Anno | 2005 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Corea del sud |
Durata | 133 minuti |
Regia di | Park Kwang-Hyun |
Attori | Jon Emm, Shin Ha-kyun, Jae-yeong Jeong, Hye-jeong Kang . |
MYmonetro | 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 17 marzo 2015
Ancora una bella sorpresa dalla Corea, questa volta con un giovane regista che dichiara di ispirarsi al cinema italiano, nello specifico a Mediterraneo e La Vita è Bella.
CONSIGLIATO SÌ
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La guerra di Corea è in una fase di stallo: l'invasione delle truppe del nord è stata arrestata dall'appoggio americano alla Corea del Sud, ma è nell'aria l'arrivo dei cinesi in sostegno al regime nordista, elemento che potrebbe sbilanciare nuovamente le sorti del conflitto. In questa atmosfera, l'ospitale villaggio di Dongmakgol, nascosto tra le montagne e sospeso nel tempo, sarà crocevia di destini per il capitano Smith, yankee precipitato con l'aereo, per una coppia di disertori del sud e per quello che rimane di una compagnia di nordisti. Nemici ma costretti alla convivenza, i soldati ricorderanno di essere prima di tutto uomini, trovandosi a dover fronteggiare rimarchevoli dilemmi etici quando i rispettivi eserciti li cercheranno, mettendo a rischio l'incolumità degli abitanti del villaggio.
Ancora una bella sorpresa dalla Corea, questa volta con un giovane regista che dichiara di ispirarsi al cinema italiano, nello specifico a Mediterraneo e La Vita è Bella. Quinto successo di sempre al botteghino in patria, ma lontano dal commerciale puro, Welcome to Dongmakgol torna sul tema principale quando si parla di radici culturali coreane, la rivalità talvolta cieca tra Nord e Sud, ripercorrendo in modo impegnato ma al contempo leggero i sentieri calpestati da Park Chan-wook con Joint Security Area e dal ruggente blockbuster Taegukci. Un intreccio ben strutturato è sorretto da una regia spumeggiante, in un dramma incentrato sul sacrificio che trova la propria identità nella contestualizzazione storica. Libertà narrativa sottesa da una verve brillante e sequenze di thrilling ben modulate portano ad un sontuoso mix di tensione e tragicomico, principale pregio di un'opera difficilmente catalogabile. Pregio che, unito a lievi ma decise pennellata di poesia, fa dimenticare qualche scelta morbida a livello di script ed un retrogusto smaccatamente spielberghiano.
Scelto dall’autore Jang Jin per trasporre in pellicola la sua sceneggiatura, l’esordiente Park si dimostra in grado di dar vita ad un adattamento stupefacente, ricchissimo dal punto di vista visivo, e fortemente evocativo. Con l’aiuto della sceneggiatura, delle scenografie, di una computer-graphics usata in funzione creativa e mai invasiva, della stupende melodie di Hisaishi, [...] Vai alla recensione »