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Il falò delle celebrità

Le nuove forme del divismo in Bling Ring.
di Roy Menarini

In foto una scena del film Bling Ring di Sofia Coppola.
Emma Watson (Emma Charlotte Duerre Watson) (34 anni) 15 aprile 1990, Parigi (Francia) - Ariete. Interpreta Nicki nel film di Sofia Coppola Bling Ring.

domenica 29 settembre 2013 - Approfondimenti

Non ci sarà un vincitore, nemmeno stavolta. La battaglia tra chi considera Sofia Coppola una noiosa narratrice delle malinconie dei viziati e coloro che ne amano invece le profonde radiografie giovanili, resterà insoluta e ognuno rimarrà della propria idea. Fino al prossimo film. Per questo motivo, sembra più utile analizzare quello che ci dice Bling Ring delle trasformazioni in atto nella percezione dello stardom.
Anzitutto, i giovani protagonisti ubriachi di siti e giornali di gossip, e fashion addicted, indicano l'avvenuta trasformazione del divismo contemporaneo. Dalle star classiche, considerate semi-divine e circondate da un'astrazione mitologica, si è passati via via alle celebrità televisive (e a un divismo diffuso, orizzontale e alla portata di tutti), infine giungendo all'odierno concetto di media celebrity. In quest'ultimo caso, la star non ha più alcuna necessità di comparire in prodotti culturali come film o serie televisive, ma si limita a imporre la propria presenza attraverso un presenzialismo frastagliato, ripreso da un pulviscolo di fonti diverse, dai blog ai portali di gossip, dai giornali scandalistici alla stampa di settore, dai talk show ai notiziari. Il caso dell'ereditiera Paris Hilton, la figura (quasi del tutto assente) più importante del film, ne è prova evidente.

I personaggi di Bling Ring, approfittando di una vicinanza geografica e fisica alle abitazioni delle star, trovano sbriciolati quasi tutti i confini insormontabili che di solito separano il fruitore dal divo di riferimento. Anzi, basta loro controllare gli stessi siti che raccontano ogni movimento delle celebrità, cercare su Google le loro abitazioni, e entrare indisturbati. Sì, perché la storia - vera - ci dice anche qualcos'altro, ovvero che questi divi, vivendo nell'enclave delle colline californiane dei VIP, si sentono evidentemente al sicuro, completamente protetti dai loro simili e dalle rare presenze di sorveglianti privati. Non si spiegherebbero altrimenti le chiavi riposte sotto lo zerbino, le porte finestre socchiuse, le auto sportive lasciate aperte e così via. Insomma, il corto circuito si crea tra consumatori in prossimità fisica, che svaligiano le abitazioni-tempio di media celebrities sempre in giro per promuovere se stesse, e divi che appaiono persino più malinconici ed autoreferenziali dei loro ammiratori.

Ma c'è un passaggio ulteriore, il più affascinante. Ai protagonisti non interessa inseguire Lindsay Lohan o Megan Fox, bensì potersi permettere abiti, scarpe e gioielli delle star. Non sono stalker, sono consumatori compulsivi. Il trasferimento è di puro consumo, e nemmeno feticistico, poiché non importa che quell'abito sia "di" una star ma di poterlo indossare, per entrare in un circuito di acquisti che solo la disponibilità di denaro delle celebrities permette.

In questa disamina di una Hollywood al tramonto, Bling Ring appare tuttavia meno visionario di Spring Breakers, dove Harmony Korine ha direttamente gettato nella mischia le media star contemporanee, e si avvicina invece al confuso ma chiacchieratissimo The Canyons di Paul Schrader. Tre film sul divismo funerario e cadaverico di oggi, tre film sulla perdita di potere d'acquisto simbolico del lusso hollywoodiano.

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