writer58
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martedì 10 aprile 2012
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un paese senz'anima
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"Romanzo di una strage" è un ottimo film. Questo risultato non era per nulla scontato, il rischio di produrre un lavoro documentaristico o, peggio, un "film a tesi" era elevato e, in qualche modo, contenuto nella materia trattata: la strage di piazza Fontana del Dicembre del '69 che dette avvio alla "strategia della tensione" e a un diluvio di attentati coperti dalle istituzioni e dai servizi di sicurezza che portarono il nostro paese sull'orlo di una involuzione autoritaria e alla sospensione delle garanzie costituzionali.
Il film di Marco Tullio Giordana, invece, appare come un esercizio misurato ed efficace che tiene in equilibrio la caratterizzazione dei personaggi principali (il commissario Calabresi, Pinelli, le loro mogli, il questore Guida, i neonazisti Freda, Ventura e Delle Chiaie, Valpreda, l'onorevole Aldo Moro) con una ricostruzione asciutta e coinvolgente di un periodo storico segnato dalla "guerra fredda" tra la Nato e il blocco sovietico e che concedeva una sovranità limitata ai paesi dell'Alleanza Atlantica, scossi tra movimenti di rivolta ed emancipazione e trame eversive di ispirazione neofascista.
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"Romanzo di una strage" è un ottimo film. Questo risultato non era per nulla scontato, il rischio di produrre un lavoro documentaristico o, peggio, un "film a tesi" era elevato e, in qualche modo, contenuto nella materia trattata: la strage di piazza Fontana del Dicembre del '69 che dette avvio alla "strategia della tensione" e a un diluvio di attentati coperti dalle istituzioni e dai servizi di sicurezza che portarono il nostro paese sull'orlo di una involuzione autoritaria e alla sospensione delle garanzie costituzionali.
Il film di Marco Tullio Giordana, invece, appare come un esercizio misurato ed efficace che tiene in equilibrio la caratterizzazione dei personaggi principali (il commissario Calabresi, Pinelli, le loro mogli, il questore Guida, i neonazisti Freda, Ventura e Delle Chiaie, Valpreda, l'onorevole Aldo Moro) con una ricostruzione asciutta e coinvolgente di un periodo storico segnato dalla "guerra fredda" tra la Nato e il blocco sovietico e che concedeva una sovranità limitata ai paesi dell'Alleanza Atlantica, scossi tra movimenti di rivolta ed emancipazione e trame eversive di ispirazione neofascista.
La sovrabbondanza di eventi storici che hanno segnato il periodo e lo hanno reso simile a un' intricata "spy story" viene risolta dalla sceneggiatura avvincente di Rulli e Petraglia che riescono a smontare e a ricomporre una vicenda ipercomplessa dandone una lettura che semplifica senza banalizzare. Lo sguardo del regista non perde di vista le vicende personali dei protagonisti, le loro aspirazioni, la loro umanità, schiacciata da forze troppo potenti. Pinelli e Calabresi appaiono, sia pure su versanti opposti, come le vittime sacrificali di strategie stragiste transnazionali, in cui è difficoltoso distinguere l'ispiratore dal mandante e i complici dagli esecutori materiali.
La recitazione di Mastrandrea, nel ruolo di Calabresi, e di Favino in quello di Pinelli è eccellente: scava nei personaggi mediante un fine lavoro di cesello, evita gli eccessi interpretativi e coglie le sfumature umane e relazionali che hanno caratterizzato rispettivamente il loro impegno professionale e la loro militanza. Più in generale, il cast fornisce un'ottima prova: segnalo la performance di Gifuni nel ruolo di Moro, interprete tormentato e consapevole della precarietà dei tempi.
Come ne "La meglio gioventù" e nei "Cento passi", Giodana propone un affresco corale che narra segmenti significativi del nostro passato recente. Lo fa senza rinunciare a raccontare le vite delle persone, le loro traiettorie, i loro desideri, le loro interazioni in un paese che sembra aver smarrito la propria anima e che ha visto cadere molti dei suoi figli migliori, vittime di poteri criminali o abbandonati dalle istituzioni che rappresentavano.
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[+] film stupendo
(di professore71)
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antonello chichiricco
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lunedì 7 maggio 2012
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sfracelli d'italia
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Il 12 dicembre 1969 una bomba ad altissimo potenziale esplode alla Banca Nazionale dell’Agricoltura. Il commissario Calabresi indaga seguendo la pista anarchica ma presto si rende conto che in realtà sono gli stessi servizi segreti e interi pezzi di stato sostenuti dalla CIA a manovrare la destra eversiva ansiosa di tornare ad un regime fascista.
“Anni di piombo” fu la terribile etichetta di quel periodo.
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Il 12 dicembre 1969 una bomba ad altissimo potenziale esplode alla Banca Nazionale dell’Agricoltura. Il commissario Calabresi indaga seguendo la pista anarchica ma presto si rende conto che in realtà sono gli stessi servizi segreti e interi pezzi di stato sostenuti dalla CIA a manovrare la destra eversiva ansiosa di tornare ad un regime fascista.
“Anni di piombo” fu la terribile etichetta di quel periodo. Ma com’è cominciata?
I moti del ’68, il maggio francese, le rivolte nei colleges americani, i movimenti pacifisti, il rifiuto rabbioso della guerra del Vietnam, le ondate di manifestazioni, di scioperi internazionali, le guerriglie urbane come quella di Roma a Valle Giulia, tutti effetti dell’universale desiderio di cambiamento; lavoro, cultura, istruzione, diritto, religione, ruoli e rapporti sociali e familiari, ogni cardine delle vecchie istituzioni viene rimesso in discussione con una contestazione mondiale senza precedenti nella storia.
Tutto viene estremizzato, forti attriti, tensioni sociali, tragiche altalene fra eversione e restaurazione. La contestazione di quegli anni praticamente diventa una contro-cultura “dominante”. Si configura un’egemonia di sinistra, definirsi compagni è anche una moda, oltre che un passpartout. Molti di quei ragazzi in eschimo, jeans, capelli lunghi, orecchino e tatuaggio sono poi diventati, o hanno cercato di diventare, rampanti yuppies, assatanati imprenditori, machiavellici politicanti.
In Italia l’anomalia del partito comunista più forte d’Europa e relativa agguerritissima frangia della sinistra extraparlamentare preoccupa l’egemonia democristiana e il Patto Atlantico.
E comincia la strategia della tensione.
E’ qui che parte il film di Giordana: dal primo di una lunga serie di attentati criminali giustamente definiti “stragi di stato”. La collocazione storiografica è didascalicamente fedele, quasi scontata, ma la ricostruzione-scenario si rivela interessante: per alcuni aspetti iconografici, scrupolosa (strade, vestiario, linguaggio, veicoli) per altri spazialmente surreale, immersa come sembra in una piece teatrale monoambiente. Bravi gli interpreti in particolare Favino nei panni dell’anarchico Pinelli vittima innocente - unica cosa chiara dell'oscura vicenda - di un vile assassinio, sottotono Valerio Mastandrea nei panni di un Calabresi troppo mesto e introverso rispetto al profilo umanamente più intenso e vivace del vero commissario, testimoniato dai suoi parenti. Il limite del film (che non necessariamente è un demerito) emerge fatalmente proprio da quel buco nero, uno dei tanti, della nostra storia più recente. Come in altre opere del genere, argomentare con una fiction-verista sull’Italia dei misteri è giocoforza arduo se non perdente. La pellicola - di ostentata pretesa pedagogica - s’ispira al romanzo di Paolo Cucchiarelli la cui teoria delle due bombe (una soft-anarchica, l’altra hard-fascista) non sta in piedi ed è stata più volte screditata.
Antonello Chichiricco
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ludwigzaller
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martedì 10 aprile 2012
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il brionvega di calabresi
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Chi ha l'età giusta e una buona memoria potrà affrontare la visione di questo film come se fosse un gioco.
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Chi ha l'età giusta e una buona memoria potrà affrontare la visione di questo film come se fosse un gioco. E divertirsi a riconoscere, dietro le maschere degli attori, i grandi protagonisti e i comprimari della storia narrata: da Saragat a Moro, da Delle Chiaie a Ventura, senza dimenticare naturalmente coloro che occupano il centro del dramma, come Pinelli e Calabresi. Buona la ricostruzione dell'atmosfera, anche se dubito che il commissario Calabresi possedesse mobili moderni, quadri d'autore ed un costosissimo impianto stereo Brionvega. In realtà io la casa del commissario me la sono sempre immaginata diversa: mobili tradizionali, centrini, tappeti, un comodo divano, ma niente concessioni al design. E tra Gemma Calabresi e l'attrice che la interpreta, Laura Chiatti, c'è un abisso. Non è questo l'unico dettaglio che distingue il Calabresi reale dal personaggio che vediamo agire nel film. La rilettura di Giordana fa del commissario, uno degli uomini più odiati di quella stagione politica, un osservatore disincantato ed ironico degli eventi. Calabresi non odia il suo antagonista Pinelli, anzi l'ha in simpatia e lo considera un amico. I due si scambiano regali di natale. Quando Pinelli muore, Calabresi non è presente nella stanza dove si svolge l'interrogatorio dell'anarchico. Ed è sempre Calabresi a scoprire come sono andate veramente le cose a Piazza Fontana, nel corso di un colloquio con un alto ufficiale dell'esercito che gli rivela l'intreccio tra eversione nera e servizi segreti che, utilizzando in maniera spregiudicata la latente pulsione distruttiva di Piero Valpreda, ha dato origine alla strage. Va da se’ che la maggioranza di questi dettagli e l’immagine complessiva del commissario che ne esce sono essenzialmente frutto della fantasia degli sceneggiatori. Sono i difetti già tante volte emersi nel cinema di Giordana, un autore che si è specializzato in ricostruzioni storiche il nucleo delle quali è sempre rigorosamente inventato, ma senza che tra le invenzioni e la realtà storica venga inserito qualche elemento drammaturgico o visivo che consenta di distinguere la realtà dalla invenzione. In "Sangue pazzo", allo stesso modo che in questo film, la rievocazione della vita di Osvaldo Valenti e Luisa Ferida era perfetta fino al dettaglio. Ma il personaggio del regista amico della coppia e membro della Resistenza era inventato e non trova nessun riscontro nella realtà, nonostante che si sia tentati di identificarlo in Luchino Visconti. Lo spettatore non può che uscirne con le ossa rotte, smarrito e perplesso: entrato nel cinema con il desiderio di ricevere una lezione di storia si ritrova ad uscire stringendo in mano un santino, che in questo caso ha le fattezze di Luigi Calabresi. Che poi Favino, nella parte di Pinelli, e ancora più Mastrandrea in quello di Calabresi siano bravissimi, questo è un altro discorso e spiega come mai questo sia tutto sommato uno dei migliori lavori di Giordana.
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jaylee
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domenica 1 aprile 2012
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“… come i gatti fanno con gli escrementi.”
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Se mai ci fosse stato bisogno di ribadire quanto certe ferite difficilmente possono riemariginarsi completamente, Marco Tullio Giordana ripercorre una delle pagine più dolorose ed oscure della storia italiana del dopoguerra, con la strage di Piazza Fontana.
Di fatto, Piazza Fontana segna la fine delle ondate rinnovatrici degli anni ’60, ed inaugura la stagione dei cosiddetti anni di piombo, che per tanti versi attende ancora molte risposte, spesso oscurate da oltranzismi di stampo quasi-calcistico, anche ai giorni nostri. Giordana sceglie di raccontare questa storia attraverso tre personaggi che uno alla volta pagheranno il prezzo massimo ad un’epoca di follie: Luigi Calabresi (Valerio Mastandrea), commissario della polizia, Giuseppe Pinelli (Pierfrancesco Favino), ferroviere ed anarchico, ed Aldo Moro (Fabrizio Gifuni), uno degli ultimi politici di spessore espressi in Italia.
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Se mai ci fosse stato bisogno di ribadire quanto certe ferite difficilmente possono riemariginarsi completamente, Marco Tullio Giordana ripercorre una delle pagine più dolorose ed oscure della storia italiana del dopoguerra, con la strage di Piazza Fontana.
Di fatto, Piazza Fontana segna la fine delle ondate rinnovatrici degli anni ’60, ed inaugura la stagione dei cosiddetti anni di piombo, che per tanti versi attende ancora molte risposte, spesso oscurate da oltranzismi di stampo quasi-calcistico, anche ai giorni nostri. Giordana sceglie di raccontare questa storia attraverso tre personaggi che uno alla volta pagheranno il prezzo massimo ad un’epoca di follie: Luigi Calabresi (Valerio Mastandrea), commissario della polizia, Giuseppe Pinelli (Pierfrancesco Favino), ferroviere ed anarchico, ed Aldo Moro (Fabrizio Gifuni), uno degli ultimi politici di spessore espressi in Italia. Piuttosto che prendere una parte, il regista sceglie di raccontare Romanzo di Una Strage a capitoli, lasciando che ognuno dei protagonisti ne racconti un pezzo, come un prisma, lasciando che lo spettatore tragga le sue conclusioni. Sono troppe le incongruenze per spiegare pienamente come andarono le cose, così come troppo grandi furono le responsabilità e le carenze di chi poteva fare qualcosa per fermare le tremende spirali di morte che scatenò quell’evento.
Emblematica una scena dove Aldo Moro presenta al presidente Saragat il dossier di una contro-inchiesta che di fatto denuncia una strategia del terrore messa in atto da una parte del sistema politico, arrivando persino ad un tacito accordo per evitare la guerra civile. “vi costringeremo a coprire tutto… come i gatti fanno con gli escrementi”. Similitudine perfetta nel riferimento alla sporcizia annidata in certi cuori.
Molto bello il modo con cui viene raccontato il rapporto tra Lugi Calabresi e Giuseppe Pinelli, contrapposti sulle due sponde, ma accomunati dalla sincerità di fondo che hanno le persone pulite, e che ognuno finisce col riconoscere nell’altro, sfociando in una relazione di rispetto… Tanto che la tragica e mai risolta scomparsa di Pinelli sarà per Calabresi motivo di tormento, e la spinta alla ricerca di una verità scomoda. Molto evocativa l’immagine in cui i due si scambieranno un libro, Antologia di Spoon River e Mille Milioni di Uomini, sintesi delle ragioni dell’uno e dell’altro.
Il film di Giordana rappresenta ottimamente il nostro cinema, ben diretto sia nelle ricostruzioni di un’epoca dolente, sia nelle interpretazioni. Nota di merito per la recitazione dei 3 protagonisti, ognuno a modo suo convinto di giocare al meglio una partita sporca, ma non sempre dalla parte giusta. Ma anche per le mogli di Pinelli (Michela Cescon, bravissima) e Calabresi (Laura Chiatti), che nella loro dignità rappresentano una testimonianza di un messaggio di giustizia e rispetto per tutti gli innocenti, di qualunque parte siano, per quelli che se ne vanno e per quelli che rimangono in questa povera nazione.
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immanuel
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sabato 31 marzo 2012
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un film che fa luce sullo stragismo di stato
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Il film di Giordana serve a imbastire pezzi di storie di individui, di fatti per ritessere la trama della memoria. Registi coraggiosi come Marco Tullio Giordana o anche Paolo Sorrentino, ci aiutono a ricostruire la storia di quegli anni occultati dai nebbiogeni della dimenticanza, per non dire dell'oblio, resi indecifrabili dai depistaggi, dalle mille piste intersecate o divergenti tra loro, dalla censura, dalla collusione, dalla reticenza e dall'ipocrisia. La strage di Piazza Fontana segnò l’inizio della strategia della tensione e una pietra miliare nello stragismo di stato, quella lunga stagione di delitti e massacri, sui quali incombe l’ombra della responsabilità di segmenti paralleli (sotterranei) dello stato, che costituiscono i passaggi più tragici e delittuosi della nostra storia repubblicana.
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Il film di Giordana serve a imbastire pezzi di storie di individui, di fatti per ritessere la trama della memoria. Registi coraggiosi come Marco Tullio Giordana o anche Paolo Sorrentino, ci aiutono a ricostruire la storia di quegli anni occultati dai nebbiogeni della dimenticanza, per non dire dell'oblio, resi indecifrabili dai depistaggi, dalle mille piste intersecate o divergenti tra loro, dalla censura, dalla collusione, dalla reticenza e dall'ipocrisia. La strage di Piazza Fontana segnò l’inizio della strategia della tensione e una pietra miliare nello stragismo di stato, quella lunga stagione di delitti e massacri, sui quali incombe l’ombra della responsabilità di segmenti paralleli (sotterranei) dello stato, che costituiscono i passaggi più tragici e delittuosi della nostra storia repubblicana. Fatti che in pochi, se non gli addetti ai lavori o pochi irriducibili partigiani della verità conoscono e che il film di Giordana aiuta a ricostruire con sapiente regia, geometrica accuratezza e efficace parenesi. Le prime scene ci riportano direttamente nel clima di quegli anni sul finire degli anni sessanta: il paese paralizzato dagli scioperi e scosso dalla battaglia intorno al riconoscimento della tutela del lavoro (la questione dell’art. 18 tanto attuale), le violenze di piazza e gli scontri tra forze dell’ordine, studenti e lavoratori, il clima di tensione politica (con l’accesa rivalità tra centro sinistra e pci). Giordana traduce gli spettatori direttamente negli ambienti, nei milieu polverosi, intrisi di fumo della politica di quegli anni, affrescando con icastico realismo le conventicole anarchiche, bazzicate dagli anarchici valpreda e pinelli, i raduni fascisti e le celebrazioni della “gloriosa” Xa flottiglia mas con il loro carico di eversione (in continuità con quello che sarà il” golpe borghese”), il radicalismo comunista dei Gap guidati da Feltrinelli, altrettanto sovversivo, inneggiante alla lotta armata e all’imminente sovversione operaia. La figura dell’enigmatico indagatore Calabresi calca con prepotenza la scena fino ala scena del cadavere riverso sull’asfalto, alla fine, immagine del dell’uccisione della verità e di una giustizia tradita, tabe dello stato. La mistica tensione di Moro verso la ricostruzione dei fatti, l’accertamento delle responsabilità, la condanna di un candido, di uno ieratico pensatore, delle degradazioni, della corruzione, delle deviazioni pericolose di pezzi dell’apparato statale e della stessa politica, che mettono a rischio financo la tenuta democratica del paese. Un’Italia lacerata dalle contraddizioni, sporcata dal sangue di vittime innocenti, dove la giustizia muore e la battaglia impari per l’accertamento dei colpevoli non porta che ad assolverne altri e altri ancora che si aggiungono al lungo memorandum degli impuniti. Degli impuniti di stato.
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margheritaconwurstel
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martedì 10 aprile 2012
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la verità è che non sappiamo la verita
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"Romanzo di una strage" di Marco Tullio Giordana ha come proposito ambizioso la ricostruzione della vicenda che va dalla strage di piazza Fontana, 12 dicembre 1969, all’uccisione di Luigi Calabresi, 17 maggio 1972. Il film si ispira al libro "Il segreto di Piazza Fontana" di Paolo Cucchiarelli dal quale tuttavia si discosta per alcuni significativi punti. Premessa fondamentale di un ipotetico libretto di istruzioni per l'approccio alla visione della pellicola è quella di non aspettarsi assolutamente che un film riesca dove la giustizia italiana ha miseramente fallito. I titoli di coda recitano infatti "Alla fine tutti risulteranno assolti, la strage di piazza Fontana per la giustizia italiana non ha colpevoli.
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"Romanzo di una strage" di Marco Tullio Giordana ha come proposito ambizioso la ricostruzione della vicenda che va dalla strage di piazza Fontana, 12 dicembre 1969, all’uccisione di Luigi Calabresi, 17 maggio 1972. Il film si ispira al libro "Il segreto di Piazza Fontana" di Paolo Cucchiarelli dal quale tuttavia si discosta per alcuni significativi punti. Premessa fondamentale di un ipotetico libretto di istruzioni per l'approccio alla visione della pellicola è quella di non aspettarsi assolutamente che un film riesca dove la giustizia italiana ha miseramente fallito. I titoli di coda recitano infatti "Alla fine tutti risulteranno assolti, la strage di piazza Fontana per la giustizia italiana non ha colpevoli." Alcune "verità", stando alle infinite carte processuali, vengono tuttavia disattese ed è forse questo il rimprovero più grande che si può muovere al regista. Quel poco di certo che con tanta fatica si era faticosamente conquistato rischia d'esser messo nuovamente in discussione. L'utilizzo della parola "Romanzo" nel titolo funge, però, da parziale scusante.
Merito indiscutibile del film è quello di porre sotto l'attenzione di tutti, soprattutto dei più giovani, a 43 anni dall'accaduto, una delle ferite più gravi sofferte dalla nostra Repubblica. Quasi persa la speranza di verità, quantomeno non si perda il ricordo.
Il regista per ricostruire la vicenda si affida a tre personaggi su tutti: Giuseppe Pinelli, ferroviere ed anarchico (Pierfrancesco Favino), Luigi Calabresi commissario della polizia (Valerio Mastandrea) ed Aldo Moro (interpretato da un somigliantissimo Fabrizio Gifuni). Interpretazioni sublimi. ricche di umanità e che entrano in punta di piedi nella memoria di ognuno per rimanerci. Tre giusti, come rappresentati da Giordana, che pagheranno con la vita colpe non proprie. Tra depistaggi, infiltrati e piste trascurate la ricerca della verità tenterà, non riuscendoci (e daltronde come avrebbe potuto), di fare luce laddove purtroppo ancora oggi regna il buio. Consigliato, a tutti.
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steelybread
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venerdì 30 marzo 2012
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la meglio gioventù è cresciuta.
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Uno dei momenti più tragici della storia italiana del dopoguerra, raccontato con attenzione e misura in un ambientazione fredda e grigia come lo erano quei giorni. La solitudine di tre uomini così diversi tra loro che a breve verranno consegnati alla storia come martiri di quegli anni infami. Moro il politico, Pinelli l'anarchico, Calabresi lo "sbirro", così diversi tra loro ma così uniti da un unico ideale di giustizia sociale e politica che li porterà a capire tutto, in un momento storico in cui la paura doveva coprire e giustificare tutto. La paura del comunismo tanto cara agli americani, dei quali si profila l'ombra dietro quegli episodi tragici, sembra imporre scelte assurde: infiltrare neofascisti tra gli anarchici, sui quali far poi ricadere la paternità degli attentati compiuti dai primi, il tutto orchestrato e armato dai servizi segreti militari italiani.
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Uno dei momenti più tragici della storia italiana del dopoguerra, raccontato con attenzione e misura in un ambientazione fredda e grigia come lo erano quei giorni. La solitudine di tre uomini così diversi tra loro che a breve verranno consegnati alla storia come martiri di quegli anni infami. Moro il politico, Pinelli l'anarchico, Calabresi lo "sbirro", così diversi tra loro ma così uniti da un unico ideale di giustizia sociale e politica che li porterà a capire tutto, in un momento storico in cui la paura doveva coprire e giustificare tutto. La paura del comunismo tanto cara agli americani, dei quali si profila l'ombra dietro quegli episodi tragici, sembra imporre scelte assurde: infiltrare neofascisti tra gli anarchici, sui quali far poi ricadere la paternità degli attentati compiuti dai primi, il tutto orchestrato e armato dai servizi segreti militari italiani. Una tesi avvincente, forse probabile, sicuramente coraggiosa. Un intera generazione di bravi attori italiani risponde alla chiamata di Giordana, interpretando ogni ruolo con umiltà e senza virtuosismi inutili, dimostrando una volta per tutte che nel cinema italiano sono le idee ed il coraggio di rischiare a mancare, non gli interpreti. Verrà giustamente proiettato nelle scuole, ma sarà su chi era studente in quegli anni che avrà l'impatto maggiore.
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joker 91
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sabato 31 marzo 2012
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ottimo film
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Un film che finalmente dimostra un cinema italiano sempre più in ripresa.
Un cast eccellente,su tutti Mastrandrea ed anche Favino,la regia di Giordana è esperta nel raccontare quella strage ancora oggi senza colpevoli. Il regista della meglio gioventù racconta la vicenda con occhio storico nel modo migliore possibile,vale la visione ma di certo non è un film per tutti
[+] un film per tutti- soprattutto per i piu' giovani
(di tulipanorosso)
[ - ] un film per tutti- soprattutto per i piu' giovani
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il poeta marylory
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domenica 1 aprile 2012
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romanzo di una strage è un film vero che mette a n
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Romanzo di una strage è un film vero che mette a nudo la politica di quel periodo, quando, dopo il boom economico (miracolo Italiano)dei primi anni sessanta, la classe non solo politica voleva stazionarsi ai posti comando.
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Romanzo di una strage è un film vero che mette a nudo la politica di quel periodo, quando, dopo il boom economico (miracolo Italiano)dei primi anni sessanta, la classe non solo politica voleva stazionarsi ai posti comando... come sta succedendo ora 2012.).. Oltre al nascere dei sessantottini, erano presenti nello scenario politico di protesta anche gli anarchici, i quali si contrappongono ai movimenti di estrema Destra, foraggiati dal potere dei “Revanscisti”.
A Presidente della Repubblica Italiana c'è uno scialbo Saragat che i poteri forti potevano girarlo come volevano...
Nel 1968, cade il Governo Aldo Moro, subentra il Governo Mariano Rumor, destra DC, Emilio Colombo (Tesoro), Franco Restivo (Interni), e Ministro degli Esteri è Aldo Moro, di cui nel film, il regista M.T. Giordana dà una rappresentazione non del tutto corrispondente alla personalità dello Statista.
Il film mette a nudo la realtà di quel periodo confuso, pericoloso, in cui furbi e furbetti fanno pagare il conto agli innocenti e alla Società.
Dal film si staglia la stima tra l'anarchico Pinelli che aspira a una Anarchia matura e la bella figura del servitore della Democrazia, il Commissario Luigi Calabresi, i quali vengono eliminati dalla stessa matrice che guarda in faccia solo al Potere spianando la strada a morti innocenti: in nome della RAGION di STATO!
Un film da portare subito in TV, nelle scuole, affinché i martiri non siano vissuti invano...
Un film che a suscitato l'applauso spontaneo di molti spettatori.
Lorenzo Pontiggia il Poeta marylory
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lillibeccaria
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sabato 7 aprile 2012
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un film perfetto
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Per i giovani nati dopo il 1969 può godersi un film storico, eccezionale, interessante e perfino commovente. Buoni sentimenti e la verità storica italiana. Grande regista e bravissimi tutti gli attori.
[+] e' vero.
(di marezia)
[ - ] e' vero.
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