Anno | 1930 |
Genere | Documentario |
Produzione | Paesi Bassi |
Durata | 54 minuti |
Regia di | Joris Ivens |
Tag | Da vedere 1930 |
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ASSOLUTAMENTE SÌ
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Nel 1929, il sindacato olandese dei lavoratori dell'edilizia dette a Joris Ivens l'incarico di girare un documentario: Wiji bouwen (trad. lett.: Noi costruiamo), film muto di 1800 m, ch'egli realizzò e presentò nel gennaio 193o per il 25° anniversario dell'organizzazione. Con la pellicola girata poté inoltre mettere insieme quattro documentari: Nieuwe Architectuur (Nuova architettura) 300 m; Heien (Piloni) 300 m; Caidsen-bouw Rotterdam e Spoorwegbouw in Limbourg (sulla costruzione d'una linea ferroviaria) 300 m. Poi, nel corso dello stesso anno, raccolse gli elementi riguardanti la tecnica dei lavori intrapresi per il prosciugamento dello Zuiderzee, per un film muto, Zuiderzee (3000 m) fatto per conto del governo olandese. Nel 1933 -1934, quando i lavori stavano per finire, Ivens ricominciò a girare, con l'appoggio del governo e una squadra di collaboratori. "Le riprese furono realizzate separatamente da tre squadre: la prima fu "la macchina da presa della terra" (in lotta contro il mare); la seconda "la macchina da presa del mare" (in lotta contro l'invasione della terra), la terza si identificò con gli uomini e le loro macchine. Questo sistema di ripresa fornì tre temi drammatici e il conflitto tra gli antagonisti fu sottolineato dalla musica di Hanns Eisler. Tendeva a una conclusione: la chiusura della diga" (A. Salzman). Questa stupenda sequenza rappresentava la conclusione delle due prime bobine di ZuiderZee. Ma la terza bobina ricollocava l'impresa in un mondo in cui infuriava una violenta crisi economica, in cui si bruciavano il grano e il caffé mentre milioni di disoccupati erano ridotti alla fame. L'insieme si doveva chiamare "Nuova terra" (Nieume Gronden). Per questo montaggio di attualità, Bertolt Brecht scrisse la "Ballata di quelli che gettano via i sacchi" (Ballade der Sdchenschmeiser) e il suo carattere sociale rivendicativo lo fece proibire in molti paesi. Un censore francese commentava: " Non si può far vedere al pubblico una sequenza simile: descrive la realtà in modo troppo crudo". E tuttavia, anche se, privato di questa bobina esemplare, il film perdeva il suo significato più profondo, le due prime parti rimanevano comunque un capolavoro per il loro realismo insieme lirico ed epico.
Da Dizionario dei film, Firenze, Sansoni, 1968