Anno | 2014 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Italia |
Durata | 80 minuti |
Regia di | Carlo Michele Schirinzi |
Attori | Stefano De Santis (II), Salvatore Bello, Fulvio Rifuggio, Aldo Immacolato, Guido Casciaro Claudio Riso, Mariangela Lia, Romano Sambati, Marcello Ciullo, Imperia Bartolomeo, Giancarlo Caprioli, Luigi Schirinzi. |
MYmonetro | 2,75 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 21 maggio 2014
La presa di coscienza della forza illusoria delle immagini religiose e la consequenziale rabbia iconoclasta che si scagliò contro di esse nell'antica Bisanzio.
CONSIGLIATO SÌ
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Diversi personaggi si muovono nel Salento. Ci sono dei turisti tra i resti di Capo di Leuca, c'è un ex benzinaio che aiuta un amico a raccogliere benzina con l'obiettivo di dar fuoco a tutto (ma rimane solo un sogno) e infine un uomo in un faro che scrive aforismi incollando ritagli da pagine di libri.
A partire dal titolo I resti di Bisanzio non fa mistero di essere cinema sperimentale, che non segue il filo logico di una narrazione lineare ma preferisce affiancare stimoli e seguire personaggi apparentemente slegati tra loro in diverse declinazioni di un medesimo malessere. Contaminato da riferimenti alti, in alcuni casi difficili da cogliere, in altri proprio impossibili se non si consultano le note di regie, il film ha due anime. La prima, quella razionale, che svela un ragionamento e una presa di posizione chiare solo padroneggiando tutti i riferimenti del film (sono necessarie nozioni di storia, storia dell'arte e cultura salentina) appare non solo come la più snob e meno cinematografica, ma anche come la più sterile, concentrata com'è sulla decandenza dei tempi senza una teoria forte dietro.
È semmai la seconda anima, quella più legata alle immagini, al montaggio e al ritmo del film che stupisce. L'idea di un personaggio che vorrebbe distruggere tutto, bruciare ogni cosa ma riesce solo ad immaginare iperboliche esplosioni e incendi mirabolanti è un contrappunto fenomenale al poeta dei ritagli di giornale, ma anche la colonna sonora che sfrutta musica poco convenzionale per il genere e solo in apparenza difficile da sposare con uno svolgimento simile, funzionano molto e danno l'impressione di riuscire a parlare molto meglio (e soprattutto in maniera molto più universale) di un desiderio di rifondazione inesprimibile a parole.