Titolo originale | Apprentice |
Anno | 2016 |
Genere | Drammatico, Psicologico |
Produzione | Singapore |
Durata | 96 minuti |
Regia di | Junfeng Boo |
Attori | Gerald Chew, Crispian Chan, Wan Hanafisu, Sean Tobin, Mastura Ahmad Nickson Cheng, Firdaus Rahman, Boon Pin Koh, Ong Chao Hong, Peter Boon Koh, Delon Tan, Dillon Tan, Najib Soiman, Smiley Goh, Prem John, Marcus Mok, Pavan J Singh, Andrew Lee (II), Erwin Shah Ismail, Muhammad Danialle Bin Abdul Wahab, Gemia Foo, Mok Sau Wan, Jack Tan (II), Irfan Kasban, Mohammad Adam Bin Yahiya, Daniel Lee (VII), Junxiang Huang, Kenny Gee, Larry Low, Kenneth Chee, Stanley Huang (II), Jason Yip, Quck Zhong Yi, Josy Issac, Prashant Somosundram, Jerry Hoh, Vincent Wang (II), Diane Goldberg, Annette Lee, Aden Tan, Jing Jing Ng, Peter Tan, Awad Salim Ramli, Melur Samil, Dayang Nur Balqis. |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 2,66 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 19 maggio 2016
Aiman si trasferisce in una delle prime strutture detentive del paese, gli verrà offerto di prendere parte alle esecuzioni che lì vengono effettuate.
CONSIGLIATO NÌ
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Aiman ha perso il padre in tenera età: era uno spacciatore, catturato e condannato a morte. Nonostante ciò Aiman decide di mettersi al servizio della giustizia, desideroso di aiutare le persone che hanno deviato dalla retta via a riprenderne il percorso. Una serie di coincidenze, però, lo porteranno a lavorare a stretto contatto con Rahim, il boia, fino a diventare il suo assistente.
Singapore vanta alcuni discutibili primati in tema di giustizia, che sono valsi alla piccola nazione innumerevoli citazioni nei casi affrontati da Amnesty International. A Singapore per essere impiccati basta anche aver spacciato droga, non è necessario avere ucciso un uomo. Da questo fatto ha inizio l’indagine di Boo Junfeng che, al suo secondo film, sceglie di unire il cinema di denuncia al racconto di una personalità scissa e smarrita nei suoi rapporti irrisolti con il padre. Aiman è infatti il figlio di uno spacciatore, ucciso dalla giustizia, che trova lavoro in un carcere per “aiutare chi ha sbagliato”, finendo per sostituire il boia, ossia colui che ha impiccato suo padre tempo fa. Un soggetto peculiare e micidiale, che svolge buona parte del lavoro necessario per attirare interesse su Apprentice, film selezionato in Un Certain Regard di Cannes che vede tra i produttori esecutivi la gloria nazionale di Singapore Eric Khoo, primo cineasta di quella nazione ad approdare al prestigioso concorso del festival.
Boo attende quasi due ore di film prima di mettere esplicitamente in discussione la legislazione della città-stato asiatica, ma è evidente che prima o poi Apprentice approdi all’esplicitarsi del messaggio politico. E forse è un male, narrativamente parlando, considerata l’empatia che il regista era riuscito a creare con il suo protagonista e con l’iconico antagonista Rahim, da principio figura temibile, quindi essere umano e infine surrogato paterno. Rahim, in fondo la prima vittima di un sistema che esige un copioso sacrificio di sangue, non pretende di essere altro che l’ultimo ingranaggio della macchina: il ruolo dell’ultima delle Parche, con un cappio al posto delle mitologiche forbici di Atropos.
La tranquillità con cui spiega ogni dettaglio dell’esecuzione e di come cerchi in ogni modo di evitare un’inutile sofferenza alle sue vittime dovrebbe rendere Rahim più umano, ma sono i dettagli - il racconto del crac dell’osso del collo che si spezza - e il suo innaturale - apparente - sangue freddo, al contrario, ad allontanarlo sempre più da Aiman. La macchina da presa di Boo avanza con un incedere lento nei corridoi del braccio della morte, ritratti in un innaturale stato di oscurità, inverosimile quanto suggestivo (e merito di Benoit Soler, già direttore della fotografia del bellissimo Ilo Ilo).
Avvicinandosi al climax, però, Boo sceglie un approccio sempre più tendente al sensazionalismo, in cui ogni frame deve preludere a un colpo di scena e a un’eccessiva spiegazione dei dilemmi morali che affliggono Aiman. Quando l’inquadratura finale si rivela essere quella ipotizzata più di mezzora prima, è evidente che il binario dell’imprevedibilità sia stato abbandonato in favore di altro.