso racconto di Francis Scott Fitzgerald, è un melodramma di quasi tre ore, diviso in due parti ben distinte: la vecchiaia di Benjamin, in cui avvengono le cose tipiche della giovinezza: le prime esperienze, i primi amori, il primo lavoro su un rimorchiatore, l’andare in guerra… La seconda è invece la giovinezza-vecchiaia del protagonista, che si crea una famiglia e continua perennemente a ringiovanire. Lo spunto era notevole e se ne poteva cavare un grande film, ma, grazie alla sceneggiatura di Eric Roth e Robin Swicord, tutti gli spunti di riflessione sono demoliti da carrettate di buonismo. Perciò sta qui l’errore e il difetto maggiore di un film altrimenti impeccabile, ai limiti della perfezione: se l’aspetto visivo contasse più di quel che realmente conta nel valore di un film Il curioso caso di Benjamin Button sarebbe un capolavoro: infatti scenografie (Donald Graham Burt), fotografia (Claudio Miranda) e trucco (applicato abbondantemente, soprattutto su Pitt, ma anche sulla Blanchett) sono assolutamente perfetti, oltre a tutto il resto. Insomma, formalmente è un film perfetto, e persino gli interpreti funzionano abbastanza, con un bravo Pitt, prima invecchiato e poi notevolmente ringiovanito. Ma, come ho già detto, i difetti di sceneggiatura si fanno sentire e la colpa è presumibilmente imputabile a Roth, già Oscar per Forrest Gump, e infatti è proprio il capolavoro di Zemeckis che questo film ricorda: un “diverso” che alla fin fine cambia la storia del suo paese. Ma la formula aveva funzionato nel 1994, nel 2008 si rivela un fallimento. Tuttavia Hollywood cade ai piedi di Fincher e del suo film e lo premia con la bellezza di tredici nomination agli Oscar (tra cui film, regia, attore, attrice non protagonista (Henson) e sceneggiatura), per fortuna l’Academy si è resa conto dell’errore in tempo e ha riconosciuto al film solo tre statuette, peraltro meritate: scenografia, trucco e effetti speciali.
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great steven
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martedì 10 dicembre 2013
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benjamin button nasce vecchio e ringiovanisce.
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IL CURIOSO CASO DI BENJAMIN BUTTON (USA, 2008) di DAVID FINCHER con BRAD PITT – CATE BLANCHETT – TILDA SWINTON – JASON FLEMYNG – JULIA ORMOND – TARAJI P. HENSON – ELIAS KOTEAS – JARED HARRIS – MAHERSHALALHASHBAZ ALI – ELLE FANNING – DONNA DUPLANTIER § Il giorno della fine della Grande Guerra l'industriale Thomas Button ha dalla moglie, che muore di parto, il suo primogenito. Ma il suo aspetto lo inorridisce al punto che lo strappa dalla culla e lo abbandona di fronte a una casa di riposo. Viene ospitato dalla gestrice della struttura, Queenie, che lo battezza Benjamin. Il neonato soffre di una rara malattia che gli comporta le patologie di un vecchio: arti ossificati, scarso udito, pelle raggrinzita e cattiva vista.
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IL CURIOSO CASO DI BENJAMIN BUTTON (USA, 2008) di DAVID FINCHER con BRAD PITT – CATE BLANCHETT – TILDA SWINTON – JASON FLEMYNG – JULIA ORMOND – TARAJI P. HENSON – ELIAS KOTEAS – JARED HARRIS – MAHERSHALALHASHBAZ ALI – ELLE FANNING – DONNA DUPLANTIER § Il giorno della fine della Grande Guerra l'industriale Thomas Button ha dalla moglie, che muore di parto, il suo primogenito. Ma il suo aspetto lo inorridisce al punto che lo strappa dalla culla e lo abbandona di fronte a una casa di riposo. Viene ospitato dalla gestrice della struttura, Queenie, che lo battezza Benjamin. Il neonato soffre di una rara malattia che gli comporta le patologie di un vecchio: arti ossificati, scarso udito, pelle raggrinzita e cattiva vista. Dovrebbe morire entro poco tempo e invece sopravvive, e sembra che qualcosa ringiovanisca in lui giorno dopo giorno; in effetti scopre ben presto che la sua esistenza va alla rovescia. A 7 anni impara a camminare, a 13 comincia a lavorare su un battello con cui parte per la guerra contro il Giappone a 23, vedendo morire il suo comandante e quasi tutto il resto dell’equipaggio. A 26 torna a casa, dove rincontra Thomas, invecchiato e malato, che gli rivela la sua paternità e gli lascia una cospicua eredità, e soprattutto Daisy Fuller, che conobbe nel 1930 nel giardino della casa di riposo e che ora è una giovane e bellissima ballerina. Lui la ama, lei ci mette un po' a ricambiarlo, ma alla fine convolano a nozze e si sistemano in un appartamento. Hanno pure una figlia, Caroline. Ma Benjamin, sostenendo che non potrà mai essere un buon genitore, lascia la famiglia e riprende a girare il mondo. Viene ritrovato agli inizi degli anni '90 da Daisy, che s'è ormai avviata alla terza età, quando è poco più che un ragazzino. Lei, ferita a morte perché Button non ha più memoria del suo passato, lo accudisce fino al giorno della sua morte (in fasce). E neanche sul letto funebre smetterà di rimpiangere la loro storia d'amore. Nel 1922 Francis Scott Fitzgerald, autore di racconti che primeggiò nella cosiddetta età del jazz, scrisse un racconto breve dallo stesso titolo, per il quale fu aspramente criticato dai giornali di New Orleans, che lo definirono «il più grosso pezzo di somaro fra i venditori di storie», oltre che «un bel matto». Eppure nelle sue pagine trapela un fascino di stampo quasi introvabile, una storia che in un numero molto limitato di righe condensa tante vicende che, attraversando la storia, narrano di un uomo diverso da ogni altro suo simile che cerca di collocarsi all’interno della società cui dovrebbe appartenere, ma è la società stessa a creargli i problemi con cui dovrà confrontarsi dapprima all’inizio, quando è un giovane con lunga barba grigia, e poi alla fine, in una vecchiaia dove gioca con le striscioline di carta e si sbrodola bevendo il latte. Anche il film di Fincher (ambientato però nel XX secolo, con prologo ed epilogo nel XXI) fonda le scene, i suoni e i temi partendo da una duplice domanda di indispensabile fondamento: come si comporterebbe un uomo anziano se avesse l’età di un bambino? E come ragionerebbe un infante nei panni di un vecchio? Trasposto sullo schermo, il racconto di Fitzgerald conserva in modo abbastanza dignitoso il suo fascino, anche se a volte scivola nel ridicolo involontario, e traduce in immagini il dramma di questo insolito individuo capace comunque di sentimenti assolutamente umani, che vive le proprie tragedie nei primi anni di vita per poi ripercorrerle ancora più vivamente negli ultimi. Ottimo il lavoro dei truccatori fatto su Pitt, con supplementi forniti dagli effetti speciali della Digital Domain. Il marito di Angelina Jolie dà spessore al suo personaggio, rendendo chiare le contraddizioni che vive e, forse in modo ancora più evidente, le cose di cui è all’oscuro e le verità che scopre sugli uomini e sulle cose solo con l’esperienza sul campo (la guerra, il matrimonio, il lavoro, i viaggi intorno al pianeta, ecc.); la sua interpretazione pecca però di mordente nelle dimostrazioni affettive e nei duetti con C. Blanchett, che invece recita sempre con la sua abituale destrezza che la fa uscire da ogni ordinario. Il suo Benjamin Button è insomma troppo disinteressato e troppo attratto dai piaceri della vita, mentre la Daisy Fuller della Blanchett ha i suoi unici momenti di "abbassamento" nelle sequenze da anziana. Una nota di merito che va senz’altro fatta notare è la consapevolezza del proprio destino che emerge di frequente nei dialoghi. 13 candidature agli Oscar 2009 (fra cui Pitt attore protagonista e T. Henson attrice non protagonista), ma solo tre statuette alla fotografia (dell’italiano Claudio Miranda), agli effetti speciali e al trucco. Colonna sonora composta dal gran maestro francese Alexandre Desplat, con musiche registrate presso l'Hollywood Studio Symphony.
Drammatico; giudizio personale: 7½ (più che discreto)
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ediesedgwick
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domenica 11 marzo 2018
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fincher si è sciolto al sole
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Una bella delusione Fincher, una notevole mattonata, non necessariamente in senso solo positivo o negativo. Parte tutto con un guizzo d' inventiva che tiene in piedi la struttura solo a metà, ossia è una più che discreta, efficace intuizione narrativa, quella del protagonista che "ringiovanisce" mano a mano, portata avanti sul solco dei trascorsi interpresonali alla Forrest Gump (che Hollywood ama tantissimo, per cui l'America perde le staffe a sentir critiche) quindi neanche troppo male si direbbe. Ma poi, ecco che c’è, quasi tre ore del nulla: non è possibile, mi dicevo, ebbene sì, incombono tre ore basate sul percorso che il protagonista inevitabilmente compie, quasi adempie vedendosi 'decrescere', nel fare esperienze di vita praticamente "a ritroso" nonostante gli avvenimenti, le ripercussioni, i cambiamenti diano l'idea di esser scanditi senza più di tanta stortura, distorsione profonda, scarto da un punto di vista squisitamente relazionale e di dispiegamento fino all'infanzia terminale (che prefigura una metastasi col nulla che non riesce però a tradursi in immagini)
Tutto diventa (purtroppo) “calligrafico”, già da dopo la suddetta premessa, sentimentalismo futile, momenti trascurabili a non finire, filosofia abbastanza spicciola e ricordi che si sgranano passo passo.
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Una bella delusione Fincher, una notevole mattonata, non necessariamente in senso solo positivo o negativo. Parte tutto con un guizzo d' inventiva che tiene in piedi la struttura solo a metà, ossia è una più che discreta, efficace intuizione narrativa, quella del protagonista che "ringiovanisce" mano a mano, portata avanti sul solco dei trascorsi interpresonali alla Forrest Gump (che Hollywood ama tantissimo, per cui l'America perde le staffe a sentir critiche) quindi neanche troppo male si direbbe. Ma poi, ecco che c’è, quasi tre ore del nulla: non è possibile, mi dicevo, ebbene sì, incombono tre ore basate sul percorso che il protagonista inevitabilmente compie, quasi adempie vedendosi 'decrescere', nel fare esperienze di vita praticamente "a ritroso" nonostante gli avvenimenti, le ripercussioni, i cambiamenti diano l'idea di esser scanditi senza più di tanta stortura, distorsione profonda, scarto da un punto di vista squisitamente relazionale e di dispiegamento fino all'infanzia terminale (che prefigura una metastasi col nulla che non riesce però a tradursi in immagini)
Tutto diventa (purtroppo) “calligrafico”, già da dopo la suddetta premessa, sentimentalismo futile, momenti trascurabili a non finire, filosofia abbastanza spicciola e ricordi che si sgranano passo passo. Fincher fa il pieno di personaggi secondari di cui ci si sta già dimenticando durante le scene stesse in cui si prestano al racconto e alla linea della lettura da tanto che lasciano indifferenti (esempio su tutti, mai vista una figura paterna tanto pallida, scipita, brevilinea e poco caratterizzata).
Per il resto si susseguono stralci di vita imboccati da un diario letto al capezzale, tra rapporti illuminati alla bell' e meglio, senza profondità eccedente, secondo pochi e perlopiù scontati aspetti di affrontazione dell'anomalia. C'è da dire che il finale, per paradosso, risolleva anche ampiamente le sorti, ottenendo di prefigurare il riassorbimento nella nascita, ma forse Fincher non va abbastanza in fondo nella dinamica e si ferma qualche passo prima. In sé e per sé il difetto maggiore è che è troppo descrittivo, prevedibile, annacquato da qualsivoglia situazioni senza chiave di anelito ulteriore, sostenute solo da una delle migliori idee -lo concedo- che potessero saltar fuori per tirar fuori qualcosa da questo film. Quando l'idea da sola è più pregnante di quelle lunghissime, didascaliche, tre ore di visione, è segno che qualcosa tocca. La messa agli atti al limite della pedanteria, e il punto è proprio questo, che avendo e partendo da un materiale del genere, da un'anomalia dell'età così intrigante, ricca di risvolti psicologico-esistenziali (è tratto da un romanzo breve) la trasposizione è tutt'altro che valida, né concisa, con nessunissima sintesi di natura alcuna
Incisive sono solo certe immagini isolate, di giustezza poetica, quali la sfocatura dell'alba all'orizzonte, con il sole che spunta inversamente agli ultimi istanti di vita del padre, o il bel finale simbolico con il quadrante dell'orologio e l'acqua che allaga tutto. Accompagnamento e fotografia sono assolutamente stucchevoli, che non fa che appesantire, banali, o meglio alla lunga intiepidiscono. Uno dei più deboli film di Fincher su tutta la linea, in tutta sincerità (senza rancore per quello che rimane un gran bravo regista) avrei voluto prenderlo a sberle, a pensare che solo l'anno prima eravamo ai livelli di Zodiac, un capolavoro sfiorato. Si vede che il biografico/sentimentale non fa per Fincher, dovrebbe attenersi al suo forte che è il genere crime/investigativo perché raramente ho visto un film così affaticato, lezioso, tra lungaggini e senza un barlume di niente di altrettanto potente quanto l'implicazione di per sé della caratteristica principe, peraltro inverosimile, roba che neanche il primo venuto. Peccato. Per riprendere le parole del monologo: "spero che Fincher torni al thriller"
Voto: 4.5
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filippo_24
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martedì 21 aprile 2020
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fincher ci insegna come trasformare un'idea brillante nell'apologia del banale a tinte rosa
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"Il curioso caso di Benjamin Button", un'idea brillante nata dalla penna di Francis Scott Fitzgerald (che si ispirò a sua volta ad un pensiero di Mark Twain) e relegata da Fincher nella bolgia infernale della malinconia degli "amori impossibili", in un'opera legittimata soltanto da una smodata e ossessiva ricerca del family friendly in ogni sua più patetica sfumatura. Quello di Benjamin Button è davvero un caso curioso: l'individuo nasce "vecchio" e muore "giovane", vivendo al contrario. Il "bambino-anziano", infatti, nato il giorno dell'armistizio della Grande Guerra, vive la propria vita ringiovanendo presso l'abitazione pluri-familiare gestita da una governante afroamericana, che lo accudisce come un figlio, poiché abbandonato dal padre biologico presso la sua dimora.
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"Il curioso caso di Benjamin Button", un'idea brillante nata dalla penna di Francis Scott Fitzgerald (che si ispirò a sua volta ad un pensiero di Mark Twain) e relegata da Fincher nella bolgia infernale della malinconia degli "amori impossibili", in un'opera legittimata soltanto da una smodata e ossessiva ricerca del family friendly in ogni sua più patetica sfumatura. Quello di Benjamin Button è davvero un caso curioso: l'individuo nasce "vecchio" e muore "giovane", vivendo al contrario. Il "bambino-anziano", infatti, nato il giorno dell'armistizio della Grande Guerra, vive la propria vita ringiovanendo presso l'abitazione pluri-familiare gestita da una governante afroamericana, che lo accudisce come un figlio, poiché abbandonato dal padre biologico presso la sua dimora. Quello di Fincher è un film che parte bene nell'ambientazione e nella struttura di impostazione, ma che poi scade inesorabilmente nella "Storia Infinita" tra Brad Pitt e Cate Blanchett, tormentata e rimarcata in modo fin troppo ovvio dal "fattore età" inversamente proporzionale tra i due. Fincher poteva sfruttare un vantaggio, ovvero quello di avere una trama già impostata alla perfezione dalla novella di Fitzgerald. Ma perché, invece, non incaponirsi sulla banalità dell'amore impossibile facendo urlare al capolavoro lo spettatore medio? E dunque, il gioco è fatto: la pellicola di Fincher si salva solo per la brillantezza del trucco, delle ambientazioni e della fotografia (tant'è che ha inanellato tre Oscar per il lato prettamente tecnico del film), il resto è una grandiosa opportunità che viene gettata al vento dopo un'ora di svolgimento che sembrava convincente, sebbene manchevole di spunti decisivi. La creazione di Fincher è un'opera estremamente attuale poiché scoperchia definitivamente il vaso di Pandora del family friendly, tirandone fuori tutti gli elementi possibili che possano creare un "Velo di Maya" (ahinoi) che foderi gli occhi del grande pubblico, invitandolo a straziarsi l'animo sulla drammaticità della vita sentimentale del Button interpretato da Brad Pitt. Lo scopo sembra essere proprio questo: fermare la narrazione nel momento in cui Brad Pitt è nel fiore dei suoi anni, con il suo immancabile aplomb, così da incentrare la seconda parte del film sulla celebrazione dell'estetico, ripercorrendo gli ultimi anni della vita di Benjamin (forse la parte più importante in assoluto) in maniera sbrigativa e poco sensata. Cate Blanchett è il non plus ultra di questo immenso carrozzone di sentimentalismo spicciolo: una prestazione quantomeno deludente (normale, in realtà, tenendo in conto lo standard dei film nei quale la si trova protagonista) che contribuisce a banalizzare ciò che di banalizzabile è rimasto, trasformandosi nella "donna angelo" (che niente ha a che vedere con quella dei poeti stilnovisti, date le avances sessuali piuttosto inopportune che in una certa parte del film esplicita al protagonista) obiettivo di un amore più nostalgico dei "vecchi" tempi della gioventù che realmente fondato su una qualche forma di condivisione pragmatica tra i due. Benjamin ringiovanisce sempre di più, fino a diventare un neonato, ma qual è la vera incidenza di questo ringiovanimento sul film? La difficoltà nei rapporti interpersonali, ovviamente. A questo si ferma la riflessione complessiva che il film dovrebbe portare ad elaborare. Delude, delude molto la trasposizione cinematografica del piccolo gioiello di Fitzgerald trasformato in una telenovela, tant'è che il film ha ragione di esistere finché gli sviluppi ripercorrono quelli del racconto al quale esso stesso è ispirato. E intanto l'anima narrativa di Fitzgerald, risvegliata dal richiamo di Fincher, è inesorabilmente torturata, devastata, straziata e ridicolizzata grazie ad opera di una cultura cinematografica sempre più family friendly con inclinazione patetica, che rovina e distrugge a suon di luoghi comuni l'intera scuola di cinema "rivoluzionario" ispirato dai grandi scrittori alla quale si spaccia di appartenere, una scuola che forse deve la propria ragion d'essere proprio all'esplicito, allo scorretto e a ciò che viene raccontato remando contro all'eccessiva canonizzazione etica e morale scadente nel patetico del cinema di cui il pubblico più ragionevole si è ormai stancato.
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gigi87
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domenica 15 febbraio 2009
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più sbadigli che emozioni!!!
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Mi dispiace andare contro le ottime recensioni del pubblico a favore del film, ma a me IL CURIOSO CASO DI BENJAMIN BUTTON non mi ha entusiasmato per niente!.... 15 nomination Oscar, tra cui quella al miglior film, mi sembrano una vera esagerazione per un lungometraggio di questo calibro...Nonostante la storia sia interessante e parta con il piede giusto, il film mi ha regalato più sbadigli che emozioni.... Le vicende di Benjamin, lungo la Storia, si susseguono senza mai una vera pausa di riflessione su i temi che il film vuole affrontare, come la morte, la vita, il tempo che cambia ogni cosa.....E da questo "mattoncino" di film ne esce male perfino la storia d'amore tra Benjamin e Dasy, la quale me l'aspettavo più intensa e poetica viste le anticipazioni.
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Mi dispiace andare contro le ottime recensioni del pubblico a favore del film, ma a me IL CURIOSO CASO DI BENJAMIN BUTTON non mi ha entusiasmato per niente!.... 15 nomination Oscar, tra cui quella al miglior film, mi sembrano una vera esagerazione per un lungometraggio di questo calibro...Nonostante la storia sia interessante e parta con il piede giusto, il film mi ha regalato più sbadigli che emozioni.... Le vicende di Benjamin, lungo la Storia, si susseguono senza mai una vera pausa di riflessione su i temi che il film vuole affrontare, come la morte, la vita, il tempo che cambia ogni cosa.....E da questo "mattoncino" di film ne esce male perfino la storia d'amore tra Benjamin e Dasy, la quale me l'aspettavo più intensa e poetica viste le anticipazioni....e invece mi è sembrata sbrigativa, poco chiara e ancor meno coinvolgente.....Alla fine non si capisce bene dove il regista voglia andare a parare e nonostante la storia regali qualche sorriso e strizzi l'occhio al mitico "FORREST GUMP", il film non riesce a trovare la propria identità....non riesce a mostrarci la sua anima....e quindi non ci regala quelle emozioni intense che ci aspettavamo di vivere affrontando questa avventura cinematografica..... Detto questo vorrei parlare pure di Brad Pitt..... Scusate fan di Brad, ma se lui vincerà l'Oscar come migliore attore protagonista, allora significa che gli Oscar stanno proprio degenerando......La sua interpretazione in questa pellicola è piatta, esprime ben poche emozioni e non ti conquista.....Mi stupisco a pensare che l'abbiano candidato alla statuetta per questo film e non per altri molto più belli dove recita molto meglio....Forse in un film come "BABEL", meritava la statuetta.....ma non qui! Concludendo è mio pensiero che questo film, se merita degli Oscar, è soprattutto per gli effetti speciali e il trucco, qui impeccabili.....ma nulla di più.....o comunque senza dubbio NO al miglior film e No all'attore protagonista. -G-
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giacomo vezzani
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lunedì 16 febbraio 2009
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il tempo riflette su se stesso.
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Il nuovo film di Fincher, è un grande afresco del secolo passato, sicuramente è il melodramma della stagione, ma il vero protagonista non è Pitt o la Blanchet bensì il tempo.
Tutto inizia con un padre che non può accettare la morte del figlio in guerra e quindi costruisce un orologio che va al contrario.Poi c'è un anziana signora che fa leggere alla figlia il diario di un uomo:La vita al contrario di Benjemin Button che nasce vecchio e arriverà alla fine della sua vita da adolescente.
Il rimando a Scott Fitzgerald e la suo racconto c'è , il grande tema c'è, le atmosfere ci sono, quello che stranamente viene a mancare è la focalizzazione, il modo scelto da Fincer con cui ci viene raccontata l'intera vicenda.
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Il nuovo film di Fincher, è un grande afresco del secolo passato, sicuramente è il melodramma della stagione, ma il vero protagonista non è Pitt o la Blanchet bensì il tempo.
Tutto inizia con un padre che non può accettare la morte del figlio in guerra e quindi costruisce un orologio che va al contrario.Poi c'è un anziana signora che fa leggere alla figlia il diario di un uomo:La vita al contrario di Benjemin Button che nasce vecchio e arriverà alla fine della sua vita da adolescente.
Il rimando a Scott Fitzgerald e la suo racconto c'è , il grande tema c'è, le atmosfere ci sono, quello che stranamente viene a mancare è la focalizzazione, il modo scelto da Fincer con cui ci viene raccontata l'intera vicenda.
Un caso piuttosto singolare per il regista perchè comunque si voglia andare contro il David Fincher minore come per esempio The game, a mio parere sottovalutato, quello che non è mai mancato al regista è il "Quid",l'atmosfera, il pacchetto visivo e di genere che il regista riesce sempre bene a centrare( vedi il thriller "Seven/zodiac" o il fantasy "Alien 3").
Nel "Curioso caso" non si capisce cosa vuole centrare e come vuole raccontarci questa storia: Romantica, esistenziale, epocale? Ancora: Assolutamente irrisolte le vicende storiche di contorno (la seconda guerra mondiale, il 68 etc) la sfaccettatura favolistica inconsistente (l'episodio del Colibrì rimane emblematico come digressione inutile)
Ma non sento di dover dire che è un brutto film, perchè c'è un grande impegno nella ricerca dell'atmosfera, e un'ambiguità nel desiderio di dover dare un senso al tempo che passa, e che a priori è impossibile da identificare.La vita, il desiderio di continuità, che con alcune scene potevano già funzionare, vengono cancellate dalla carrellata dei protagonisti finali.
Il duetto Pitt/Blanchet funziona.Funziona anche meglio Tilda Swinton con Brad Pitt, non mancano scene commoventi, come quando la Blanchet/Daisy ritrova Benjamin adolescente.Ammiro il melodramma che non sconfina nel patetico, e il percorso di un uomo che nasce sconfitto ma non vuole cedere alla vita. Ma io volevo di più!Eccellenti le musiche di Desplat(grande compositore) e gli effetti speciali per una volta poetici.
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zollaw
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mercoledì 18 febbraio 2009
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racconto di belle cose..
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Un film che non da nulla di innovativo, non è altro che la scuola che forrest gump riproposta nel 2009, comunque sia con un maestro del genere si possono proporre storie fantastiche che ci fanno emozionare per ogni fotogramma proposto..
Questo Benjamin button è un film con una produzione impeccabile, girato da professionisti e con attori che sanno il fatto loro.. Ti fa bagnare gli occhi in più di una occasione, è la storia incredibile di un uomo diverso dagli altri, un pò un lupo della steppa, una voce fuori dal coro, che nonostante ciò continua il suo percorso, la sua vita in modo impeccabile, anche se a un certo punto è costretto a rinunciare a tutto.. Fantastico pitt, bravissimo, bellissima la blanchett, farebbe innamorare anche il più ispido dei soggetti.
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Un film che non da nulla di innovativo, non è altro che la scuola che forrest gump riproposta nel 2009, comunque sia con un maestro del genere si possono proporre storie fantastiche che ci fanno emozionare per ogni fotogramma proposto..
Questo Benjamin button è un film con una produzione impeccabile, girato da professionisti e con attori che sanno il fatto loro.. Ti fa bagnare gli occhi in più di una occasione, è la storia incredibile di un uomo diverso dagli altri, un pò un lupo della steppa, una voce fuori dal coro, che nonostante ciò continua il suo percorso, la sua vita in modo impeccabile, anche se a un certo punto è costretto a rinunciare a tutto.. Fantastico pitt, bravissimo, bellissima la blanchett, farebbe innamorare anche il più ispido dei soggetti.. E' un sogno, due persone che si amano pur con problemi di fondo che sanno che gli porteranno via tutto, che pur nella lontananza sanno ascoltarsi, scriversi, che hanno una grande forza di volontà e sanno cosa vogliono. Scoprono la vita insieme in modi diversi, per poi riincontrarsi (destino), e concludere le loro vite insieme: infine ognuno in punto di morte con l' altro in mente.
Se il cinema deve procurare emozioni questa pellicola ce la fa, è ostico, lungo, ma assolutamente bellissimo, Una storia da raccontare e da guardare che quando finisce lascia un pò malinconici ma felici di averne fatto parte.. Sono soddisfatto del lavoro fatto da fyncher, sicuramente differente dalle sue vecchie fatiche, ma non per questo meno aggradante. Fa sognare, è bello, fa piangere, è triste, è ciò che ci vuole ogni tanto sul grande schermo.. Una storia come non ne succedono, e se questo è banale, allora mi sento un conformista. Mi alzo in piedi e applaudo, un grazie sentito, a me questo film è piaciuto molto al dilà degli stereotipi hollywoodiani mi ha cullato dall' inizio alla fine e me la sono goduta.. 4 stelle, complimenti ancora a tutti..
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