Anno | 1993 |
Genere | Drammatico |
Produzione | USA |
Durata | 360 minuti |
Regia di | Alastair Reid (II) |
Attori | Olympia Dukakis, Donald Moffat, Chloe Webb, Laura Linney, Billy Campbell, Thomas Gibson Nina Foch, Edie Adams. |
MYmonetro | 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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CONSIGLIATO SÌ
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Negli Anni Settanta, riferisce Edmund White nel suo libro Stati del desiderio (Zoe editore), San Francisco era la capitale mondiale della cultura gay e la capitale americana del sadomasochismo, era la città dove "l'omosessualità veniva vissuta nella maniera più aperta e calma", dove, "come da nessun'altra parte, i gay costituivano una minoranza talmente numerosa e bene organizzata da avere, entro certi limiti, il potere di determinare la vita collettiva". A San Francisco nel 1976 è ambientato Tales of the City (Racconti della città), sei episodi-pilota diretti nel 1994 da Alastair Reid che da venerdì scorso attraversano, una puntata al giorno, tutta la dodicesima edizione del festival Da Sodoma a Hollywood: una soap-opera sentimentale e divertente, nella quale i personaggi gay non rappresentano eccezioni né anomalie ma sono naturalmente integrati alle storie d'amore, di delusione, d'allegria, d'avventure o disavventure; un Beautiful senza aggressività né malvagità, un Dallas senza voracità né intolleranza. All'origine della serie sta una rubrica di storie cittadine pubblicata dal quotidiano San Francisco Chronicle, scritta da Armistead Maupin con immenso successo, poi raccolta dal 1977 in tre volumi. Dal primo volume è tratto Tales of the City, che segue ragazzi e ragazze abitanti in un condominio (pareti di legno, scale, alberi) di Barbary Lane, proprietà della matura e misteriosa coltivatrice di marijuana Olimpia Dukakis. Laura Linney è la nuova inquilina bionda arrivata dal Middle West, ingenua ma ansiosa di conoscere quanto la città offre: e attraverso di lei si rivela una San Francisco allegra, amorosa, vitale, che dopo l'Aids non sarà più la stessa. Supermarket, saune miste, lavanderie, spiagge per nudisti, piste di pattinaggio come luoghi dove incontrarsi e conoscersi, arrivare soli e andarsene in due. Le strade in salita o in discesa, le colline, i tram, Ghirardelli Square vivace e cafona, le insegne promettenti (Baths), il Fisherman's Warf. Castro Street, quasi mai. Baci tra ragazzi seduti nella notte in spider rosso-lucenti o argentate, abbronzature complici sui praticelli davanti a casa, dolcezze dello svegliarsi insieme al mattino, concorsi per il ragazzo più bello della serata, il locale notturno dove falsi Elvis e finte Carmen Miranda cantano entusiasti San Francisco. Qualche momento umiliante, come quando un ragazzo seducente e semplice viene portato dall'amico a farsi prendere in giro in casa di ricchi gay maturi, raffinati e melomani tra i quali il regista Paul Bartel. Qualche equivoco, come quando una ragazza inconsapevole corteggia spietata un ragazzo costretto ad avvisarla: "Guarda che sono gay". Ma in genere amicizia, freschezza, sensualità, dilemmi morali, magliette sbracciate riproducenti la bandiera americana, tradimenti senza drammi, confidenze, solidarietà, tazze di caffé a mezzanotte, chiari colori luminosi. Magari un poco accomodante, un poco troppo ottimista, anche un poco sciocco, Tales of the City riequilibra tragedie, repressioni e depressioni, malinconie struggenti inevitabilmente presenti nei film d'un festival che pure ha cercato quando possibile i film commedia: dalla crudele stravaganza del vescovo protagonista-vittima di Lilies (Gigli) del canadese John Greyson alle adolescenti incomprese innanzi tutto da se stesse, ai prostituti ragazzini, ai disoccupati giovanili, alle opere di denuncia. Prodotto da Channel Four Tv della Bbc inglese, finanziato dagli americani, interpretato per divertimento e per amicizia anche da Rod Steiger e da Ian McKellen, Tales of the City avrebbe dovuto essere un lungo telefilm a puntate, che invece non è stato mai realizzato. E chissà che il motivo di questa rinuncia non sia proprio l'assoluta naturalezza della presenza dei gay, il loro legame affettuoso e solidale con le ragazze vicine di casa, l'intrecciarsi di storie diverse che sottrae i gay da un ghetto e fa di San Francisco Anni Settanta quella città di convivenze amichevoli e piacevoli, d'erotismo esagerato e libero rimasta, nella memoria che agghinda il passato, una variante speciale di Utopia.
Da La Stampa, 18 Aprile 1997