RaiMovie sta riproponendo la serie degli anni Ottanta. Di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti
Un tempo gli “avvocati” erano due, Gianni Agnelli e Perry Mason. Agnelli non c’è più, Mason c’è ancora. RaiMovie sta riproponendo la serie degli anni Ottanta. C’è ancora lo schermo quadrato, ma rispetto agli anni 50/60 c’è il colore. Ma i due protagonisti autentici eroi del piccolo schermo, Perry Mason e Della Street sussistono, e… non sono così invecchiati. Nei “cinquanta”, primo decennio della televisione italiana, dominavano due programmi, Lascia o raddoppia il giovedì e Perry Mason il sabato. Come potevano non “dominare”, a quel tempo c’era una sola rete, Rai Uno. Non tutte le famiglie possedevano un televisore. Chi era così fortunato organizzava una piccola platea privata, arrivavano i vicini, si offrivano pasticcini e bevande. Le sale cinematografiche interrompevano la proiezione del film e trasmettevano, integralmente Lascia o raddoppia.
Mason divenne sinonimo di “avvocato”, quante volte abbiamo sentito quella battuta nei film, “Ma chi credi essere, Perry Mason?”
Chi è “diversamente giovane” e, magari da bambino, ha visto quei “Mason”, quando entra la sigla musicale introduttiva non può non essere riportato ad allora. E’ troppo evocativa. La si deve al compositore Fred Steiner. Il richiamo non può non essere di getto nella memoria di un’altra sigla, quella della serie di Hitchcock, la celebre "Marcia funebre per una marionetta"di Charles Gounod.
Bei tempi lontani.
I primi “Mason” vissero fra il 1957 e il 1976, 271 episodi. Perry Mason è l’attore Raymond Burr (1917-1993). Il grande pubblico lo conosceva soprattutto per il ruolo dell’assassino della moglie, spiato da James Stewart ne La finestra sul cortile. Va ricordato nella parte del pubblico ministero implacabile che condanna Montgomery Clift in Un posto al sole. E poi altre parti minori, anche in western, dove non era mai l’eroe. Sua compagna storica, segretaria impeccabile e affezionata è Della Street, l’attrice Barbara Hale (1922-2017), quasi dimenticata per i suoi precedenti ruoli, in film di una certa qualità comeIl ragazzo dai capelli verdi (Losey), I due capitani (Maté), Un mercoledì da leoni (Milius).
E poi quei caratteri, così definiti, ripetitivi ma ai quali il pubblico si era affezionato.
Come il detective Paul Drake, con quelle sue giacche impossibili, l’avvocato dell’accusa Burger, che perde sempre, e poi il tenente Tragg interpretato da Ray Collins, attore importante. Lo ricordiamo come il nemico di Orson Welles in Quarto potere, nientemeno.
Erle Stanley Gardner, lo scrittore inventò un schema che non cambia mai, ma decisamente funzionale. C’è un sospetto omicida in realtà innocente. La prima parte è l’indagine poi si arriva al processo, dove Mason, implacabile e magnetico con quegli occhi che ti fissano, smaschera il colpevole, il quale, chissà perché, confessa all’istante, senza nemmeno aspettare un processo e una giuria.
Fra il 1985 e il 1993 sono stati prodotti 26 film televisivi. Naturalmente lo scenario non era più quello, diversi gli abiti, le macchine, i negozi. Ma il “tema” non mutava.
Burr e Hale, con trent’anni di più, c’erano sempre, non c’era William Hopper (Paul Drake) così la produzione recuperò un altro Drake, il figlio, nella fiction. Il giovane detective Paul è vitale e simpatico, biondo con un certo appeal. Certo non può disporre della tecnologia di adesso, dove il detective fa una foto a un sospettato, magari sfuocata, la manda in centrale e dieci secondi dopo ne conosce l’identità, la fedina penale, i nomi dei parenti e amici e dove ha parcheggiato la macchina. Il povero Paul corre qua e là, pedina, prende più botte di quante ne dia, distrugge una macchina, e, immancabilmente si innamora di una bionda. Ma è coriaceo, concreto, risolve. Sistematicamente preso in giro dal padrone.
Così, quando sabato intorno alle 21,15 irrompe quella sigla di RaiMovie perché non soffermarsi. E’ qualcosa di buono, non violento, un deterrente alla proposta generale di questa epoca, un’overdose quasi sempre aggressiva e depressa.
Perry Mason: a Milàn disum, avèghen. A Milano diciamo, avercene.