Romanzo di una strage |
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Un film di Marco Tullio Giordana.
Con Valerio Mastandrea, Pierfrancesco Favino, Michela Cescon, Laura Chiatti, Fabrizio Gifuni.
continua»
Drammatico,
durata 129 min.
- Italia 2012.
- 01 Distribution
uscita venerdì 30 marzo 2012.
MYMONETRO
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La strage di Piazza Fontana narrata con ardore.
di Great StevenFeedback: 70028 | altri commenti e recensioni di Great Steven |
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lunedì 2 giugno 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
ROMANZO DI UNA STRAGE (IT-FR, 2012) diretto da MARCO TULLIO GIORDANA. Interpretato da VALERIO MASTANDREA – PIERFRANCESCO FAVINO – MICHELA CESCON – LAURA CHIATTI – FABRIZIO GIFUNI – GIORGIO COLANGELI – OMERO ANTONUTTI – LUIGI LO CASCIO § A Milano, il 12 dicembre 1969, esplode una bomba alla Banca Nazionale dell’Agricoltura, provocando 17 morti (a cui il film è stato dedicato) e 88 feriti. La Questura – impersonata dal commissario Luigi Calabresi e dai suoi superiori – apre un’inchiesta decidendo di seguire la pista anarchica. Fra i sospettati c’è Giuseppe Pinelli il quale, dopo 72 ore di digiuno e insonnia, nella notte del 15 dicembre precipita dalla finestra dell’ufficio di Calabresi, in quel momento assente. Nel frattempo due giudici di Treviso sventano un gruppo di giovani neonazisti, coperti e infiltrati dai servizi segreti, capitanati da Giovanni Ventura e Franco Freda: e si tratta degli autori della strage, della quale era stato ingiustamente incolpato l’anarchico Pietro Valpreda. Segnalato dai componenti di Lotta Continua come il responsabile della morte di Pinelli, il 17 maggio 1972 Calabresi viene ammazzato sotto casa. Dopo Sanguepazzo del 2008, Giordana ritorna a parlare della cronaca e della storia italiane, adottando un taglio documentaristico e pragmatico che non nasconde le intenzioni polemiche nei confronti dei personaggi che popolano queste pagine oscure – dalla presa di potere del fascismo agli anni di piombo, dalla strategia della tensione a Tangentopoli – facenti parte delle vicende intricate e complesse di un Paese che ancora si sta portando dietro le conseguenze di un passaggio incespicante e non ancora compiuto dal totalitarismo alla democrazia: quella vera, pura e completa, quale la auspicavano e mettevano in atto gli antichi Greci per il governo delle loro numerose polis. La regia di M. T. Giordana segue l’evolversi della vicenda storica nelle sue apparenze di drammaturgia seria e opaca, eppure finisce per dare un tocco mirabile e lodevole di dignità ed eroismo a figure che cercano di deviare dalle lotte clandestine, sanguinarie e violente per cambiare il volto politico di un Paese ricco più che mai di contraddizioni e dissidi intestini che ancora oggi lo dilaniano senza tregua, conferendo dunque al film, premiato con 3 David di Donatello (attrice non protagonista, attore non protagonista, effetti speciali visivi), una parvenza quanto mai sincera e realistica di attualità mordente e graffiante. Scritto dagli inossidabili Stefano Rulli e Sandro Petraglia, che non lesinano idee filo-democristiane e socialisteggianti per imbastire una sceneggiatura che insegua spasmodicamente il concetto di verità, che nella pellicola è sviscerato trasversalmente in più occasioni, senza mai giungere ad una conquista piena e soddisfacente. Ma è il busillis attorno a cui ruotano le storie che si intrecciano fino a confluire nei processi che abbondano nella seconda metà del film, in cui compaiono anche brevemente Luca Zingaretti nei panni di un medico-testimone e Francesco Salvi come autista privato. Il controverso volume di Paolo Cucchiarelli Il segreto di Piazza Fontana, edito nel 2009, ha posto le basi come ispirazione per scrivere il copione, e non ha dimenticato di esporre tre fatti che aiutano a comprendere la natura denunciante e accusatoria di questo piccolo capolavoro di dramma machiavellico all’insegna della cronaca più nera e spietata: 1.) i personaggi “storici”, a diverso livello di peso; 2.) a sinistra, e non solo estrema, era diffusa la denominazione di “strage di Stato”; 3.) i materiali sull’evento delittuoso, anche quelli giudiziari, erano spesso ingarbugliati e mutevoli. La recitazione degli attori è genuina e più che appagante, a cominciare dal superbo Favino (Pinelli), per poi passare al coerente Mastandrea (Calabresi) e all’accattivante e cicaleggiante Cescon (Licia Pinelli). Personaggio non approfondito e mal analizzato è la signora Calabresi della Chiatti, ma in compenso c’è uno straordinario Gifuni (Aldo Moro crepuscolare, godibile come una bibita fresca davanti a un tramonto) e un misurato, platonico e misericordioso O. Antonutti nel ruolo del presidente della Repubblica Giovanni Leone. Questo lavoro operato a più mani e ideato da molte teste intelligenti e competenti è propenso a discolpare il commissario Calabresi, ma la sua corresponsabilità effettiva nelle 72 ore dell’interrogatorio di Pinelli viene abilmente occultata. La distribuzione è stata affidata a 01. Decisamente non meritato e addirittura biasimevole e criticabile lo scarso successo di pubblico, che in Italia continua a premiare sempre meno i masterpieces del cinema d’autore.
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