Ci sono due film nella produzione di questo cinefilo, ex copywriter, sceneggiatore(L’impero colpisce ancora, Chiamami aquila, I predatori dell’arca perduta, Il ritorno dello Jedi), e futuro produttore(Guardia del corpo), che lo legano inscindibilmente alla cultura degli anni ottanta. Innanzitutto il suo film di debutto, Brivido caldo (1981), che ha brillantemente e fedelmente attualizzato la vecchia classica storia della “dark lady” modello Barbara Stanwyck pronta a ingannare chiunque per i suoi fini - lanciando Kathleen Turner, che non sarà mai più così seducente e inquietante, offrendo a William Hurt un ruolo decisivo di innocente pronto a tutto per amore e mettendo Mickey Rourke in una parte di simpatico indolente che gli calza a pennello. Poi Il grande freddo (1983), che faceva la contabilità dei fallimenti e della malinconia di una generazione vissuta, quindici anni prima, di speranze e di ribellioni, e ora sconfitta di fronte alla realtà.
Meno brillantemente sono andate le cose poi. Silverado (1985) era il frutto disidratato della cinefilia di Kasdan - con l’unico merito di tentare una rianimazione del genere western, e con il demerito di render brutto e tonto l’allora divino Kevin Costner, che guarda caso si butterà appena possibile a fare il “suo” western, con quel che ne è seguito. Turista per caso (1988) è un film scolorito e autocommiserativo (ma come Il grande freddo ha fatto la fortuna dei titolisti dei giornali). Ti amerò... fino ad ammazzarti (1990) è una commediaccia piena di stereotipi sugli italiani d’America che, proprio perché ispirata a una storia vera, meritava ben altro trattamento. E Wyatt Earp (1994) è un ritorno al West che vuole confrontarsi con il ricordo di Sfida infernale, avendo Kevin Costner al posto di Henry Fonda...
Anche Grand Canyon (1991, Orso d’oro a Berlino in mancanza d’altro) è un film fallito: ma è una cartina di tornasole per capire l’America e la California di questi anni - la cattiva coscienza dei liberal, il desiderio di pacificazione sociale innescato da contrasti sempre più violenti, il senso di colpa nei confronti della comunità nera.
Da Irene Bignardi, Il declino dell’impero americano, Feltrinelli, Milano, 1996