Titolo internazionale | A Decent Woman |
Anno | 2016 |
Genere | Commedia |
Produzione | Austria, Corea del sud, Argentina |
Durata | 100 minuti |
Regia di | Lukas Valenta Rinner |
Attori | Iride Mockert, Ivanna Colona Olsen, Mariano Sayavedra, Pablo Seijo, Martín Shanly Andrea Strenitz, Agustín Oberto. |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,03 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 22 novembre 2016
La sprovveduta Belen si lascia incantare da una comunità nudista e inizia una pericolosa doppia vita. Il film è stato premiato a Torino Film Festival,
CONSIGLIATO SÌ
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Mai fidarsi delle apparenze. Quella di Belén, infatti, non può che destare timidezza e predisposizione alla sottomissione, ovvero qualità perfette per un'aspirante governante in una casa di borghesi benestanti nella periferia residenziale di Buenos Aires. Ma é sufficiente un weekend di libera uscita a permettere alla giovane di scoprire un mondo parallelo, libero e spogliato (letteralmente) da ogni sovrastruttura. Il passo è breve ma la trasformazione è totale: basta oltrepassare un semplice cancello.
Inquadrature centrali, macchina da presa spesso immobile su oggetti e volti su cui il regista intende indirizzare l'attenzione dello spettatore, dialoghi ridotti all'essenza significativa. L'austriaco Lukas Valenza Rinner non desta dubbi sull'obiettivo altamente metaforico che vuole raggiungere con la sua opera seconda, feroce critica all'ipocrisia perbenista condotta attraverso la mediazione corporea di una cameriera dalle sembianze innocue. È il suo corpo, infatti, a trainare con sè il passaggio emblematico fra le maschere della padrona di casa - isterica e perfettista - e di suo figlio - aspirante tennista frustrato e paranoico - e le audaci verità impudicamente esposte dai membri di un club di naturisti, situato nel parco del comprensorio dei borghesi e da esso separato solo da una cancellata.
Ferventi discepoli dell'amore libero e promiscuo purché raggiunto attraverso la pratica tantrica, questi individui accolgono Belén e la inducono a una trasformazione da "mens sana in corpore sano" ancor più stridente con la tossicità dei ricchi ma insoddisfatti padroni. Utilizzando dunque il corpo quale simulacro simbolico, Rinner innesta l'escalation narrativa e drammaturgia de Los Decentes, accuratamente preparata nella prima parte: le marche metaforiche si rafforzano nel paradigma oppositivo (inferno borghese vs paradiso proletario) per confluire verso un finale diretto e sconvolgente ove ogni mediazione crolla ai piedi di una radicalità violenta e senza equivoci.
La lotta di classe, ancora assai pregnante in Argentina, è naturalmente al centro di un racconto che usa il paradosso quale figura retorica prevalente e forse a tratti pretestuosa. Resta l'originalità di un'opera lontana dalla banalità, certamente imperfetta ma che con coraggio rileva e rivela l'amarezza nella (fallita) aspirazione di legittimare un giusto desiderio di uguaglianza non solo sociale ma antropologica ab origine, perché la brutalità degli antichi colonizzatori è ancora attualità.