Titolo originale | For No Good Reason |
Anno | 2012 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Gran Bretagna, USA |
Durata | 89 minuti |
Regia di | Charlie Paul |
Attori | Johnny Depp, Terry Gilliam, Patrick Godfrey, Richard E. Grant, Ralph Steadman Hunter S. Thompson, Jann Wenner, Hal Willner, William S. Burroughs. |
Uscita | giovedì 19 giugno 2014 |
Distribuzione | I Wonder Pictures |
MYmonetro | 2,78 su 2 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 13 novembre 2017
Ralph Steadman ci racconta la sua vita in cinquant'anni di creazioni, intervistato anche da Johnny Depp, suo più recente sodalizio. Al Box Office Usa Per nessuna buona ragione ha incassato 13,2 mila dollari .
CONSIGLIATO SÌ
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Johnny Depp fa da nocchiero e da narratore per guidarci nello strano mondo di Ralph Steadman, illustratore dallo stile unico e corrosivo, legato principalmente ai lavori per Paura e delirio a Las Vegas e le opere di Hunter S. Thompson.
In un documentario è il taglio adottato dal regista in genere a indicare inequivocabilmente la direzione intrapresa, sia essa quella dell'invisibilità di fronte al profilmico, cara a Wiseman, o della biografia più o meno dettagliata, che vuole renderci edotti su qualcosa di sottovalutato se non totalmente ignorato; oppure ancora prospettive più originali, che cerchino vie nuove o inconsuete per introdurre il pubblico al tema discusso. Charlie Paul, al suo debutto, lascia capire ben presto di avere le idee confuse su come procedere, adottando una tecnica espressionista forse - ma è più un auspicio che una sensazione - ispirata a quella pittorica di Ralph Steadman, illustrata con dovizia di particolari, che parte dal dripping di Pollock per trasformarsi in inquietante caricatura grottesca dell'umanità.
Il risultato è un pastiche che si dibatte in troppe direzioni, finendo spesso per smarrire la rotta. Troppo indulgente nei confronti del proprio personaggio e contemporaneamente incapace di soffermarsi sui suoi lati più interessanti, il regista spezza il flusso narrativo à rebours per far recitare a Steadman la dichiarazione di indipendenza o per fargli raccontare alla macchina da presa la straordinarietà di Leonardo Da Vinci. Concessioni a passioni dell'artista che si traducono in scelte anti-narrative, che finiscono per restituire l'impressione di vuoti da riempire, come se quanto mostrato non fosse abbastanza per farci comprendere la straordinarietà di Steadman.
Analogamente alla presenza di un timido Johnny Depp, che parla pochissimo, annuisce e avalla il lavoro di Steadman, come a fornire quell'imprimatur di qualità che possa servire da volano per il documentario. La presenza di Terry Gilliam - sostanzialmente un attimo fuggente, congestionata come le altre testimonianze dirette in un formato (spesso in split screen) che fa di tutto per nascondere i contributi esterni ma finisce per evidenziarne ancor più la natura di interviste - insieme a quella di Depp vorrebbe ricondurre alla sua trasposizione del lavoro di Thompson e quindi alla sua idea visiva di gonzo journalism, sovrapponendosi al racconto di quanto effettivamente combinato da Thompson e Steadman in Zaire in occasione dell'incontro Ali-Foreman o al Kentucky Derby, raffigurato come simbolo della decadente depravazione del Sogno Americano. Lo svolgimento erratico di Paul sembra infine trovare il suo scopo quando "inciampa" in nuove trovate di Steadman - il lavoro di pittura sulle polaroid, che distorce la realtà fotografata per esaltarne il lato più vero, servendosi della caricatura - o quando rivela stralci inediti del difficile rapporto tra l'artista e Hunter Thompson, ma restano frammenti pregevoli di un progetto disomogeneo al di là di quanto voluto.
La scelta della colonna sonora, infine, che indulge in un inspiegabile hard rock commerciale - Slash, The All-American Rejects e Jason Mraz - e risulta immediatamente enfatica e fuori luogo, rappresenta il sintomo più evidente dell'inadeguatezza di Paul a gestire la materia preziosa a sua disposizione. Ma, nonostante i molti difetti, a Per nessuna buona ragione resta il merito di aver spostato i riflettori su un personaggio emblematico della controcultura americana, che avrebbe rischiato l'oscuro destino del dimenticatoio.
Ci vuole una bella faccia tosta a spacciare Iohnny Depp per il protagonista di questo barboso semidocumentario. Come dire che Catarella è il perno della serie di Montalbano. Depp ha solo una particina, nel ruolo di un timido e defilato intervistatore del famoso (?) vignettista inglese Ralph Steadman, che interpreta se stesso. Le belle musiche folk e i movimentati flashback sulla vita spericolata del [...] Vai alla recensione »