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7500, Joseph Gordon-Levitt: «è il film giusto per gli spettatori che cercano emozioni forti»

L'attore e il regista Patrick Vollrath raccontano a MYmovies il loro ambizioso progetto, un thriller adrenalinico interamente ambientato in una cabina d'aereo. Ora disponibile su Amazon Prime Video.
di Andrea Fornasiero

Joseph Gordon-Levitt (Joseph Leonard Gordon-Levitt) (43 anni) 17 febbraio 1981, Los Angeles (California - USA) - Acquario. Nel film di Patrick Vollrath 7500.
giovedì 18 giugno 2020 - prime video

Una cabina d'aereo, due piloti, un trio di terroristi dall'altra parte della porta. Una ricetta semplice e inesorabile quella di 7500, esordio nel lungometraggio del regista tedesco Patrick Vollrath, che con il proprio progetto ha conquistato Joseph Gordon-Levitt.

L'attore non recitava davanti a una macchina da presa dal 2016 e ha fatto di 7500 il film del suo ritorno al cinema: «Mi sono preso qualche anno di distanza dalla recitazione quando ho avuto i miei figli e ci tenevo che il film del mio ritorno fosse una sfida creativa e non una mossa per la mia la carriera. Cercavo qualcosa di artistico che mi riportasse a quello che amo di questo lavoro e 7500 mi ha messo davvero alla prova, è stato diverso da tutto quello che avevo fatto prima».
 

«Amo lavorare con registi esordienti, come ho fatto con Rian Johnson e Marc Webb, e sono molto contento di essere nel primo lungometraggio di Patrick: il suo approccio non convenzionale è stato del tutto rivolto a immergere noi attori nella situazione del film, nel modo più realistico possibile».

«Patrick ha tolto di torno la gran parte dei tecnicismi che si incontrano su un set cinematografico e ha lasciato che le riprese andassero avanti per 20, 30 e persino 40 minuti. Inoltre era tutto ripreso in camera a mano, quindi era l'operatore a trovare gli attori, non dovevamo stare attenti a posizionarci sui punti previsti né nulla del genere: potevamo semplicemente essere lì. Come attore ho cercato per tutta la vita di trovare le emozioni più vere e oneste possibili e questo approccio è stato davvero affascinante, anche se pure molto difficile, perché si tratta di una storia estrema. Patrick mi ha permesso di lavorare in modo libero, senza distrazioni, e ho potuto semplicemente essere nel personaggio. È stata dura ma anche molto soddisfacente per me come artista e credo che lo sarà anche per il pubblico. Soprattutto per gli spettatori che cercano un film ambizioso, capace di metterli alla prova e di dare emozioni forti».

L'attore poi ha parlato anche dello spazio chiuso in cui il film è confinato, interamente girato dentro la cabina di pilotaggio: «Credo che la claustrofobia sia una grande metafora, perché tutto il nostro mondo diventa claustrofobico, è sempre più piccolo, siamo più ravvicinati e connessi, anche tra culture diverse. È una bella cosa ma porta anche alla tensione: la gente esprime pregiudizi, tende a etichettare gli altri, a semplificare le cose, persino a de-umanizzare le altre persone. 7500 è un microcosmo dove le persone sono intrappolate in uno spazio con gli altri senza via d'uscita, così come noi esseri umani non possiamo fare altro che stare sulla Terra e siamo tutti qui insieme. I personaggi devono trovare un modo di coesistere nonostante i loro pregiudizi e credo che questa sensazione di claustrofobia riguardi tutta la razza umana e renda il film molto attuale e importante».

Il regista Patrick Vollrath ha quindi spiegato la genesi del progetto e le sue influenze: «L'idea iniziale non era l'invasione di uno spazio, ma semplicemente avevo visto Locke con Tom Hardy, interamente ambientato nell'abitacolo di un'auto e ho deciso che volevo fare un film in una sola stanza. Così ho pensato a quale ambiente sarebbe stato interessante e mi è venuta l'idea della cabina di un aereo. Era il 2016 quando iniziato a pensarci seriamente, inoltre a quel tempo si parlava molto dell'ISIS e dei giovani combattenti che partivano per la Siria, così volevo raccontare qualcosa del genere e le due idee hanno finito per fondersi. Naturalmente avevo bene in testa anche i film di Paul Greengrass, come United 93 e Captain Phillips, e infatti lo ringraziato nei titoli di coda perché ha accettato di discutere con me del mio progetto».

Ha poi aggiunto di aver cambiato un elemento della storia quando Joseph Gordon-Levitt è stato scritturato: «Il personaggio inizialmente non era un padre, ma ho pensato che alzasse la posta in gioco e che sarebbe stato anche più realistico per Joseph».


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