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Il cinema in movimento

Il diritto di vedere i film.
di Roy Menarini

In foto una scena del film Tabu di Miguel Gomes.

lunedì 14 gennaio 2013 - Focus

Che cosa è Il cinema in movimento? Una rubrica dedicata alle trasformazioni del cinema nell'epoca dei new media e alle riflessioni che si possono trarre dalle novità in atto.

Esiste un diritto di vedere i film? Sembra una domanda oziosa, vista l'offerta formidabile di titoli che oggi, per un italiano mediamente tecnologizzato, si propone. La recente proposta di MYMOVIESWIDE! si affianca, infatti, alle prime visioni, alla televisione free o a pagamento, alle altre offerte legali online e ai pochi negozi di noleggio DVD ancora sopravvissuti allo tsunami di Internet.

Eppure, ancora non tutto si può vedere. Le libraries e i diritti di distribuzione nazionale e internazionale decidono per noi, a meno di creare una vera e propria distribuzione alternativa, in stile MYMOVIESLIVE!. Ma, appunto, il nostro di spettatori è un diritto? In un universo straordinariamente ricco e di fronte a un avanzamento tecnologico indiscutibile, il vero e proprio dazio (o censura di mercato) per il quale non possiamo vedere semplicemente i film che desideriamo appare un'eredità del vecchio capitalismo difficile da digerire. Facciamo un esempio: nelle classifiche di fine anno delle principali riviste di cinema, comparivano pellicole che da noi attendono distribuzioni avventurose, come Beasts of the Southern Wild, camera d'or a Cannes, atteso forse a febbraio sui nostri schermi, o il bellissimo Tabu di Miguel Gomes. Ecco, quest'ultimo capolavoro, sia pure parzialmente ostico e impegnativo, è uno di quelli che rischiamo di non vedere o di attendere troppo tempo per poter gustare. Chi scrive è tra i fortunati che lo hanno visto, programmato in Italia dal Festival di Torino, prima, e dal Filmmaker Festival di Milano, poco dopo.

Appare francamente ingiurioso che i cinefili, per quanto nicchia possano rappresentare, debbano votarsi al piccolo distributore di turno, che poi dovrà fare una lotta senza precedenti per ottenere un piccolo spazio in qualche sala d'essai - e solo nelle grandi città, visto che nei centri periferici e in numerose regioni nazionali non esistono nemmeno i locali che potrebbero ospitare una pellicola del genere. In buona sostanza, non solo la distribuzione alternativa online deve essere urgentemente sviluppata, e alleata alle forme del social networking per costruire pubblico, ma il diritto dello spettatore deve poter superare i vincoli e gli sbarramenti della circolazione distributiva. Se voglio vedere quel film, e in sala non lo posso avere, lo devo poter vedere subito, a pagamento, legalmente, su siti nazionali o esteri, o sul sito ufficiale della pellicola stessa. Purtroppo il diritto dello spettatore si esercita già, in forme illegali, e in maniera aggressiva nei confronti delle miopie del sistema globale di circolazione delle immagini - il discorso vale anche, e sempre di più, per le serie televisive straniere, spesso costrette a intollerabili attese e nemmeno attingibili a pagamento sui portali esteri perché vincolati (questi ultimi) al paese di programmazione. Ciò, ovviamente, porterebbe a una completa revisione del concetto di diritto di proprietà e d'autore che, tuttavia, necessita di una riconsiderazione almeno a livello europeo per non lasciare il campo al solo strumento della repressione verso i consumatori, mezzo notoriamente inadatto a lungo termine.

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