Titolo originale | Hoa-cha |
Anno | 2012 |
Genere | Thriller |
Produzione | Corea del sud |
Durata | 117 minuti |
Regia di | Young-joo Byun |
Attori | Lee Sun-kyun, Kim Min-hee, Seong-ha Jo, Byeol Kim, Duek-mun Choi, Lee Hee-joon Min-jae Kim, Il-hwa Choi, Kim Tae-in, Park Sang-woo, Kim Bo-Seul, Bae Min-hee, Jang Dae-Yoon, Su-yeon Cha, Ji-Gyu Lim. |
MYmonetro | 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 21 marzo 2013
Il film si ispira al romanzo All She was Worth, scritto dal giapponese Miyuki Miyabe, che ha tratteggiato un'acuta satira sulla società del materialismo.
CONSIGLIATO SÌ
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Durante una breve sosta nel viaggio che porterà Kang Seon-yeong a conoscere i genitori di Mun-ho prima del loro matrimonio, la ragazza scompare senza lasciare traccia. Disperato, Mun-ho si rivolge alla polizia e quindi allo zio ex-poliziotto, iniziando una discesa negli inferi del passato segreto della sua promessa sposa.
Tratto da un best-seller di Miyabe Miyuki e adeguatamente adattato alle differenze tra realtà e situazioni tipicamente coreane e quelle nipponiche del romanzo originario, Helpless non nasconde altre influenze più strettamente cinematografiche; in primis The Vanishing di George Sluizer, ma non solo. Sono molti i momenti in cui il feeling di déja vu scatta inopinatamente. Troppi. Se resta apprezzabile la scelta di prediligere toni sommessi, specie considerato il genere e la tendenza - specialmente coreana - all'eccesso, è pur vero che è l'approccio stesso a determinare un'incertezza di fondo sulla strada da percorrere.
Messo fuori campo l'horror o il serial killer movie con le sue efferatezze e scongiurato il whodunit, lasciando intravedere ben presto la reale natura della protagonista, Byeon Yeong-joo ha campo libero per reinventare il thriller a suo modo, indugiando da un lato sullo stato emotivo di Mun-ho e sul crollo del suo castello illusorio e dall'altro sugli effetti del(la mancanza di) denaro e dei debiti sull'essere umano. Con il contributo (volontario?) dell'inespressività di Kim Min-hee, maschera di doppiezza e di chiaro disturbo mentale, e di quella (in-volontaria) di Lee Seon-gyon, in affanno nei panni del veterinario che si fida troppo.
L'incapacità di sintetizzare in meno di due ore una materia pervasa di loop narrativi fa il resto, estenuando con continue alternanze di flashback e tempo presente senza approfondire sulla psicologia dei personaggi - l'ossessione per le farfalle, metafora della natura nomade di Seon-yeong, giustapposta per infondere colore, ne è un disarmante esempio - ma soprattutto disperdendo quel poco di tensione che un buon incipit era riuscito a generare. Il pubblico ha però premiato con ottimi incassi, consolidando, quanto meno commercialmente, la tradizione del thriller coreano.