Anno | 1979 |
Genere | Commedia |
Produzione | Italia |
Durata | 70 minuti |
Regia di | Federico Fellini |
Attori | Clara Colosimo, Umberto Zuanelli, Balduin Baas, Franco Javarone, Claudio Ciocca Andy Miller, Elisabetta Labi, Ronaldo Bonacchi, David Mauhsell, Francesco Aluigi, Angelica Hansen, Heinz Kreuger, Sibyl Mostert, Franco Mazzieri, Daniele Pagani, Filippo Trincia, Federico Fellini, Paolo Fiorino, Clata Colosimo, Ferdinando Viliella, Luigi Uzzo, Cesare Martignoni. |
Tag | Da vedere 1979 |
MYmonetro | 3,34 su 4 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 5 febbraio 2014
È la cronaca di una giornata di prove di un gruppo di musicanti. Oltre alle grane sindacali, a boicottare la giornata ci si mettono anche le frustrazioni e i sentimenti d'odio e d'amore dei vari orchestrali. Ha vinto un premio ai Nastri d'Argento,
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Gruppo di orchestrali si riunisce in un antico oratorio in attesa del direttore: ad un invisibile inviato della televisione ciascuno racconta una storia, magari un aneddoto, cercando di far passare il proprio strumento come il più importante fra tutti. Quando iniziano a suonare, il direttore d'orchestra, di origine tedesca, non si dimostra per nulla soddisfatto. Una pausa, prevista dagli accordi sindacali, è sufficiente per innescare una rivolta con tanto di slogan e scritte sul muro. All'improvviso, una enorme palla da demolizione distrugge un muro della sala, subito dopo, le prove riprendono e il direttore finisce col parlare in tedesco.
Apologo etico, secondo la definizione dello stesso Fellini, Prova d'orchestra è una riflessione sulla fragilità e le contraddizioni degli anni Settanta, un film di tocco leggero su tematiche pesanti, finanche cruciali. Di matrice televisiva come i precedenti I clowns e Block-notes di un regista, è il più complesso tra i tre, quello maggiormente aperto all'interpretazione, che invita o obbliga alla ricerca dell'allegoria. Se ne possono avanzare di innumerevoli, trattandosi di un'opera davvero ricca e stratificata sotto l'aspetto di quella galleria di bozzetti di cui il riminese era inarrivabile maestro. Nel suo passare da un musicista all'altro, nello scambio di battute tra i vari tipi del mondo felliniano, si sente una libertà assente dalle opere maggiori: stralunato per vocazione, irriverente, comico, a tratti poetico, è l'insieme di molte note a margine scritte sulla carta di un Paese incerto tra voglia di ribellione e incapacità di attuarla, un film-saggio che mette in circolo simbologie tanto chiare da sembrare confuse. La voce del regista, che da dietro la macchina da presa funziona per quella dell'inviato della televisione, invita alla confessione, registra i tic, commenta i comportamenti con un pessimismo tangibile verso il sistema-Italia: dopo l'irruzione della palla da demolizione, i rivoluzionari di prima tornano ad obbedire, in silenzio, agli ordini perentori di un direttore d'orchestra nazistoide.
La costruzione del tipico caos felliniano rivela l'altra faccia del gioco, risultando solo per quello che è: mancanza di direzione, accecamento, obnubilamento di una ragione. Non è certo un caso che l'unica a lasciarci la pelle sia quella gentile arpista cui è affidata la frase più felliniana: «Ma dove va la musica quando non suoni più?». Siamo dalle parti di un esperimento minore che rivela il pensiero dell'autore meglio dei titoli maggiori. Fotografia di Giuseppe Rotunno e musica di Nino Rota, alla sua ultima collaborazione con il regista.
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In un auditorium settecentesco fondato dentro un convento sconsacrato, dell’antico prestigio non vi è più alcuna traccia. Un gruppo di orchestrali raccogliticcio e caciarone si aggira tra arredi impolverati e mura pericolanti. Minacciato da una ristrutturazione dell’organico, il sodalizio umano e strumentale comincia a steccare e la struttura vacilla.
Fellini nonostante l'educazione sua e del popolo italiano, di cui ha mostrato i risultati, ha (come avevano capito gli amici, da Pasolini a Ugo La Malfa) un'autentica coscienza democratica, e ha capito e raccontato gli italiani meglio di tanti politici (che in genere apprezzarono questo film), giornalisti, critici cinematografici. Fellini è originale e unico, inassimilabile al cinema [...] Vai alla recensione »
A chi non ha mai visto questo film, consiglio se possibile di guardarlo di notte, come per ogni altro film di Fellini. Di notte i film di Fellini acquistano una dimensione particolare. L'ideale sarebbe che il film finisca mentre fuori si approssima l'alba. Dopo "La dolce vita", se escludiamo "Satyricon" "Amarcord" e "Casanova", che raccontano il passato, Fellini fa un film (anche) politico che affronta [...] Vai alla recensione »
Non do quasi mai 5 stelle, ma questo film se le merita quasi tutte. L'unico difetto è che si vede che i musicisti non stanno suonando veramente. Tutto il resto è straordinario! All'inizio credevo che sarebbe stato un film noioso, un finto documentario su dei musicisti che provano, invece è stato un climax tragicomico di follia e di colpi di scena.
È soltanto un apologo etico, protestava Federico Fellini, raccontando sottovoce agli amici che l'ispirazione di Prova d'orchestra, film di un'ora diretto per la Rai-Tv, era autobiografica, nasceva da uno sciopero a Cinecittà che aveva ostacolato il suo lavoro. Ma sì: nessuno intendeva rinunciare a vedere nel film una metafora politica sulla condizione e il destino italiani, sull'autorità rinnegata [...] Vai alla recensione »
Un disordine che mette in pericolo l’ordine, un ordine restaurato che mette in pericolo le istituzioni democratiche. Non c’è dubbio, il film è anche questo, con il suo ammonimento finale, con la voce tedesca del direttore d’orchestra che, dopo aver ottenuta la solidarietà degli orchestrali (e dello spettatore) per il tumulto che lo ha costretto a interrompere la prova, abusa dell’autorità riconquistata [...] Vai alla recensione »