Anno | 2023 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Italia |
Durata | 135 minuti |
Regia di | Riccardo Milani |
Uscita | lunedì 6 novembre 2023 |
Tag | Da vedere 2023 |
Distribuzione | Lucky Red |
MYmonetro | 3,74 su 12 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
|
Ultimo aggiornamento domenica 22 ottobre 2023
Un percorso lungo la vita e la carriera di Giorgio Gaber. Il film ha ottenuto 1 candidatura a David di Donatello, In Italia al Box Office Io, noi e Gaber ha incassato 608 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
|
Chi è stato Giorgio Gaber, per la musica italiana ma soprattutto per noi, che magari "non ci sentiamo italiani, ma per fortuna o purtroppo lo siamo"? È forse da questa domanda che è partito Riccardo Milani per raccontare uno dei cantautori più originali del nostro Paese, ma anche un teatrante, un filosofo, un pensatore politico e un "operatore culturale" nel senso più alto e nobile del termine. A raccontarlo, oltre a decine di spezzoni delle sue apparizioni televisive e dei suoi spettacoli teatrali, e molteplici canzoni scritte e interpretate dal Signor G, sono tanti testimoni che l'hanno conosciuto e che a lui si sono ispirati: dalla figlia Dalia Gaberscick, al nipote Lorenzo Luporini e al suo prozio, lo storico paroliere Sandro Luporini (zio del marito di Gaberscick, Roberto) fino alla vedova Ombretta Colli, che non parla mai ma incarna il suo rimpianto. E poi Jovanotti, Ivano Fossati, Gianni Morandi, Paolo Jannacci, Gino e Michele, Fabio Fazio, Michele Serra, Mogol, Ricky Gianco, Claudio Bisio, persino un giovane attore come Francesco Centorame e figure politiche come Mario Capanna e Pier Luigi Bersani.
Gaber era "un intellettuale promiscuo", come lo descrive Serra, "raffinato e popolare, di popolo e di élite".
Passato dall'essere "il re del varietà popolare", che insieme ad altri tre "matti coraggiosi" - Mina, Jannacci, Celentano - aveva dato uno scossone al piccolo schermo, è poi diventato il re del teatro canzone, sempre entrando a gamba tesa negli ambiti popolare, sociale e politico. Perché Gaber è stato immerso nel suo tempo sapendo sempre prevederne uno futuro, capace di "non farsi condizionare dalle ideologie", anche quelle che lui stesso aveva sposato, e di riconoscere "quando la merda è merda", a rischio di risultare scomodo, e di venire isolato. Un cercatore di verità con un rivelatore interno di bugie non silenziabile, e un grande musicista "che avrebbe potuto mettere in musica l'elenco del telefono", come sottolinea suo nipote. Milani entra a fondo nell'utilizzo che faceva Gaber della parola, fondamentale quando "dentro c'è la nostra vita", e del suo "corpo scenico" che in teatro "sembrava posseduto", rendeva "la parola visibile" e si trasformava in "melodia cinetica".
Io, noi e Gaber ricorda che ogni sua canzone aveva "uno spazio di incidenza", cioè una volontà di intervenire sul reale trasformando la sua libertà in partecipazione, e che non aveva paura di entrare nel vivo del "mettere a fuoco la massificazione e proteggere l'autonomia di pensiero dal conformismo", come dice Serra, denunciando come mode certi atteggiamenti privi di autentica passione politica e definendo "polli di allevamento" i seguaci di movimenti ormai degenerati: lui, che avrebbe considerato una rivoluzione mangiarsi un'idea, e inseguiva la concretezza invece delle ideologie. Lui che, come dice Fossati, era fatto di nitidezza, di capacità di andare a fondo, di sostanza. "La cosa meravigliosa è che si contraddice", afferma Francesco Centorame (parlando di Gaber al presente), e Milani racconta come abbia saputo cambiare nel tempo, poiché, come diceva Gaber stesso, "la verità ferma è misticismo, il movimento è la mia storia, non la staticità". In effetti c'è sempre stato in lui qualcosa di imprendibile, mai pacificato o conciliante, ma anche tenace in termini di resistenza umana. Forse la durata del documentario è eccessiva rispetto alla capacità di ascolto del pubblico di oggi, ma non lo è rispetto alle molte dimensioni di Giorgio Gaber. E Milani ci invita implicitamente a fare come dice Paolo Jannacci: a tenercelo dentro l'anima, e non lasciarlo scappare via.
Dalia, figlia di Giorgio Gaber, ci conduce nei luoghi frequentati dal padre. La vita domestica, la carriera iniziata come membro del clan di Adriano Celentano e a presenziare come intrattenitore musicale da prima serata in coppia con Mina. Fino alla scelta di abbandonare tutto, perché la vena anarchica che lo ha sempre contraddistinto doveva essere sfogata in altro modo e per fare questo [...] Vai alla recensione »
«E tu mi vieni a dire sta sprofondando il mondo Ma io ti voglio dire che non è mai finita, che tutto quel che accade fa parte della vita». Così cantava Giorgio Gaber nel 2001. Le risentiamo, queste parole di Verso il terzo millennio, in Io, noi e Gaber (Italia, 2023, 135'). E tra lo sconforto per un mondo che muore e un invincibile amore per il mondo che viene sta il senso del film di Riccardo Milani, [...] Vai alla recensione »
Riccardo Milani è un regista romano, ma è un'altra città quella che si è messa al suo servizio per omaggiare Giorgio Gaber: sembra infatti che nel suo "Io, noi e Gaber" ci sia tutta Milano, quella dei bar (che una volta si chiamavano "trani"), dei teatri più o meno off, e del mondo artistico e familiare che ruota attorno a Daria Gaberschick, figlia di Giorgio e Ombretta Colli, e figura guida del documentari [...] Vai alla recensione »
Qualcuno, un giorno, si occuperà di scrivere una storia di un genere cinematografico, credo di poter dire, tipicamente italiano, che in questi anni è particolarmente fiorente: mi riferisco al genere del documentario musicale, incentrato su figure a vario titolo centrali della storia della musica, del costume, del teatro dei periodo che, grosso modo, va dall'ingresso della televisione nella cultura [...] Vai alla recensione »
«Avevo una macchina molto grossa, molto visibile come appunto si usava allora per quelli che facevano la televisione e quando io entrai ... nel baretto famoso dell'Università [Statale di Milano n.d.r.] nessuno contestò questo mio, in qualche modo, presentarmi in maniera molto consumistica di allora e questo mi sorprese molto, nel senso che mi sembrò veramente autentico il fatto che nessuno avrebbe [...] Vai alla recensione »
Da quando ci ha lasciati, un triste 1° gennaio del 2003, Giorgio Gaber non ha mai smesso di essere un gigante nel panorama musicale, culturale e non solo del nostro Paese. Un intellettuale e artista indimenticabile che oggi torna sullo schermo - quello cinematografico - grazie al documentario Io, noi e Gaber che Riccardo Milani ha presentato alla Festa del Cinema di Roma 2023 e che il 6, 7 e 8 novembre [...] Vai alla recensione »
"Non temo Berlusconi in sé, temo Berlusconi in me". Partendo dall'adagio attribuito allo stesso cantante milanese, forse l'unico modo per interrogarsi sull'eredità che Giorgio Gaber ha lasciato nel mondo della cultura e dell'arte italiani è quello adottato da Riccardo Milani nel suo documentario Io, noi e Gaber. La consapevolezza di non poter esaurire il discorso attorno ad un uomo che conteneva moltitudini [...] Vai alla recensione »
Il teatro è vuoto. O almeno sembra. Perché dal passato riprende forma un nuovo grande spettacolo di Giorgio Gaber. Con Io, noi e Gaber non si è davanti al classico, anche ben fatto, documentario di testimonianze, ricordi e celebrazioni. Ci sono invece Milano, i bar, il biliardo, la tv (dalla folgorante rivelazione a Il Musichiere fino all'abbandono, come Mina, all'apice del successo), i brani, gli [...] Vai alla recensione »
Agrodolce, in senso lato, la sensazione lasciata dal documentario di Riccardo Milani, dopo la tanto attesa proiezione alla Festa del Cinema di Roma 2023. Così attesa, sia chiaro, perché un film di oltre due ore su Gaber è un evento a prescindere. Ma alla resa dei conti quello che ci si è trovati di fronte è un qualcosa di intimamente, problematicamente sbilanciato: incisivo e toccante quando il ricordo [...] Vai alla recensione »
Il signor G, chi era costui? Nel ventennale della morte (1° gennaio 2003), Giorgio Gaber trova epifania e incanto nel documentario Io, noi e Gaber di Riccardo Milani. Dopo aver inquadrato Gigi Riva (Nel nostro cielo un rombo di tuono), il regista perfeziona il ritratto del cantautore, principe del teatro-canzone, intellettuale poliedrico e molto ancora, che Ivano Fossati fissa "libero senza retorica". [...] Vai alla recensione »
Raccontiamo da anni come il documentario abbia assunto un ruolo centrale nel panorama contemporaneo. Da una parte, si fa genere meticcio, sempre pronto a contaminarsi, a mutare con ogni incursione del reale nel mondo della finzione (e viceversa). È anche in grado, però, di assumere il ruolo contrario. Diventa, così, dimostrazione di una pratica cinematografica che in alcuni casi si fa protocollo chiuso, [...] Vai alla recensione »
Dopo Nel nostro Cielo un rombo di tuono, Milani continua la sua operazione nostalgia, via doc, nel secondo Novecento. Prima Riva, ora Giorgio Gaberšcik, per tutti Gaber. Prima di tutto milanese. Poi cantante, cantautore, inventore del teatro-canzone, attore, filosofo, intellettuale, cabarettista, polemista, "libero ma senza retorica" (Fossati dixit).