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La chanson de geste di Roberto Benigni

Roberto Benigni ha vissuto l’atteso, previsto trionfo col suo intervento sulla Rai "Il sogno". Di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti

lunedì 24 marzo 2025 - Focus

Roberto Benigni ha vissuto l’atteso, previsto trionfo col suo intervento sulla Rai.
Ne conosciamo la classe, il talento esclusivo, la capacità di portare una tesi e di farla accettare, applaudire, assumere con entusiasmo dalla gente. A ogni artista è consentita una franchigia. La voce comune può essere “ma sì, è un artista”, come a dire, “attenzione a prenderlo troppo sul serio”. Ma Benigni ha sorpassato questo concetto, si è posto come un profeta portatore di verità in parte vera e in parte sua personale. Ma con un fine buono e magari nobile. Robi ha la percezione, favorita dalle platee, che la sua visione si ponga come una sacra scrittura laica. Certo spiritosa, visionaria e profonda. E’ amatissimo, sa distribuire le sue partecipazioni con attenzione e misura. Si fa attendere per mesi e riesce a gestire l’attesa come un’apnea. Infine si prepara, con attenzione, con fanatismo bello e quando affronta argomenti difficili, magari impervi, è perentorio, sa di poterlo fare, sa che le eventuali critiche si smorzeranno in automatico, sempre che nascano. Quando dico “verità personale” non c’è niente di riduttivo. Ribadisco, è portatrice buona. Nessuno più di me apprezza il talento, l’intelligenza e il coraggio, di cui Benigni è il modello eccezionale, conosciuto dovunque.
E così, la  sua verità artistica è parallela a quella assoluta, se la rende partecipe e amica, è un veniale compromesso che non disturba la sostanza.         

Benigni dice: “L’Europa unita è l’unica utopia ragionevole. L’Unione europea è la più grande istituzione degli ultimi 5000 anni realizzata sul pianeta terra dall’essere umano, un progetto, un ideale di speranza, la sola volta in cui gli Stati sovrani decidono liberamente di unirsi…”
Ancora: “Ne abbiamo fatte di belle cose noi europei, c’è da esserne orgogliosi di esserlo. L’Europa è il continente più piccolo del mondo che ha acceso la miccia di tutte le rivoluzioni, ha trasformato il pianeta, da tremila anni è la fucina dove sono stati forgiati molti fra i più grandi pensieri dell’umanità, inventando la logica, la ragione, il dubbio, la libertà, la democrazia, il teatro, lo sport, la chimica moderna, la coscienza di classe, spaccando l’atomo, dipingendo la Sistina. Un patrimonio comune, un tesoro immenso in tutti i campi”.  
 
Quale sia lo status dell’Unione europea in questa epoca e non solo in questa, ne veniamo a conoscenza giorno per giorno, dai servizi e dai talk, assediati dalle parole di centinaia di attori dei 27 Paesi, che non sono mai d’accordo, si insultano. Mai tante divisioni e tante liti. Dire che trattasi “della più grande istituzione realizzata dall’uomo sul pianeta terra” è quantomeno… imprudente. Davvero non c’è tanta unione. Per il resto, i meriti umani, sociali, culturali, storici dell’Occidente, come dice Benigni, non sono in discussione. Ci appartengono, li abbiamo dati al mondo.   


Marcello Pera, autore del saggio "Senza radici".
L'altra Europa

Nel 2004 Mondadori pubblicava il saggio "Senza radici", firmato da Marcello Pera, presidente del senato e dal cardinale Joseph Ratzinger, futuro Benedetto XVI. Il libro racconta la situazione dell’Europa, del relativismo, del Cristianesimo e dell’Islam e tocca il nodo centrale, la Costituzione europea e il mancato inserimento delle radici giudaico-cristiane nella sua premessa, e il ruolo della Chiesa e della religione nelle società secolarizzate.
Ratzinger scrive: “L’Occidente non ama più sé stesso: della sua storia ormai vede soltanto ciò che è deprecabile e distruttivo, mentre non è più in grado di percepire ciò che è più grande e puro.” 
Va detto che Ratzinger e Pera condividono l’esposizione dei valori dati al mondo dall’Occidente elencati da Benigni, confrontandoli con quelli dell’Islam, certo meno universali.  

Le parole del religioso sono forti, incredibili, anzi credibili, lette adesso. Conosco bene quel libro. E ho avuto rapporti con quei due signori: Ratzinger mi scrisse una lettera il 16 marzo del 2006 in cui condivideva certi contenuti, discussi perché ritenuti poco “ortodossi”, del mio romanzo, poi film, 7 Km da Gerusalemme
Marcello Pera voleva conoscermi. Tornato dalla Siria, dove avevamo girato gli esterni del film, lo incontrai a Palazzo Madama. Mi disse che aveva molto apprezzato e condiviso il libro. Mi disse anche altro.

In una parte di Senza radici i due autori raccontano altre vicende dell’Europa del XVI secolo. Quando irruppero Lutero, Calvino e lo Scisma anglicano. Eventi devastanti per il cattolicesimo, che cercò di difendersi convocando il Concilio di Trento (1545-1563). I cinque papi che si succedettero produssero affermazioni a difesa della dottrina cattolica che il luteranismo e il calvinismo contestavano.

Nel loro dialogo Ratzinger e Pera analizzano tutti gli aspetti dei contrasti religiosi, che hanno prodotto le tragedie che sappiamo. Un focus è dedicato alla Guerra dei trent’anni, che fra il 1618 e il 1648 dilaniò l’Europa. Iniziò come conflitto fra Stati protestanti e cattolici nel quadro del decadente Sacro Romano impero. Poi si espanse in una guerra coinvolgendo quasi tutte le potenze dell’Europa, dalle nordiche Danimarca e Svezia a quelle centrali, all’Italia. Tutto questo richiama un lemma tragico: inquisizione. Ci furono otto milioni di morti. E quella guerra fu solo una delle tante.   
E con “quelle due” potenze, rivali eterne Francia e Germania, a contendersi l’egemonia sulla scena europea. Un altro dettaglio, piuttosto forte, che richiama il ruolo di quelle due nazioni intente a dominare l’Unione anche ai nostri giorni. Come sempre. I secoli sono serviti a poco. Le due “unioni”, fatte le debite sproporzioni storiche e accettando una parte di paradosso, non è blasfemo dire che presentano analogie.
Quella vicenda storica, ferale, antropologica, in quel tempo lungo, il Continente l’ha schiacciata nel recondito profondo, ma proprio in questa epoca, lo rileviamo impietosamente, quella memoria non è stata rimossa, si ripropone, sale in superficie come un corso d’acqua carsico. 
    
Benigni, dolente e positivo ha cercato, mettendoci del proprio, attraverso la sua enciclica laica, di darci una visione buona, una speranza che forse verrà un tempo in cui, magari si realizzerà. Prendiamoci la sua verità parallela. Dobbiamo essergli grati. 
Robi è salito su Ronzinante, il cavallo di don Chisciotte, con la lancia di Ivanhoe e il sogno bello e utopico di Frank Capra

Ma sì. Meno male che Robi c’è. 


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