nikthequik
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lunedì 10 febbraio 2014
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crudo,forte e delicato
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Trattare di un tema come l'HIV non è semplice, ma Jean-Marc Vallee riesce nell'intento con grande tatto e grande pathos.
Il film ti angoscia e ti fa stare male, è proprio questo il suo intento, farti sentire malato anche se non lo sei.
Spesso l'inquadratura è sporca alle spalle dei protagonisti e ci trasporta in questo turbine di emozioni e lotte come se fossimo li ad aiutare, a spingere i personaggi di non mollare la vita di continuare ad andare avanti.
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Trattare di un tema come l'HIV non è semplice, ma Jean-Marc Vallee riesce nell'intento con grande tatto e grande pathos.
Il film ti angoscia e ti fa stare male, è proprio questo il suo intento, farti sentire malato anche se non lo sei.
Spesso l'inquadratura è sporca alle spalle dei protagonisti e ci trasporta in questo turbine di emozioni e lotte come se fossimo li ad aiutare, a spingere i personaggi di non mollare la vita di continuare ad andare avanti.
Matthew McConaughey mostruoso, veramente bravissimo soprattutto nel primo tempo del film riesce ad emozionarti e farti scendere una lacrima, poi entra in scena Jared Leto e l'emozioni si amplificano ancora di più.
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gianleo67
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domenica 9 febbraio 2014
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l'ultimo buscadero...ai tempi dell'hiv
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Storia di Ron Woodroof, elettricista texano con la passione per il rodeo, dalla sua spericolata esistenza fatta di droga,alcol e sesso non protetto alla diagnosi di sieropositività all'HIV che lo porterà a combattere una dura battaglia per la sopravvivenza e contro le potenti lobbies farmaceutiche appoggiate dalla FDA. Tra la scoperta di una cura alternativa in Messico e l'amicizia con un travestito, suo partner in affari, mette in piedi un esclusivo club di soci (il Dallas Buyers Club del titolo) a cui consente di accedere a cure alternative altrimenti vietate dalla Legge. Sopravviverà per 7 anni a dispetto di una infausta prognosi di soli 30 giorni di vita.
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Storia di Ron Woodroof, elettricista texano con la passione per il rodeo, dalla sua spericolata esistenza fatta di droga,alcol e sesso non protetto alla diagnosi di sieropositività all'HIV che lo porterà a combattere una dura battaglia per la sopravvivenza e contro le potenti lobbies farmaceutiche appoggiate dalla FDA. Tra la scoperta di una cura alternativa in Messico e l'amicizia con un travestito, suo partner in affari, mette in piedi un esclusivo club di soci (il Dallas Buyers Club del titolo) a cui consente di accedere a cure alternative altrimenti vietate dalla Legge. Sopravviverà per 7 anni a dispetto di una infausta prognosi di soli 30 giorni di vita.
Gli ingredienti per un prevedibile successo di pubblico e di critica (la esemplarità di una 'true story', una sceneggiatura calibrata sui personaggi, l'eclettismo di una recitazione di totale identificazione degli attori) non limitano la validità di un'operazione cinematografica che mette a frutto le risorse economiche e professionali del sistema produttivo hollywoodiano che, delle storie e del giusto risalto dei suoi protagonisti, ha da sempre fatto il suo inconfondibile marchio di fabbrica. Non sfugge a questa logica di 'brain entarteinment' l'exploit mainstream di un semisconosciuto regista canadese che da un lato strizza l'occhio alle dorate statuette della prestiogiosa kermesse americana e dall'altro dimostra con paziente tenacia di saper condurre con buon equilibrio uno sviluppo narrativo che, data la misura eccessiva del metraggio, rischiava di procurare allo spettatore piu' di uno sbadiglio. Conferendo alla storia (tratta da fatti veri) una naturale progressione cronologica, Jean-Marc Vallée riesce a coniugare la trama di una vicenda personale di dissolutezza e di riscatto nella tragica e irridente discesa agli inferi di un 'ultimo buscadero' degli anni '80 (la mortifera cronologia di un 'dead man walking' nel suo viaggio della speranza verso il Mexico: da sempre nell'immaginario americano una terra di libertà e ri-conquista) e dall'altro gli ingredienti di quel cinema di impegno civile quale 'motore' culturale ed alibi predicatorio dell'intellighenzia cinefila a stelle e strisce. Se è vero che alla lunga questi espedienti finiscono per mettera a dura prova la pazienza di un pubblico che ricerca inutilmente novità formali o sostanziali da un cinema che riproduce stancamente se stesso, dall'altro si finisce con l'assecondare una fisiologica identificazione con un personaggio che trasforma la trasgressione caratteriale della sua indole da pulsione autodistruttiva ad irriducibile istinto di sopravvivenza e di lotta anti-sistema nel contesto (attendibile) di una sottocultura omofoba e discriminatoria che attraversa l'America dei falsi miti di progresso liberista decantati dalla politica reaganiana; un ultimo buscadero si diceva, impersonato in modo memorabile da un McConaughey che gioca a fare il De Niro della situazione nello strabiliante trasformismo psico-fisico di cui solo gli attori americani sono veri maestri (il Christian Bale di 'The Fighter ci ha pure vinto un Oscar come miglior attore non protagonista!).Non meno eclettica la performance dell'istrionico 'cantattore' Jared Leto nei panni (a lui molto congeniali) di 'checca dal cuore d'oro' che rinnega,con coraggio e ostinazione, le sue scomode origini alto borghesi quale contraltare sociale di quel mondo di diseredati e di vinti colpiti da un male che il puritanesimo americano presto identifica con l'abominevole colpa della sodomia. Sebbene non manchino momenti di riuscita resa drammaturgica, resta il senso di un montaggio fuori misura che si trascina nel finale con la solita retorica predicatoria da disputa legale. Un pò di accortezza in post produzione avrebbe sicuramente giovato. Solita valanga di nomination agli Oscar 2014.
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melvin ii
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domenica 9 febbraio 2014
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texano arrapato costretto a cambiare
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Dallas Buyers Club , tratto da una storia vera,è un film del 2013 diretto da Jean-Marc Vallée.
La pellicola vede come protagonisti Matthew McConaughey , Jared Leto e Jennifer Garner.
Il film ambientato in Texas nel 1985 ha come protagonista Ron Woodroof( McConaughey) un rude e omofobo cowboy dedito all’alcool, alla droga e al sesso sfrenato.
La sua vita cambia radicalmente, quando si scopre malato di Aids, malattia “solo” dei gay secondo i pregiudizi e l’ignoranza dell’epoca.
I medici li danno solo 30 giorni di vita.
Woodroof dopo l’iniziale scoramento, decide di lottare per la sua vita e cerca disperatamente una cura.
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Dallas Buyers Club , tratto da una storia vera,è un film del 2013 diretto da Jean-Marc Vallée.
La pellicola vede come protagonisti Matthew McConaughey , Jared Leto e Jennifer Garner.
Il film ambientato in Texas nel 1985 ha come protagonista Ron Woodroof( McConaughey) un rude e omofobo cowboy dedito all’alcool, alla droga e al sesso sfrenato.
La sua vita cambia radicalmente, quando si scopre malato di Aids, malattia “solo” dei gay secondo i pregiudizi e l’ignoranza dell’epoca.
I medici li danno solo 30 giorni di vita.
Woodroof dopo l’iniziale scoramento, decide di lottare per la sua vita e cerca disperatamente una cura.
Farà amicizia con Rayon(Leto), un gay tossicodipendente e con la Dr. Eve Saks (Garner)
Insieme apriranno “un club” per i malati di Aids, fornendo cure alternative e più efficaci rispetto a quelle ufficiali.
Woofroof, smentirà le “cassandre mediche”” e vivrà ben oltre i 30 giorni.
Il film si regge sulla straordinaria e magistrale interpretazione di Mattew McConaughey.
Per anni siamo stati abituati a vederlo in commedie leggere nel ruolo del bellocio e del latin lover,.
In questo film la trasformazione anche fisica è impressionante.
McConaughey riesce a dare anima e corpo a un personaggio “politicamente scorretto”
Lo spettatore segue con pathos e coinvolgimento la sofferenza e la malattia del protagonista.
Degna spalla di Mc Conaughey è Jared Leto. Il suo “Raynon” è un mix di dolcezza, perdizione e solitudine
La sceneggiatura è scarna, semplice, ma ben scritta.
Vallèe dirige con bravura ed intensità.
Il film, specie all’inizio è brutale e forte, tiene alta l’attenzione dello spettatore.
Il linguaggio è colorito, spinto, scorretto.
I dialoghi descrivano bene la mentalità e l’ignoranza che c’era in America sull’ Aids negli anni Ottanta.
“Dallas buyers club” non è semplicemente un film sull’ Aids o contro l’omofobia, ma soprattutto una denuncia sul mondo delle case farmaceutiche e di quante speculazioni vengano fatte sulla pelle dei malati.
Woodroof non è un personaggio positivo, non cambierà le sue idee, ma si rende conto a sue spese, quanto siano spietati i pregiudizi.
Il finale piace, perché nonostante non sia melenso e scontato , comunque regala calore e speranza.
Un film da vedere, per le ottime prove degli attori, per i contenuti e soprattutto per dire no all’ignoranza e alla superficialità dilagante.
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cizeta
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sabato 8 febbraio 2014
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lunghetto...
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Vorrei iniziare con l'elogio ad una performance di assoluto spessore di McConaughey: l'impatto fisico e le sue espressioni di dolore sono da Oscar (una pecca, non sa piangere);
Jared Leto con una bellissima parte recita, anche lui, in maniera ottima... forse l'eccessiva caratterizzazione del personaggio non avrebbe richiesto grandi capacità di recitazione ma ciò non toglie che si cala perfettamente nella pellicola...
Ispirato ad una storia vera, il film evidenza il profondo attaccamento alla vita del protagonista nonostante il virus del HIV stia facendo il suo corso e lui stesso non si risparmia in eccessi dei più svariati tipi... in questo suo percorso che lo porterà inevitabilmente alla morte viene accompagnato dai suoi sentimenti che pian piano si capovolgono.
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Vorrei iniziare con l'elogio ad una performance di assoluto spessore di McConaughey: l'impatto fisico e le sue espressioni di dolore sono da Oscar (una pecca, non sa piangere);
Jared Leto con una bellissima parte recita, anche lui, in maniera ottima... forse l'eccessiva caratterizzazione del personaggio non avrebbe richiesto grandi capacità di recitazione ma ciò non toglie che si cala perfettamente nella pellicola...
Ispirato ad una storia vera, il film evidenza il profondo attaccamento alla vita del protagonista nonostante il virus del HIV stia facendo il suo corso e lui stesso non si risparmia in eccessi dei più svariati tipi... in questo suo percorso che lo porterà inevitabilmente alla morte viene accompagnato dai suoi sentimenti che pian piano si capovolgono...prima omofobo, individualista e "sempliciotto" si trasforma in un personaggio che lotta per la sua vita (e quella di tanti altri malati) ovviamente a suon di $.
Il mio giudizio trascende dalla performance degli attori (sarebbe un 9 pieno)
voto personale: 7
Il film appare troppo lungo per l'impostazione data (bastavano una ventina di minuti in meno), in alcuni punti lento e troppo incentrato su aspetti chimico-farmaceutici (la sigla AZT vi rimboberà continuamente una volta usciti dal cinema).
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veronica c
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mercoledì 5 febbraio 2014
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lineare, vero, emozionante.
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In punta di piedi Jean-Marc Vallée affronta il delicato tema dell’ HIV in “Dallas Buyers Club”, suo nuovo film uscito da poco anche nelle sale italiane, che si stanno riempiendo, a mano a mano, delle opere in corsa per la conquista di una statuetta.
Il realismo del dramma è costantemente accompagnato da un’ innocenza inconsapevole che emoziona e commuove teneramente, anche nella durezza di alcune scene.
Anime buone sono le protagoniste di questa storia, ispirata per altro ad una vicenda realmente accaduta nel Texas della seconda metà degli anni Ottanta, che ripercorre le tappe di una vita che trova la propria ragion d’essere nella sua fase terminale.
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In punta di piedi Jean-Marc Vallée affronta il delicato tema dell’ HIV in “Dallas Buyers Club”, suo nuovo film uscito da poco anche nelle sale italiane, che si stanno riempiendo, a mano a mano, delle opere in corsa per la conquista di una statuetta.
Il realismo del dramma è costantemente accompagnato da un’ innocenza inconsapevole che emoziona e commuove teneramente, anche nella durezza di alcune scene.
Anime buone sono le protagoniste di questa storia, ispirata per altro ad una vicenda realmente accaduta nel Texas della seconda metà degli anni Ottanta, che ripercorre le tappe di una vita che trova la propria ragion d’essere nella sua fase terminale. Quando infatti la malattia segna irrevocabilmente il destino di Ron Woodroof, interpretato da un McConaughey incessantemente sopra le righe, egli, prima uomo dissoluto, vittima di eccessi e sregolatezze, nella lotta per la sopravvivenza scopre il suo volto più autentico, non senza, comunque, input provenienti dall’esterno . A formare la sua tenace eppure fragile personalità contribuiscono, infatti, la transgender Rayon e la dottoressa Eve.
Jared Leto, assente dalle scene cinematografiche da circa cinque anni, sembra scegliere con cura e, soprattutto, grande umanità il ruolo per calcarle di nuovo, facendo di esso quella che è, fino ad ora, l’interpretazione più elevata della sua carriera. In questa impressionante trasformazione, psicologica oltre che fisica (l’attore ha indossato i panni del personaggio per tutta la durata delle riprese), Rayon risulta così vera da convincerci di esistere sul serio in una qualche provincia texana, forte nel difendere una scelta di vita, un modo di essere, impaurita però da una prospettiva di non-vita che non è facile contrastare.
La figura di Eve, di una Garner meno complessa ma ugualmente credibile, è lo stimolo che spinge il protagonista ad aprire gli occhi su un panorama di sentimenti precedentemente ignorati; la loro amicizia sfocia in una dolcezza che sembra avere sostanza per quanto è autenticamente sentita, e li porta alle soglie di un amore latente, in cui è tangibile, da una parte, la conturbante impossibilità di appartenersi fisicamente, dall’altra, quella sensibilità sottile che questo comporta.
Fondando il Dallas Buyers Club, Ron, al di là del superficiale, ma solo iniziale, fine proiettato al guadagno, nel distribuire medicinali condivide scoperte e speranze, offre se stesso agli altri in un atto di genuina generosità, nell’abisso trova un appiglio che prima gli era estraneo.
Linearità nel susseguirsi delle scene, attinenza al vero e capacità di emozionare sono i semplici ingredienti di questo film che vale la pena di essere sofferto e, insieme, squisitamente gustato.
Il finale, che non mostra quello che viene solo narrato, è giustificato dalla voglia di preservare in chi guarda quel desiderio di redenzione possibile, quella capacità di affrontare il flusso del reale con un pianto cui deve seguire un sorriso. E’ con un sorriso che Ron Woodroof ci insegna ad amare, e non conta la fine; quella è lì, che inevitabilmente aspetta tutti.
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hollyver07
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mercoledì 5 febbraio 2014
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bello, da lodare ma... incompiuto
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Ciao. Vicenda dolorosa ma bella ed importante da raccontare, per gli aspetti più umani giusta da far proporre al grande pubblico; il cinema ha sempre posseduto e mantiene una simile e più che elogiabile prerogativa (almeno riferendosi a quello che fa leva sulle qualità morali). Saltando il riassunto della storia, preferisco soffermarmi sull'aspetto realizzativo e su quello interpretativo. Nella sostanza, la regìa, di Jean-Luc Vallée, risulta essere molto positiva ma... la presenza nella sceneggiatura dell'attore principale, Matthew McConaughey, ha chiaramente influito sulle riprese ed il montaggio del lavoro. E' chiara la focalizzazione delle scene sulle azioni del protagonista ed il conseguente "effetto contorno" dei ruoli secondari.
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Ciao. Vicenda dolorosa ma bella ed importante da raccontare, per gli aspetti più umani giusta da far proporre al grande pubblico; il cinema ha sempre posseduto e mantiene una simile e più che elogiabile prerogativa (almeno riferendosi a quello che fa leva sulle qualità morali). Saltando il riassunto della storia, preferisco soffermarmi sull'aspetto realizzativo e su quello interpretativo. Nella sostanza, la regìa, di Jean-Luc Vallée, risulta essere molto positiva ma... la presenza nella sceneggiatura dell'attore principale, Matthew McConaughey, ha chiaramente influito sulle riprese ed il montaggio del lavoro. E' chiara la focalizzazione delle scene sulle azioni del protagonista ed il conseguente "effetto contorno" dei ruoli secondari. Nonostante il mio pensare... Jared Leto (Ryon) s'è ritagliato un ruolo che avrebbe potuto essere da applausi a scena aperta... qualora l'attenzione di regìa e sceneggiatura non fossero calamitate in altre direzioni. Ad ogni buon conto, il regista, prediligendo i campi stretti ed una fotografia "asciutta", è riuscito a mantenere coerente il ritmo narrativo aiutato anche da dialoghi proposti in sequenze non prolungate ed estremizzate nei contenuti. A mio avviso, Il migliore confronto dialettico del film è quello che vede impegnato Ryon in presenza del padre manager. Piiccola annotazione, il ruolo di Jennifer Garner (la dottoressa Eve) Rischio di inimicarmi i suoi fans ma.... assolutamente irrisorio per come è stato trattato nel film. Oltre alla dottoressa, anche gli altri comprimari hanno subìto lo stesso trattamento, la preponderanza del ruolo di McConaughey ha confinato quasi tutti i comprimari alla quasi-comparsata laddove sarebbe stato più interessante dare un maggiore respiro a ruoli tutt'altro che secondari. La performance di McConaughey è di notevole impatto visivo e l'attore si è dimostrato capace di sostenere un ruolo difficile - anche se... lo trovato più efficace nell'assurdo "Killer Joe" - Anche per lui, per quanto azzeccati, dialoghi relativamente brevi dove senso ed espressività del protagonista erano devolute principalmente alla "maschera" sofferta ed emaciata piuttosto che ad una impostazione eminentemente "teatrale" del suo fare - complimenti per la preparazione ma la recitazione non mi è sembrata da oscar, penso possa ancora migliorare-. Per il resto, il film mi è parso tenuto a "briglie strette" ed abbastanza timoroso nel denunciare in maniera rabbiosa storture ed oscene aberrazioni del businness sulla salute, cosa che in tutto il mondo non riguarda solo l'AIDS. Discreta la fotografia e poco incisivo l'accompagnamento sonoro. In definitiva, merita sicuramente d'esser visto ma è solo un buon film, ben interpretato ma incompiuto nell'essere davvero incisivo su tematiche davvero scottanti. Buona visione e saluti
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the moon
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mercoledì 5 febbraio 2014
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mcconaughey da oscar
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McConaughey è riuscito in una metamorfosi impossibile mimetizzandosi perfettamente all'interno di un personaggio sul filo dell'esistenza umana,che mette a disagio,fa rabbia e commuove nella sua vicenda di condannato.Ma,allo stesso tempo il film fa pensare proiettando il tema delicato delle cure e dei farmaci alla contemporaneità del problema lasciando il dubbio sulle vicende dei giorni nostri,con una tematica doppia;l'omofobia che miete più vittime di una malattia.
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jonathan imperiale
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mercoledì 5 febbraio 2014
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il cowboy e la falena
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"Immagino che dovrei ringraziarti per esserti vestito da uomo. Almeno non mi hai messo in imbarazzo." "A quindi ti vergogni di me? Sai che non me ne ero accorto?" "Dio aiutami!" "Ti sta già aiutando: ho l'AIDS" - Dallas Buyers Club, un film crudo e appassionante. L'interesse delle case farmaceutiche a speculare sulle malattie, l'omofobia, l'ignoranza e l'emarginazione letali quanto l' HIV. Jean-Marc Vallée usa i corpi di Matthew McConaughey e Jared Leto per lasciare in costante mostra il male invisibile ed il calvario inesorabile attraverso la vivida forza dell'evidenza. Superbi entrambi gli attori chiamati ad interpretare ruoli affini eppure contrapposti da un differente modo di affrontare la malattia: caparbio cowboy ben ancorato alla sua sella il primo, struggente falena che va incontro alla distruzione, il secondo.
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"Immagino che dovrei ringraziarti per esserti vestito da uomo. Almeno non mi hai messo in imbarazzo." "A quindi ti vergogni di me? Sai che non me ne ero accorto?" "Dio aiutami!" "Ti sta già aiutando: ho l'AIDS" - Dallas Buyers Club, un film crudo e appassionante. L'interesse delle case farmaceutiche a speculare sulle malattie, l'omofobia, l'ignoranza e l'emarginazione letali quanto l' HIV. Jean-Marc Vallée usa i corpi di Matthew McConaughey e Jared Leto per lasciare in costante mostra il male invisibile ed il calvario inesorabile attraverso la vivida forza dell'evidenza. Superbi entrambi gli attori chiamati ad interpretare ruoli affini eppure contrapposti da un differente modo di affrontare la malattia: caparbio cowboy ben ancorato alla sua sella il primo, struggente falena che va incontro alla distruzione, il secondo. La regia alterna dettagli di inquadrature (eloquente quella dello specchietto per il trucco che riflette il volto sofferente di Leto) ad immagini in movimento per esprimere il realismo delle vicende. La malattia diagnosticata a Ron Woodroof è il punto di svolta della storia che da quel momento in poi si dispiega verso un lento ed incessante abbandono di pregiudizi, egoismo e comportamenti autolesionisti: un recupero della retta via nella sofferenza e nella lotta per i diritti del malato terminale contro le multinazionali della sanità. L'impressione è che la storia trabocchi da sé stessa per lasciare un monito attuale al di là delle vicende reali che riporta...
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paulnacci
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mercoledì 5 febbraio 2014
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fa riflettere !!!
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Bellissimo film, grande intrerpretazione di Matthew McConaughey quasi irriconoscile magrissimo !!! Film inoltre molto attuale visto tutti i casi di cure non convenzioanli osteggiate dalla scienza ufficiale!!! (non entro nel merito su chi abbia ragione ) bella anche l'evoluzione del protagonista che da omofobo incallito rivede le sue posiszioni arrivando a difendere il suo nuovo amico dall' intolleranza che prima toccava anche lui (scena del supermercato)
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luca scial�
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mercoledì 5 febbraio 2014
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l'hiv e i pregiudizi
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Metà anni '80. L'Hiv si espande a macchia d'olio e miete sempre più vittime, mentre le multinazionali del farmaco cercano di lucrare sulla disperazione dei malati, aiutati da un Governo a loro assoggettato. In questo contesto grigio si muove Ron Woodrof, tipico texano che vive alla giornata, tra rodei, alcol, droga, donne e un lavoro da elettricista. Anche lui come tanti ha pregiudizi omofobi, soprattutto sull'Aids, ma fato vuole che a beccarselo sia anche lui. E così, dopo aver snobbato inizialmente la sua condizione fisica, è costretto a ricredersi e a combattere per non morire. Si scontra così con una società che comincia a ripudiarlo e le multinazionali del farmaco.
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Metà anni '80. L'Hiv si espande a macchia d'olio e miete sempre più vittime, mentre le multinazionali del farmaco cercano di lucrare sulla disperazione dei malati, aiutati da un Governo a loro assoggettato. In questo contesto grigio si muove Ron Woodrof, tipico texano che vive alla giornata, tra rodei, alcol, droga, donne e un lavoro da elettricista. Anche lui come tanti ha pregiudizi omofobi, soprattutto sull'Aids, ma fato vuole che a beccarselo sia anche lui. E così, dopo aver snobbato inizialmente la sua condizione fisica, è costretto a ricredersi e a combattere per non morire. Si scontra così con una società che comincia a ripudiarlo e le multinazionali del farmaco. Si fa curare in Messico da un medico radiato da 3 anni per i suoi metodi e vedendo grandi miglioramenti, decide di aprire una società propria per curare con gli stessi farmaci altre persone. Ma il Governo ovviamente gli mette i bastoni tra le ruote.
Sesto film per Jean-Marc Vallée e forse il primo che gli darà un pò di notorietà internazionale. Il film affronta il tema spinoso dell'Aids e di tutti i pregiudizi e le speculazioni che vi ruotarono intorno quando divenne la peste del 20mo secolo. Il regista si sforza di non cascare in sentimentalismi ed eroismi e ci riesce abbastanza, soprattutto grazie a uno straordinario Matthew McConaughey dimagrito venti chili per l'occasione. Il messaggio arriva chiaro e purtroppo è ancora attuale.
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