L'attore e il regista Patrick Vollrath raccontano a MYmovies il loro ambizioso progetto, un thriller adrenalinico interamente ambientato in una cabina d'aereo. Ora disponibile su Amazon Prime Video.
di Andrea Fornasiero
Una cabina d'aereo, due piloti, un trio di terroristi dall'altra parte della porta. Una ricetta semplice e inesorabile quella di 7500, esordio nel lungometraggio del regista tedesco Patrick Vollrath, che con il proprio progetto ha conquistato Joseph Gordon-Levitt.
L'attore non recitava davanti a una macchina da presa dal 2016 e ha fatto di 7500 il film del suo ritorno al cinema: «Mi sono preso qualche anno di distanza dalla recitazione quando ho avuto i miei figli e ci tenevo che il film del mio ritorno fosse una sfida creativa e non una mossa per la mia la carriera. Cercavo qualcosa di artistico che mi riportasse a quello che amo di questo lavoro e 7500 mi ha messo davvero alla prova, è stato diverso da tutto quello che avevo fatto prima».
«Amo lavorare con registi esordienti, come ho fatto con Rian Johnson e Marc Webb, e sono molto contento di essere nel primo lungometraggio di Patrick: il suo approccio non convenzionale è stato del tutto rivolto a immergere noi attori nella situazione del film, nel modo più realistico possibile».
«Patrick ha tolto di torno la gran parte dei tecnicismi che si incontrano su un set cinematografico e ha lasciato che le riprese andassero avanti per 20, 30 e persino 40 minuti. Inoltre era tutto ripreso in camera a mano, quindi era l'operatore a trovare gli attori, non dovevamo stare attenti a posizionarci sui punti previsti né nulla del genere: potevamo semplicemente essere lì. Come attore ho cercato per tutta la vita di trovare le emozioni più vere e oneste possibili e questo approccio è stato davvero affascinante, anche se pure molto difficile, perché si tratta di una storia estrema. Patrick mi ha permesso di lavorare in modo libero, senza distrazioni, e ho potuto semplicemente essere nel personaggio. È stata dura ma anche molto soddisfacente per me come artista e credo che lo sarà anche per il pubblico. Soprattutto per gli spettatori che cercano un film ambizioso, capace di metterli alla prova e di dare emozioni forti».
L'attore poi ha parlato anche dello spazio chiuso in cui il film è confinato, interamente girato dentro la cabina di pilotaggio: «Credo che la claustrofobia sia una grande metafora, perché tutto il nostro mondo diventa claustrofobico, è sempre più piccolo, siamo più ravvicinati e connessi, anche tra culture diverse. È una bella cosa ma porta anche alla tensione: la gente esprime pregiudizi, tende a etichettare gli altri, a semplificare le cose, persino a de-umanizzare le altre persone. 7500 è un microcosmo dove le persone sono intrappolate in uno spazio con gli altri senza via d'uscita, così come noi esseri umani non possiamo fare altro che stare sulla Terra e siamo tutti qui insieme. I personaggi devono trovare un modo di coesistere nonostante i loro pregiudizi e credo che questa sensazione di claustrofobia riguardi tutta la razza umana e renda il film molto attuale e importante».
Il regista Patrick Vollrath ha quindi spiegato la genesi del progetto e le sue influenze: «L'idea iniziale non era l'invasione di uno spazio, ma semplicemente avevo visto Locke con Tom Hardy, interamente ambientato nell'abitacolo di un'auto e ho deciso che volevo fare un film in una sola stanza. Così ho pensato a quale ambiente sarebbe stato interessante e mi è venuta l'idea della cabina di un aereo. Era il 2016 quando iniziato a pensarci seriamente, inoltre a quel tempo si parlava molto dell'ISIS e dei giovani combattenti che partivano per la Siria, così volevo raccontare qualcosa del genere e le due idee hanno finito per fondersi. Naturalmente avevo bene in testa anche i film di Paul Greengrass, come United 93 e Captain Phillips, e infatti lo ringraziato nei titoli di coda perché ha accettato di discutere con me del mio progetto».
Ha poi aggiunto di aver cambiato un elemento della storia quando Joseph Gordon-Levitt è stato scritturato: «Il personaggio inizialmente non era un padre, ma ho pensato che alzasse la posta in gioco e che sarebbe stato anche più realistico per Joseph».