andrea
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domenica 22 febbraio 2009
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il vecchio west non muore mai
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Il western è un genere che viene dato spesso per morto,salvo poi resuscitare proponendoci grandi film come Gli Spietati, L'assassinio di Jesse Jemes ecc,Open range o Quel treno per Yuma. Appaloosa non fa eccezione a questa "regola". Harris si rivela grandioso anche come regista,proponendoci un western vecchio stampo ma ugualmente originale,soprattutto grazie alla figura della donna,rivalutata e resa importante anche più degli altri protagonisti. Ed Harris esalta nobili valori come lealtà,amicizia,amore e coraggio,condendo il tutto con una buone dose di ironia che non guasta. I dialoghi sono briosi e mai banali,"coatti" nel senso più positivo della parola("hai paura di morire?" "No,non ho paura.
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Il western è un genere che viene dato spesso per morto,salvo poi resuscitare proponendoci grandi film come Gli Spietati, L'assassinio di Jesse Jemes ecc,Open range o Quel treno per Yuma. Appaloosa non fa eccezione a questa "regola". Harris si rivela grandioso anche come regista,proponendoci un western vecchio stampo ma ugualmente originale,soprattutto grazie alla figura della donna,rivalutata e resa importante anche più degli altri protagonisti. Ed Harris esalta nobili valori come lealtà,amicizia,amore e coraggio,condendo il tutto con una buone dose di ironia che non guasta. I dialoghi sono briosi e mai banali,"coatti" nel senso più positivo della parola("hai paura di morire?" "No,non ho paura." "Bene,perchè sarai il primo"),i silenzi tipici di questo genere di film sono eloquenti e significativi,il cast è di primissimo ordine e aumenta indubbiamente il valore della pellicola. Per me un gran bel film,che ci conferma che,se fatti bene,i western sono immortali.
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[+] è propio vero il western non muore mai
(di riccardo93)
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gabriella
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martedì 21 aprile 2009
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una pistola per viggo
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Quando si recita con lo sguardo, quando si riducono i dialoghi all'essenziale e i movimenti lenti dei protagonisti sono ripresi in primi piani perfetti, quando a recitare c'è un cast di tutto rispetto, aggiungiamoci pure una colonna sonora azzeccata, ecco che si ottiene un risultato eccellente. I grandi spazi di frontiera, il cattivo di turno, lo sceriffo e il vice, uomini rudi, di poche parole, specie il capo, sempre ala ricerca del termine esatto, ma dalla mira precisa, la loro amicizia, un legame onesto e schietto, che nemmeno le moine della bella straniera riescono a scalfire. Tra i due c'è una sottintesa intimità e complicità,, qualcosa di solido che va difeso, e a questo ci penserà Everett, prima di scomparire verso altre terre, altri orizzonti.
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Quando si recita con lo sguardo, quando si riducono i dialoghi all'essenziale e i movimenti lenti dei protagonisti sono ripresi in primi piani perfetti, quando a recitare c'è un cast di tutto rispetto, aggiungiamoci pure una colonna sonora azzeccata, ecco che si ottiene un risultato eccellente. I grandi spazi di frontiera, il cattivo di turno, lo sceriffo e il vice, uomini rudi, di poche parole, specie il capo, sempre ala ricerca del termine esatto, ma dalla mira precisa, la loro amicizia, un legame onesto e schietto, che nemmeno le moine della bella straniera riescono a scalfire. Tra i due c'è una sottintesa intimità e complicità,, qualcosa di solido che va difeso, e a questo ci penserà Everett, prima di scomparire verso altre terre, altri orizzonti.
un western del quale si sentiva francamente la nostalgia.
Unico appunto: troppo leziosa la Zellweger.
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(di puntevvirgola)
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ciro
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martedì 24 febbraio 2009
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western romantico e retrò
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Un Western. I grandi spazi del New Mexico. Due pistoleri legati da profonda amicizia. Una donna venuta da lontano che porta scompiglio. E ancora: duelli cui si va con una sola pallottola caricata nel tamburo, uomini che sparano guardandosi negli occhi, ritmo lento e cadenzato, dialoghi scarni ed efficaci. Più che un film, un saggio di cinema americano, quello vero, “classico”, in cui i movimenti della macchina da presa sono impercettibili perché si privilegia la narrazione e la messa in scena piuttosto che il virtuosismo. Insomma, si respira un’aria splendidamente retrò, ci si affeziona ai personaggi e si fa il tifo per i “buoni” nel solco di uno schematismo – morale e narrativo – che nasce proprio con il western e che solo successivamente è stato applicato al cinema americano nella sua interezza.
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Un Western. I grandi spazi del New Mexico. Due pistoleri legati da profonda amicizia. Una donna venuta da lontano che porta scompiglio. E ancora: duelli cui si va con una sola pallottola caricata nel tamburo, uomini che sparano guardandosi negli occhi, ritmo lento e cadenzato, dialoghi scarni ed efficaci. Più che un film, un saggio di cinema americano, quello vero, “classico”, in cui i movimenti della macchina da presa sono impercettibili perché si privilegia la narrazione e la messa in scena piuttosto che il virtuosismo. Insomma, si respira un’aria splendidamente retrò, ci si affeziona ai personaggi e si fa il tifo per i “buoni” nel solco di uno schematismo – morale e narrativo – che nasce proprio con il western e che solo successivamente è stato applicato al cinema americano nella sua interezza.
La forza del film sta tutto qua: nella sua semplicità. Non c’è un parola o una scena di troppo. Anche la recitazione sembra sottotono, ma solo in apparenza. Alla coppia Harris/Mortensen basta infatti un solo sguardo per renderci partecipi della profonda amicizia che li lega, e capiamo subito che la ragazza arrivata ad Appaloosa (una come al solito smorfiosissima Renée Zellweger pronta a cambiare uomo a seconda di dove va il potere), non riuscirà mai a scalfirla. Anche in questo, sembra di essere tornati indietro di decenni: l’amicizia vera è solo quella tra gli uomini, le donne sono soltanto perfide calcolatrici, secondo una visione misogina dei rapporti uomo-donna anch’essa prerogativa del cinema western classico.
In un film elegante ed equilibrato dalla prima all’ultima inquadratura, restano nella memoria la splendida sequenza del duello in un fatiscente villaggio messicano (ci si dà appuntamento con il sorriso sulle labbra, e ci si spara incuranti della morte, come nella leggendaria sequenza finale de “Il mucchio selvaggio”), e il regolamento di conti finale, in cui Mortensen/Hitch, pur di non tradire il rigido codice morale che si è costruito, è costretto a lasciare per sempre Appaloosa (e dunque il lavoro, l’amico e la compagna).
Il coraggio e l’onore prima di tutto.
Se non è Western questo…
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[+] schematismo
(di francesco2)
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ciccio capozzi
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giovedì 22 gennaio 2009
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redivivo western con un'onesta rappresentatività
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“APPALOOSA” di ED HARRIS; USA, 08. New Mexico, 1882, due pistoleros, Virgil e Everett, vengono ingaggiati come Sceriffi ad Appaloosa un paesotto funestato da un criminale. Tra i due s’intromette una piacente vedova. Il regista, anche produttore e cosceneggiatore è più noto come attore: ad esempio è stato l’onnipotente e misterioso méntore di Truman nell’omonimo film. Qui invece, pur interpretando un infallibile e incottuttibile bounty killer, di fatto si fa menare per il naso da una vedovella arzilla e civetta, nonchè un po’ sullo zoccolesco. Molto più saggio, è il suo assistente: un roccioso, ma umano e non insensibile Viggo Mortensen, che, anzi, pur parlando ancor meno del suo datore di lavoro, è quello che capisce di più, prendendo le scelte giuste.
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“APPALOOSA” di ED HARRIS; USA, 08. New Mexico, 1882, due pistoleros, Virgil e Everett, vengono ingaggiati come Sceriffi ad Appaloosa un paesotto funestato da un criminale. Tra i due s’intromette una piacente vedova. Il regista, anche produttore e cosceneggiatore è più noto come attore: ad esempio è stato l’onnipotente e misterioso méntore di Truman nell’omonimo film. Qui invece, pur interpretando un infallibile e incottuttibile bounty killer, di fatto si fa menare per il naso da una vedovella arzilla e civetta, nonchè un po’ sullo zoccolesco. Molto più saggio, è il suo assistente: un roccioso, ma umano e non insensibile Viggo Mortensen, che, anzi, pur parlando ancor meno del suo datore di lavoro, è quello che capisce di più, prendendo le scelte giuste. Il film appartiene al redivivo genere western, che sta rivivacchiando. Pur non facendo sfracelli al botteghino, quanto a gradimento del pubblico, mantiene una sua onesta rappresentatività. In realtà, molti polizieschi e action movies odierni non sono che western camuffati, in cui al posto dei cavalli ci sono le auto. Questo è il genere Usa per antonomasia: è l’epica “primitiva” (come le Chansons de Geste medievali), ma spesso raffinata, che “canta” la creazione della stessa nazione, che si è edificata sulla visione dei valori di quell’epoca. Ha avuto una vitalità figurale tanto forte che ha permesso ad autori di altri paesi di utilizzarla come scenario allegorico, come ha fatto il nostro Sergio Leone, di cui ricorre il 80enario della nascita. Ma così facendo ne ha decretato la fine: solo che questo crepuscolo è stato illuminato dai grandi capolavori di Sam Peckimpah (“Mucchio Selvaggio” e altri). C’è stato lo sprazzo di puro genio di Clint Eastwood (“Gli spietati”, 92, premio Oscar), ma anch’esso è un film notturno. Harris ha fatto la scelta giusta. Egli ha narrato in understatement: il suo è un tono semplice, che va diretto al nocciolo. Non ha preso come scenario i grandi spazi, perché il suo orizzonte visuale è più contenuto, o più mediocremente limitato. In fondo lo sbattersi di quelle persone contro quel criminale è un fatto quasi privato: non c’è nessuna particolare tensione etica. Le mosse narrative sono lineari e quasi obbligate: l’azione ci è somministrata con efficacia drammatica ed espressiva. Ma non c’è nessun ricerca di una maestria nel montaggio, o di inusuali effetti drammatici. Questa semplicità è però segno d’intelligenza. Perché ha costruito un film su credibili psicologie: sua, del socio e del loro rapporto con la donna. Noi assistiamo allo scontro di persone umane in un ambiente storico determinato.
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[+] 10 e lode!
(di jack the rabbit)
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[+] un epico collage
(di orsogrigio)
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adler
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lunedì 4 luglio 2016
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un western non cosi' scontato
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E' un film più che discreto.
Mortensen e Harris svolgono una parte difficile. Uso questo aggettivo poichè la tematica dei due "compari" nel genere western rischia spesso di cadere in banalita' strutturali o peggio ancora in un mancato approfondimento dei caratteri dei personaggi. Questo NON e' il caso del film in oggetto. Mortensen svolge un roulo di autorevole gregario -lo si apprezza nel primo duello nel saloon - dove non dice una parola; tiene tutti sotto tiro con la sua arma preferita a canna lunga trasudando sicurezza calma e professionalita' da tutti i pori ( I dont't scare easy !)mentre Harris svolge la parte da Marshall in pectore.
Il rapporto tra i due protagonisti si esplicita ulteriormente con lo svolgimento del film.
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E' un film più che discreto.
Mortensen e Harris svolgono una parte difficile. Uso questo aggettivo poichè la tematica dei due "compari" nel genere western rischia spesso di cadere in banalita' strutturali o peggio ancora in un mancato approfondimento dei caratteri dei personaggi. Questo NON e' il caso del film in oggetto. Mortensen svolge un roulo di autorevole gregario -lo si apprezza nel primo duello nel saloon - dove non dice una parola; tiene tutti sotto tiro con la sua arma preferita a canna lunga trasudando sicurezza calma e professionalita' da tutti i pori ( I dont't scare easy !)mentre Harris svolge la parte da Marshall in pectore.
Il rapporto tra i due protagonisti si esplicita ulteriormente con lo svolgimento del film.
La "donna" entra con prepotenza nella storia con un profilo psicologico solo aparentemente scontato.
Per cio' che riguarda il "cattivo" .....beh ...qui abbiamo l' originalita' del film. E' stato detto che si tratta di un profilo poco profondo o "imperfetto" o addirittura troppo buono per potere reggere il confronto con i due protagonisti......errato !! Irons svolge una delle parti piu' originali , non sto scherzando, della storia dei film western: un fuorilegge che non e' un fenomeno nell' arte del gun handling, ma che riesce a farla franca (almeno inizialmente ) grazie ad appoggi politici estremamente influenti(!).
Qualcuno ricorda una caratteristica simile in criminali in altri film western ?? Solitamente il cattivo e' cattivo per vicissitudini personali o per motivi ignoti( se le temaniche non vengono sviluppate adeguatamente).Il western ha sempre avuto piu' o meno una caratteristica... ossia quello di essere per cosi' dire meritocratico ; la meritocrazia risorge violentemente alla fine dell' opera.... quasi a ristabilire le vecchie regole del gioco.
Altre cose da non sottovalutare: il cameo di Lars Enriksen, la regia di Ed Harris (assolutamente onorevole)e le musiche (compresa la sigla di coda di Tom Petty). Metto 3 stelle. Se avessi la possibilita' sarebbe da 3 e mezzo.
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dado1987
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mercoledì 19 gennaio 2011
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duri e puri
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Film moderno con uomini d'altri tempi. La storia di un'amicizia profonda, tra due cowboys, ottimi tiratori, contro il cattivo di turno (Irons), e con la bella ma lasciva Reneè.
E' un western a tutti gli effetti, prende spunto da Leone, con le sue pause di riflessione, che a tratti lo rendono un po' lento, ma che servono ad accentuare gli stati d'animo dei personaggi. La fotografia è molto buona, come la recitazione e la colonna sonora.
Ottima interpretazione di Mortensen e di Harris. Consigliato agli amanti del genere.
Voto : 7,5
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marco glerean
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venerdì 27 agosto 2010
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il western è ancora vivo
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Virgil Cole (Harris) si preoccupa di mantenere l’ordine e la legalità e lo fa di mestiere. Si sposta da una città all’altra e si fa nominare sceriffo. E’ un uomo duro, dice sempre quello che pensa e fa sempre quello che dice, segue le leggi d’onore dei pistoleri senza dimenticarsi della stella di latta che porta. Percepisce che nel mondo c’è dell’altro, legge libri e cerca di arricchire il suo vocabolario di altre parole. Queste gliele suggerisce Everett Hitch (Mortensen), amico vero e suo vice nella professione e nella vita. Everett è un ex soldato, gran tiratore come Virgil, istruito e meglio preparato ai rapporti umani, meno leader ma non meno coraggioso del compagno.
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Virgil Cole (Harris) si preoccupa di mantenere l’ordine e la legalità e lo fa di mestiere. Si sposta da una città all’altra e si fa nominare sceriffo. E’ un uomo duro, dice sempre quello che pensa e fa sempre quello che dice, segue le leggi d’onore dei pistoleri senza dimenticarsi della stella di latta che porta. Percepisce che nel mondo c’è dell’altro, legge libri e cerca di arricchire il suo vocabolario di altre parole. Queste gliele suggerisce Everett Hitch (Mortensen), amico vero e suo vice nella professione e nella vita. Everett è un ex soldato, gran tiratore come Virgil, istruito e meglio preparato ai rapporti umani, meno leader ma non meno coraggioso del compagno. E’ tecnicamente abile come i migliori sparatori ma non alla loro altezza perché gravato dalla sua dotazione di sentimenti, questo gli spiega Virgil.
Non sono due personaggi stereotipi, lo dimostra il fatto che non bevono molto.
Nel loro girovagare i due giungono ad Appaloosa, nel Nuovo Messico. Qui trovano una cittadina malversata dal ranchero Randall Bragg (Irons) il quale fa il bello ed il cattivo tempo e si è macchiato dell’omicidio dello sceriffo precedente. I notabili locali sono delle impotenti macchiette.
Presto giunge in città Allie French (Zellweger) avvenente suonatrice di piano in cerca d’autore.
Con questa Virgil si incontra mentre con Bragg, inevitabilmente, si scontra e questo diverrà il tema predominante del film.
Del genere western in questa pellicola non manca nulla, ci sono i killer prezzolati e le sparatorie, gli indiani e i cinesi, le ferrovie e la natura, le donne che si difendono come possono in un paese duro. Questo è soprattutto il caso di Allie, croce e delizia per Virgil e non solo. C’è anche un giudice itinerante ed il consiglio che questi dà ad un testimone (mosca bianca fra i cowboys di Bragg) è illuminante nel dipingere lo stato delle cose ai tempi del west.
Il tema fondamentale dell’opera va ricercato nei meccanismi dei rapporti umani e della fedeltà e qui vi si trovano i migliori esempi dei comportamenti umani. Ci sono l’amicizia vera e la lealtà disinteressata così come il tradimento e la speculazione. C’è chi rimane fedele a se stesso e agli altri e chi cambia per interesse o perché inerme ed in cerca di protezione.
Virgil che ha scoperto dei sentimenti resta sé stesso nel bene e nel male, non è capace di uscire da una situazione che potrebbe diventare un vicolo cieco. Everett no, è lui che dà una svolta agli eventi prendendo l’iniziativa e così facendo offre un’altra possibilità all’amico ed al contempo riprende la vita di un tempo restando così anch’egli fedele a se stesso.
Esemplare nel duello finale la particolare inquadratura vista dalla parte dell’avversario. In primo piano un’enorme Everett che spicca nei confronti di un defilato e minuto Virgil. Da qui si capisce come siano mutati i personaggi e che il “cattivo” non ha fatto bene i suoi conti.
Questo film è uno dei casi per cui posso dire che il genere western non è morto, a volte si addormenta in attesa di una buona storia e di chi sappia darle vita. Non è sprecato il cast blasonato in cui ognuno si esprime ad alto livello anche in parti non consuete e per Mortensen l’uso dei superlativi non mi sembra esagerato. Sulla stessa lunghezza d’onda regia e sceneggiatura.
Davvero quel che si dice “un buon film da vedere”.
Per i cultori degli oggetti di un tempo è interessante la sigla finale da godere per chi può in alta definizione.
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filippo catani
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martedì 8 novembre 2011
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western ben confezionato
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Due uomini cavalcano inseparabili da città in città alla ricerca di qualcuno che li ingaggi per ripristinare l'ordine. Arrivati ad Appaloosa nel New Mexico se la dovranno vedere con un pericoloso criminale reo di aver eliminato lo sceriffo precedente. A intaccare gli equilibri della coppia ci si metterà anche l'arrivo di una giovane donna in città.
Il genere western non è ancora morto e, anzi, quando ben confezionato come in questo caso può ancora regalare grandi emozioni. Ed Harris dirige ed interpreta questo film, tratto dall'omonimo romanzo, con grande classe e con una sapiente caratterizzazione dei vari personaggi e specialmente dei due protagonisti.
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Due uomini cavalcano inseparabili da città in città alla ricerca di qualcuno che li ingaggi per ripristinare l'ordine. Arrivati ad Appaloosa nel New Mexico se la dovranno vedere con un pericoloso criminale reo di aver eliminato lo sceriffo precedente. A intaccare gli equilibri della coppia ci si metterà anche l'arrivo di una giovane donna in città.
Il genere western non è ancora morto e, anzi, quando ben confezionato come in questo caso può ancora regalare grandi emozioni. Ed Harris dirige ed interpreta questo film, tratto dall'omonimo romanzo, con grande classe e con una sapiente caratterizzazione dei vari personaggi e specialmente dei due protagonisti. Harris, Mortesen e Irons (nella parte del criminale) formano un triangolo niente male e capace di reggere l'intero film insieme alla Zelwegger nella parte della giovane più o meno ingenua alla ricerca di un uomo forte e protettivo. Scenografie e inquadrature degne dei maestri del genere con l'unica pecca, per gli amanti dei western di Leone, della mancanza di una adeguata colonna sonora di supporto.
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domenico rizzi
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lunedì 19 maggio 2014
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rinuncia in nome dell'amicizia
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Se in un altro film dal titolo quasi identico ("The Appaloosa", regia di Sydney J. Furie, 1966: titolo italiano "A Sud-Ovest di Sonora") il protagonista (Marlon Brando) faceva il diavolo a quattro per recuperare un cavallo, in questo "Appaloosa"(il titolo si riferisce questa volta ad una cittadina del New Mexico) per la regia d Ed Harris, produzione USA 2008, Viggo Mortensen (Everett Hitch) rischia la pelle e si gioca il posto di vice-sceriffo per l'amico Virgil Cole (interpretato dallo stesso Harris) togliendogli di mezzo il rivale in amore Randall Bragg (Jeremy Irons) che insidia la bella Allison (Renèe Zellweger). Chi sosteneva che nei film western la donna rivesta un'importanza marginale - fra questi i registi Raoul Walsh, John Ford e Budd Boetticher - si deve ricredere, perchè la bella vedova giunta in ferrovia rischia di creare sconquassi, impegnandosi dapprima con lo sceriffo Cole, flirtando occasionalmente con il suo amico Everett e concedendosi poi al mascalzone Bragg, insieme al quale non disdegna di prendere il bagno, praticamente senz'abiti, in uno stagno.
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Se in un altro film dal titolo quasi identico ("The Appaloosa", regia di Sydney J. Furie, 1966: titolo italiano "A Sud-Ovest di Sonora") il protagonista (Marlon Brando) faceva il diavolo a quattro per recuperare un cavallo, in questo "Appaloosa"(il titolo si riferisce questa volta ad una cittadina del New Mexico) per la regia d Ed Harris, produzione USA 2008, Viggo Mortensen (Everett Hitch) rischia la pelle e si gioca il posto di vice-sceriffo per l'amico Virgil Cole (interpretato dallo stesso Harris) togliendogli di mezzo il rivale in amore Randall Bragg (Jeremy Irons) che insidia la bella Allison (Renèe Zellweger). Chi sosteneva che nei film western la donna rivesta un'importanza marginale - fra questi i registi Raoul Walsh, John Ford e Budd Boetticher - si deve ricredere, perchè la bella vedova giunta in ferrovia rischia di creare sconquassi, impegnandosi dapprima con lo sceriffo Cole, flirtando occasionalmente con il suo amico Everett e concedendosi poi al mascalzone Bragg, insieme al quale non disdegna di prendere il bagno, praticamente senz'abiti, in uno stagno. Situazione dunque complessa dopo l'arrivo della donna, la quale rischia di essere il vero movente dell'azione fino a quando Hitch, che si accontenta dell'amore di una prostituta, non adotta una decisione drastica. Infatti, sfida Bragg a duello, lo uccide e lascia il paese a cavallo, concedendo a Cole "un'altra chance". E' una conclusione amara, dove un cavaliere destinato probabilmente a rimanere solitario, fa perdere le proprie tracce nella pianura infuocata che si apre a perdita d'occhio alle porte del villaggio, con il dubbio che il suo sacrificio potrebbe essere stato vano, ma l'interrogativo passa allo spettatore, che si chiederà inevitabilmente quanto durerà il rapporto fra lo sceriffo e la disinibita amante. "Appaloosa" è un film estremamente realistico, lineare nello svolgimento della trama, crudo quanto basta a far comprendere che l'azione si svolge nel West, dove la gente è notoriamente più dura rispetto ai "piedi teneri" di New York o Filadelfia. Gli uomini della legge sparano per uccidere, perchè il rispetto dell'ordine e la loro stessa sopravvivenza dipendono dalla determinazione con cui sanno misurarsi con gli avversari. Per arricchire la ssceneggiatura, Harris ci aggiunge una banda di Apache Chiricahua fuggiti dalla riserva (siamo nel 1882) ma le sequenze più interessanti si sviluppano in interni, soprattutto in un saloon dall'aspetto tradizionale. Costato suppergiù 20 milioni di dollari, il film ne incassa circa il cinquanta per cento in più soltanto in America. In tempi in cui ogni western rappresenta una scommessa con il pubblico, un risultato più che lusinghiero.
Domenico Rizzi, scrittore.
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figliounico
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martedì 21 marzo 2023
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il mito del duo guerriero
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In Appaloosa Ed Harris ripropone il duo guerriero dell’epica omerica ed il mito dell’amicizia tra uomini dell’antica Grecia trasferito nel più classico dei western. I personaggi interpretati da Harris e Mortensen, Virgin Cole ed Everett Hitch, sono la rappresentazione moderna di Achille e Patroclo, sovrapponibili al duo formato dallo sceriffo Wyatt Earp e da Doc Holliday in Sfida all’O.K. Corral del ’57 di Sturges. Richiamano, inoltre, alla mente, per la dinamica del rapporto tra giovane ed anziano pistolero caratterizzato dalla devozione, Kevin Costner e Robert Duvall in Terra di confine del 2003. Il film si sviluppa secondo lo schema narrativo della fabula di Propp con i soliti protagonisti di sempre.
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In Appaloosa Ed Harris ripropone il duo guerriero dell’epica omerica ed il mito dell’amicizia tra uomini dell’antica Grecia trasferito nel più classico dei western. I personaggi interpretati da Harris e Mortensen, Virgin Cole ed Everett Hitch, sono la rappresentazione moderna di Achille e Patroclo, sovrapponibili al duo formato dallo sceriffo Wyatt Earp e da Doc Holliday in Sfida all’O.K. Corral del ’57 di Sturges. Richiamano, inoltre, alla mente, per la dinamica del rapporto tra giovane ed anziano pistolero caratterizzato dalla devozione, Kevin Costner e Robert Duvall in Terra di confine del 2003. Il film si sviluppa secondo lo schema narrativo della fabula di Propp con i soliti protagonisti di sempre. C’è l’eroe, Virgine Cole, il suo aiutante, Hitch, la principessa in pericolo, la pianista interpretata da Renèe Zellweger, e l’antagonista, il ricco mandriano fuorilegge, Jeremy Irons. Nulla di nuovo sotto il sole, nessuna deviazione dai canoni, tutto si svolge come nelle antiche favole fino alla punizione dell’antagonista ed al premio-ricompensa per l’eroe, che potrà finalmente coronare il suo sogno d’amore grazie al sacrificio del suo amico aiutante. L’unica protagonista femminile questa volta non è l’incarnazione della donna angelicata, che spesso appare nei primi western, in funzione salvifica o di supporto morale all’eroe, si pensi a Grace Kelly in Mezzogiorno di fuoco del 1952, ma è tratteggiato secondo il suo opposto, l’altro stereotipo maschilista, e definita, quasi antropologicamente, come una femmina primitiva a caccia del maschio alfa, volubile, inaffidabile, in preda ad un irrefrenabile impulso ad accoppiarsi con il capo branco di turno. Rientra nello schema mentale di Harris, retrivo e conservatore, anche lo stereotipo del nativo americano dipinto come un ignobile bandito, predatore e stupratore di donzelle bianche indifese. Nonostante tutto il film è godibile e ciò unicamente grazie agli straordinari attori del cast, primo fra tutti Viggo Mortensen.
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