Il pifferaio magico di Hutzovina

Film 2006 | Documentario 65 min.

Titolo originaleThe Pied Piper of Hützovina
Anno2006
GenereDocumentario
ProduzioneGran Bretagna
Durata65 minuti
Regia diPavla Fleischer
AttoriEugene Hutz, Pavla Fleischer, Boban Markovic, Zita, Igor Krikunov, Sasha Kolpakov Aleksandr Partushenko, Babushka Shura, Katheryn Mcgaffigan.
MYmonetro 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

Regia di Pavla Fleischer. Un film con Eugene Hutz, Pavla Fleischer, Boban Markovic, Zita, Igor Krikunov, Sasha Kolpakov. Cast completo Titolo originale: The Pied Piper of Hützovina. Genere Documentario - Gran Bretagna, 2006, durata 65 minuti. - MYmonetro 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento venerdì 17 luglio 2009

Consigliato sì!
3,00/5
MYMOVIES 3,00
CRITICA
PUBBLICO 3,00
CONSIGLIATO SÌ
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L'amore per la musica raccontato dal folle leader dei Gogol Bordello e una regista esordiente 'follemente innamorata' di lui.
Recensione di Nicoletta Dose
Recensione di Nicoletta Dose

Una ragazza incontra un giovane musicista e si innamora di lui. La storia è comune, ma questa volta i protagonisti non sono persone qualunque. Lei è Pavla Fleischer, una filmaker agli esordi, appassionata di cinema indipendente e musica alternativa, incline a lasciarsi sedurre dal romanticismo della passione estemporanea; lui è Eugene Hutz, leader del gruppo Gogol Bordello, inventore del genere musicale gypsy punk e attore a tempo perso. Il rapporto tormentato tra i due è al centro del documentario, che assume, mettendo in luce gli aspetti più controversi della relazione, il titolo di diario privato. Lei compare solo ai margini dell'inquadratura, appisolata in un angolo ad osservare il suo curioso idolo ispiratore, o fuori dalle immagini, nelle parole abbandonate al vento del viaggio. Il tono sussurrato e schietto dei suoi intermezzi vocali ammanta il tutto di un'aria pacatamente adolescenziale. Eugene la tratta male, a volte sorride, poi impreca. E la regista decide di confidarsi con lo spettatore, fregandosene delle regole narrative del documentario, si svincola dal precetto di rigida aderenza alla realtà delle cose e fugge dall'obiettività di fatti e informazioni.
Scardinando questi principi, nella nuda dichiarazione d'intenti iniziale (realizzare il ritratto di un uomo eccentrico, rivoluzionario nel campo musicale), seguita da dubbi e ripensamenti (lo scontro con il carattere difficile di Eugene), si crea un tacito patto di complicità tra chi guarda e chi racconta. Le sue 'lettere allo spettatore' diventano così la cronaca di un amore non corrisposto, e allo stesso tempo una lunga riflessione sulla ricchezza della contaminazione culturale nella musica, oltre che l'implicita rivalutazione del documentario come strumento di comunicazione.
La folgorazione per Eugene la induce ad accompagnarlo in un lungo viaggio verso l'Europa dell'est, fino a raggiungere Kiev, la città nativa del cantante. La sosta nei luoghi dove ha vissuto è un'occasione per ripensare al modo in cui si è formato lo stile musicale dei Gogol Bordello, un'originale fusione di ritmi tipici della cultura rom e la durezza del punk rock occidentale. La visita alla casa della nonna preoccupata per l'avvenire del nipote o quella al direttore di un festival di musica gitana - troppo ortodosso per comprendere e apprezzare le sonorità 'sporche' di Eugene - sono i capitoli di un necessario ritorno alle origini, per scoprire cosa è cambiato e cosa è rimasto uguale. Il carisma del protagonista fa il resto; attira l'attenzione sulla sensualità della musica, sull'importanza del ballo, sul sudore dei corpi che si muovono a tempo. Come quando un gruppo di giovani del sobborgo popolare Boiarka si ferma per strada a danzare sulle note di una canzone strimpellata per caso, tra il cemento di alti palazzoni in rovina e lo squallore dei cortili rinsecchiti. La musica resiste al passare del tempo, Eugene è pronto per imbarcarsi in nuovi progetti a New York e Pavla ha una bella, e sofferta, storia da raccontare.

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