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Bergman, cavaliere inquieto come Antonius Bloch

Ci lascia un maestro dell'educazione sentimentale e intellettuale.
di Pino Farinotti

Un addio doloroso
Ingmar Bergman (Ernst Ingmar Bergman) 14 luglio 1918, Uppsala (Svezia) - 30 Luglio 2007, Faro (Svezia).

lunedì 30 luglio 2007 - News

Un addio doloroso
Il primo pensiero è: e adesso? Credo di poter estendere a molti, se non a tutti, questo primo sentimento: ci sentiamo meno tutelati. Non c'è dubbio che Bergman sia uno di quegli artisti generali che non fanno parte di una sola disciplina, è un autore assoluto, è un riferimento e un eroe. L'educazione sentimentale, e intellettuale, di molte generazioni, anche recenti se non recentissime, non ha potuto prescindere da certi film di Bergman. Ho spesso citato una risposta di Cesare Pavese a chi gli domandava quali fossero i suoi narratori preferiti. Diceva De Sica e Thomas Mann. Legittimando e accorpando di fatto la grande letteratura e il grande cinema. Fra i portatori di sogno, di emozione e intelligenza, e anche di mistero e di angoscia utile, fra coloro che davvero hanno migliorato la nostra vita, Bergman ha il diritto di rivendicare un posto d'onore. In Casablanca Dooley Wilson canta "As Time Goes By". Una frase della canzone dice "... ci pensa il tempo a scremare l'essenziale..." E l'essenziale è ciò che si insinua nella nostra memoria e coscienza, perché è stato costruito così, misteriosamente perfetto e ancestrale, buono per tutti i tempi e tutte le culture.

Cavaliere terrorizzato dalla morte
Cito due soli fotogrammi: la morte col suo mantello nero aperto de Il settimo sigillo e il vecchio professor Borg, che per un incantesimo può assistere a immagini del passato, ne Il posto delle fragole. E riporto una sequenza fondamentale, forse la sequenza dell'intera opera dell'autore. Focalizzo, por sintesi ed efficacia, questo unico decisivo aspetto. Ne Il settimo sigillo il cavaliere Antonius Bloch, in realtà Ingmar Bergman, si confida, ignaro, con la morte:
"...Io vorrei sapere, senza fede, senza ipotesi, voglio le certezza, voglio che Dio mi tenda la mano e scopra il suo volto nascosto e voglio che mi parli... lo chiamo e lo invoco e se egli non risponde io penso che non esiste... ma allora la vita non è che un vuoto senza fine... nessuno può vivere sapendo di dover morire un giorno, come cadendo nel nulla, senza speranza..."
Bergman era dunque terrorizzato dalla morte, dall'aldilà e dall'insicurezza. Non ha mai perdonato a Dio di rimanere nascosto, di non dare certezze. Ma da questa grande paura, da questa immane angoscia irrisolta è nata la sua poetica e sono arrivate le sue indicazioni. Dunque va bene così. Con tutto il cuore, una volta all'ultimo ciak del suo estremo, privato film, gli auguro una lieta sorpresa. E gli auguro che ciò che ha fatto per noi, da questa parte, con impegno, dolore, intelligenza e incanto gli serva da dote e da franchigia per essere accolto al meglio dall'altra parte. Credo proprio che...qualcuno lo accoglierà.

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