Due giorni, una notte |
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Un film di Luc Dardenne, Jean-Pierre Dardenne.
Con Marion Cotillard, Fabrizio Rongione, Pili Groyne, Simon Caudry, Catherine Salée.
continua»
Titolo originale Deux Jours, Une Nuit.
Drammatico,
Ratings: Kids+16,
durata 95 min.
- Belgio 2014.
- Bim Distribuzione
uscita giovedì 13 novembre 2014.
MYMONETRO
Due giorni, una notte
valutazione media:
3,68
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Cotillard, un'eroina nel mondo del lavoro che non la vuole più
di Roberto Nepoti La Repubblica
Ci hanno appena certificato che i "padroni" non esistono più; ed ecco venir fuori i fratelli Dardenne, così disinformati sulla novità da mettere al centro del loro nuovo film proprio un padrone e i suoi operai, in una piccola fabbrica francese con meno di venti impiegati. Il soggetto è lineare; però i cineasti belgi (due Palme d'Oro a Cannes per Rosetta e Le fils) lo svolgono con la tensione di un "suspenser" - tanto che non è nemmeno il caso di raccontarne tutti gli sviluppi - tenendoti in allerta su come andrà a finire quasi si trattasse di un film di Hitchcock. Sandra, moglie di Manu e madre di due bambini, è stata licenziata per esubero di personale. La proprietà ha messo ai voti la decisione, però ponendo gli altri operai di fronte a un'alternativa: o lasciare a casa la donna, o mantenerle il posto di lavoro ma rinunciando al premio di produzione, un bonus di mille euro. Di cui tutti hanno, più o meno, bisogno. Pur tra mille dubbi, e imbottendosi di psicofarmaci, Sandra accetta le esortazioni del marito e, nel corso della domenica che precede la votazione, fa visita uno dopo l'altro ai suoi colleghi: non per impietosirli, ma per spiegare le sue ragioni e quanto le serva quel magro stipendio per sostentare la famiglia (il salario del marito, come accade in tanti casi reali, da solo non è sufficiente). Un voto c'è già stato, negativo per lei; ora lo si ripeterà a scrutinio segreto, perché il "caporale" Jean-Marc ha sobillato gli altri contro Sandra. E tuttora continua a farlo... Riusciremo, abituati a trepidare per le sorti di supereroi vestiti da clown che si battono contro mostri di effetti speciali, ad appassionarci alla vicenda di Sandra? C'è da augurarsi di sì, perché lei è un'eroina vera. Per Sandra la rinuncia al lavoro rappresenta anche una perdita d'identità, di dignità; la fa sentire inadeguata, fino a spingerla sulla via della depressione. Nello stesso tempo, la donna comprende le ragioni dei colleghi, appesi alle sue stesse fragilità, e si sente colpevole di dover chiedere. Eppure non si arrende, per quante sofferenze le possa costare la lotta. Film dopo film, Jean-Pierre e Luc Dardenne hanno portato sullo schermo un'epica proletaria (sono rimasti in pochi a farlo: Loach, Guédiguian...) piena di pudore e di forza: quella che si ricava, non meno che dalle proprie convinzioni, dallo stile. Anche qui, come nei precedenti, la figura filmica dominante è la "semisoggettiva": quell'inquadratura dove il personaggio, pur facendone parte, osserva e permette allo spettatore di osservare assieme a lui. Torna il pudore dei gesti, mai eccessivi o troppo sottolineati (il dramma è nelle cose); si veda qui il tentativo di suicidio di Sandra: ingoia le pillole, poi rimette in ordine, pensando alla sua famiglia che resterà dopo di lei. Tornano anche gli interpreti favoriti dei Dardenne: Fabrizio Rongione, nella parte del marito, e Olivier Gourmet, nel ruolo piccolo (ha una sola scena) ma importante (è citato lungo tutto il film) dell'abietto Jean-Marc. Questa volta, però, i due registi si sono permessi una star internazionale: Marion Cotillard, aureolata di Oscar, attrice di Allen, Burton, Nolan. Un'ottima scelta. Marion mostra di poter essere una credibilissima musa proletaria, tutta pudore e orgoglio ferito ma senza un attimo di esagerazione o di esibizionismo del dolore. E se non piangete di lei, di che cosa siete mai soliti piangere?
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