Anno | 2018 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Italia |
Durata | 112 minuti |
Regia di | Ugo Frosi |
Attori | Giulia Galiani, Alberto Baraghini, Lisa Lazzaro, Alice Spisa, Sonia Coppoli Licia Navarrini, Piergiuseppe Francione. |
Uscita | giovedì 18 ottobre 2018 |
Distribuzione | Movie Factory |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,04 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 20 novembre 2018
Il vicario di un vescovo viene inviato presso un monastero per indagare sui fatti relativi ad una suora accusata di scandalo ed eresia. In Italia al Box Office L'abbandono ha incassato nelle prime 5 settimane di programmazione 849 e 638 nel primo weekend.
CONSIGLIATO SÌ
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Seconda metà del XVIII secolo. Il vicario di un vescovo viene inviato presso un monastero per indagare sui fatti relativi ad una suora accusata di scandalo ed eresia. Nel silenzio del chiostro, l'incontro con la misteriosa Suor Irene e gli estenuanti interrogatori dei testimoni, condurranno il giovane ecclesiastico ad una profonda crisi spirituale e alla scoperta di una realtà inaspettata.
Ancora una volta Ugo Frosi, con il rigore che contraddistingue la sua cifra stilistica, affronta una vicenda accaduta nel passato è mai portata sullo schermo.
Dopo l'omicidio del filosofo Gentile questa volta la sua ricerca si volge più indietro e risale sino al 1781. Lo spunto nasce dalla sua scoperta delle memorie del vescovo Scipione De Ricci pubblicate agli inizi dell'800 in cui si narra dell'indagine condotta su suor Irene la quale aveva rivelato a una consorella e a una conversa il suo pensiero che vedeva Dio essere un tutt'uno con la Natura e pertanto fautore e non nemico degli istinti naturali, nessuno escluso. L'esatto contrario della mortificazione dei sensi che la Chiesa imponeva in particolare a chi indossava un abito del clero.
Il confronto all'interno della comunità monacale e, in particolare, tra il giovane Vicario vescovile, inviato ad indagare, e le tre suore coinvolte divengono il perno di una narrazione che mette in luce tesi e contraddizioni. La memoria va, e non sarebbe possibile altrimenti, alla manzoniana monaca di Monza ma se di Marianna de Leyva y Marino, fonte di ispirazione per lo scrittore si conosce la storia anche pregressa al ritiro in convento, del passato di suor Irene nulla si sa e nulla Frosi inventa. Questo diviene, anche se potrebbe sembrare assurdo, il punto di forza del film.
Perché non sapendo se la sua entrata in convento fosse stata o meno una decisione personale ci viene data l'opportunità di leggere il personaggio sotto una doppia luce. Da un lato si può vedere in lei la donna che si emancipa da un ruolo sottomesso che la gerarchia maschile ha voluto imporle. Dall'altro la si può anche leggere come una persona che non intende sottostare a un totale annullamento della propria sessualità e che, per contrasto, precipita progressivamente in una sorta di isteria che vede nell'eros e nella pratica sessuale una forma di liberazione degli impulsi.
Intendiamoci: Frosi non ha alcun interesse a riproporre a distanza di decenni un film di quel filone che un tempo mostrava suore licenziose ad esclusivo uso e consumo di un pubblico maschile. Qui il discorso è complesso e condotto con consapevolezza anche sul piano dell'estetica complessiva. Resta il fatto che le enunciazioni in ambito dottrinale della suora in altri contesti non l'avrebbero portata ad essere 'crudelmente nerbata' come riferiscono le memorie del Vescovo ma a salire direttamente sul rogo.