Anno | 2021 |
Genere | Documentario |
Produzione | USA |
Durata | 110 minuti |
Regia di | Todd Haynes |
Attori | Lou Reed, John Cale, Maureen Tucker, Sterling Morrison . |
Tag | Da vedere 2021 |
MYmonetro | 3,44 su 9 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 12 ottobre 2021
Una documentario sulla band che ha rivoluzionato il mondo della musica. Il film ha ottenuto 1 candidatura a Satellite Awards, 1 candidatura a NSFC Awards,
CONSIGLIATO SÌ
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Nella New York degli anni '60, in un clima di straordinaria creatività artistica, un gruppo di musicisti riuniti attorno alla factory di Andy Warhol forma uno dei gruppi musicali più importanti della storia del rock: i The Velvet Underground. Usando materiale d'archivio e interviste registrate per l'occasione, Todd Haynes ne racconta la storia, lo stile e l'evoluzione: la complessità delle costruzioni musicali di John Cale, la carica eversiva dei versi di Lou Reed, gli echi della cultura underground dell'epoca, le collaborazioni con Warhol e Nico, l'influenza su musicisti e artisti di più di una generazione.
Dopo aver ritratto il glam rock in Velvet Goldmine e il mito di Bob Dylan in Io non sono qui, Haynes realizza per AppleTv un documentario che cattura il valore soprattutto storico e generazionale della musica dei Velvet Underground.
«La musica scandaglia il cielo», dice in esergo a The Velvet Underground un verso di Charles Baudelaire - e fin da subito si capisce come il documentario di Todd Haynes cerchi di cogliere soprattutto la portata storica e culturale della musica di Lou Reed, John Cale e soci. Con una prospettiva cronologica che comincia dalla fine degli anni '50 e arriva all'inizio degli anni '70, passando brevemente in rassegna i decenni a venire e le biografie di ciascun componente del gruppo, il film analizza il contesto dal quale nacque un fenomeno musicale unico e irripetibile, frutto di una vitalità artistica che negli anni '60, nei locali, negli studi artistici e negli appartamenti sorti attorno alla 42nd strada e poi in altre zone della città, come dice in un'intervista di repertorio il cineasta Jonas Mekas, fece di New York ciò che nei decenni passati erano state la Berlino del primo dopoguerra e la Parigi degli anni '40 e '50. L'espressionismo astratto, il cinema d'avanguardia, il teatro sperimentale, la pop art, la poesia beat, la ricerca musicale di John Cage e la rivoluzione sessuale del decennio fanno da incubatrice alle sonorità e al look dei Velvet Underground, al maledettismo rock di Lou Reed, alle sperimentazioni sonore di John Cale, alla voce profonda e straziante di Nico - che coi Velvet collaborò in uno degli album più famosi di sempre, The Velvet Underground & Nico del 1967, quello con la celeberrima banana di Warhol in copertina - al glamour seducente dei toni dark e alle sonorità immersive e trascinanti.
I momenti migliori del film sono quelli in cui lo stesso Cale - insieme alla batterista Maureen Tucker l'unica ancora in vita del gruppo originario, dopo la morte di Sterling Morrison nel 1995 e quella di Lou Reed nel 2013 - spiega la natura e l'ispirazione delle composizioni sue e di Lou Reed (facendo emergere anche il contrasto che portò alla loro separazione nel '69, con il rigore classico del primo che cedette all'ambizione da rock star del secondo), o quelli in cui il musicista Jonathan Richman, ancora oggi innamorato dei Velvet come ai tempi in cui da ragazzo li seguiva in tour per gli Stati Uniti, ne spiega con una porta emotiva trascinante l'essenza sia musicale sia spirituale. In generale, come d'altronde succede spessi nei documentari musicali, a mancare in The Velvet Undergroiund è la musica stessa del gruppo, data per scontata ("All Tomorrow's Party" è significativamente lasciata nei titoli di coda, l'unico pezzo per intero lo si ascolta nel finale) o fatta a brandelli da una narrazione che utilizzando split screen, found footage, film d'epoca, montaggi vorticosi in stile videoclip (notevole quello su "Heroine", in cui si scorge ciò che rimane del regista di Velvet Goldmine...), trasmette il clima irripetibile di un'epoca, i suoi volti, le sue immagini, il suo immaginario, le sue sonorità. Se non esiste nulla come la musica per spingere a provare nostalgia per un'epoca che non si è vissuto, The Velvet Underground prova a replicare al cinema la sensazione. Ed è interessante vedere come negli anni '60, il cui mito resiste nel tempo e finisce spesso per cancellare diversità e ricchezze, la cupezza straniante dei Velvet Underground, pura espressione della cultura newyorchese, si opponesse ai colori e alla tonalità della California e della Summer of Love, dando così di quell'epoca un ritratto volutamente parziale, finalmente contraddittorio, e dunque interessante.
Raccontare la musica passando attraverso il mondo dentro il quale - grazie al quale - malgrado il quale è nata, nella forma che le appartiene, con gli eroi che gli sono propri e il successo che merita, è sempre stata una preoccupazione fondamentale nel cinema di Todd Haynes. Una necessità narrativa, uno stimolo estetico, un capitolo a parte nel percorso di uno dei più eleganti e incisivi autori americani [...] Vai alla recensione »
Todd Haynes la sua musica la conosce bene. Velvet Goldmine era un saggio di "filologia musicologica paramnestica" (ossia ripercorreva con passione e acribia una vicenda che NON era accaduta per raccontare meglio il presente sotto gli occhi di tutti, passando per Orson Welles, uno che di storie infinite e falsi se ne intendeva). Con i Velvet Underground, la band più importante di sempre (ma occhio a [...] Vai alla recensione »
Genesi e scioglimento di una delle migliori band della storia, incontro perfetto tra l'anima avanguardistica di John Cale, la poesia dal sottosuolo di Lou Reed, l'idea di prodotto Factory Warhol (e per un disco, il disco, l'aliena voce di Nico): Haynes ascolta spettri registrati in voice over e talking head (con interviste frontali a protagonisti e testimoni, da Jonas Mekas a La Monte Young), recupera [...] Vai alla recensione »
Una sessualità non accettata che, nello spirito dell' epoca, andava curata. Elettroschock che si sommarono a incomunicabilità con il padre contabile e la madre, una casalinga seriamente malata. Dal destino, Lou Reed ricevette un marchio che ne fece un uomo ruvido con il quale si poteva anche non andare d' accordo. Eppure i Velvet Underground, un gruppo che ha segnato gli anni Sessanta e la cultura [...] Vai alla recensione »
I Velvet Underground secondo Todd Haynes: il regista americano ha realizzato un documentario sulla storica band che ha rivoluzionato la scena rock tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta. Presentato fuori concorso, il film, che si chiama semplicemente «The Velvet Underground», è un ritratto appassionante e sentito con cui Haynes torna alla forma documentaristica, che aveva soltanto sfiorato in passato [...] Vai alla recensione »
Come nacquero i Velvet Underground? E com'è possibile che una tra le band capaci di influenzare in maniera così radicale la musica a venire ebbe un successo commerciale praticamente prossimo allo zero? Todd Haynes porta fuori concorso al 74° Festival di Cannes un documentario che giustappone in continuazione - attraverso split screen e mosaici visivi - materiale d'archivio e interviste ai sopravvissuti [...] Vai alla recensione »
Alla Factory di Andy Warhol le donne dovevano avere corpi da passerella, volti da copertina, gambe lunghissime e curve scolpite. Oppure non esistevano. È l'unica nota stonata - e implacabilmente datata, oggi sarebbe inconcepibile - dell'attesissimo documentario di Todd Haynes sulla sua band di riferimento, una passione già palpabile dietro "Velvet Goldmine", che negli anni '90 è stato il suo folgorante [...] Vai alla recensione »
Che cosa sono stati i Velvet Underground? Todd Haynes li racconta, nel documentario che porta il nome del gruppo avant-garde, non tanto come fenomeno musicale quanto come fatto culturale figlio di un'epoca - gli anni Sessanta - su cui hanno lasciato il segno. Haynes crea un'aderenza perfetta tra forma e contenuto: dunque split screen e colori psichedelici, e quel tempo dilatato che caratterizzava la [...] Vai alla recensione »