Anno | 2011 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Francia |
Durata | 110 minuti |
Regia di | Cédric Kahn |
Attori | Guillaume Canet, Slimane Khettabi, Leïla Bekhti, Nicolas Abraham, Arnaud Ducret, Abraham Belaga Brigitte Sy, Annabelle Lengronne. |
MYmonetro | 2,87 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 29 marzo 2019
Yann e Nadia decidono di coronare il loro sogno di aprire un ristorante nonostante debbano affrontare numerose difficoltà. Il film è stato premiato a Roma Film Festival,
CONSIGLIATO SÌ
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Chef poco realizzato nel lavoro, Yann si innamora della libanese Nadia, cameriera con figlio decenne a carico, insieme alla quale decide di trasformare in ristorante una costruzione abbandonata nei pressi di un lago distante un'ora da Parigi. Del tutto priva di risorse economiche, l'affiatata coppia chiede prestiti e finanziamenti a banche e istituti di credito per portare a compimento il progetto, con la conseguenza di finire quasi subito sul lastrico. Sull'orlo della disperazione, Nadia accetta un lavoro a Montreal mentre Yann rimane in Francia, per cercare di salvare il salvabile, in compagnia del bambino di lei, in attesa di raggiungere la madre una volta che quest'ultima avrà trovato una sistemazione certa.
Qualunque argomento affronti, Cédric Kahn tende ad un cinema corposo e consistente, ricco di materiali e sottolineature nella sua continua oscillazione tra ambizioni d'autore e cadenze di genere. Dopo le ellissi della prima parte, in cui i personaggi sembrano dirigersi verso quella vita migliore indicata dall'antifrastico titolo, lo stile denso del cineasta francese inchioda Yann e Nadia ad un'afflizione senza apparente via di fuga. Ritratto realista di due giovani che tentano di emanciparsi da una situazione di stallo attraverso un sogno, ma si scontrano con una realtà più dura di quanto potessero immaginare, questa pellicola scissa in almeno tre parti ha momenti di bella intensità - specialmente nel rapporto tra l'uomo e il bambino - misti ad una tenace ridondanza drammatica in alcuni passi troppo eccedente. Soprattutto la toccante interpretazione di Guillaume Canet, che disegna con inappuntabile credibilità un buono contro cui si abbatte qualsiasi tentativo di mantenere la propria dignità morale, tiene salda la progressione narrativa, creando un'empatia di ferma presa con chi assiste alle sue disavventure. Escluse tutte le possibilità moralmente accettabili di scampare all'accanita morsa della società in cui suo malgrado si trova a vivere, l'uomo fuoriesce dal proprio percorso e agisce d'istinto al fine di ricongiungere gli affetti di una madre e di un figlio. Oppure di un'intera famiglia. Sufficientemente credibile nel disegno di un'umanità ai margini, invisibile eppure dignitosa, è un film sul cinismo della quotidianità e sull'assenza del riscatto che lavora a più livelli sul concetto della sopportazione, non solo dei protagonisti. Dietro alla vicenda privata si nasconde l'ambizione di un più vasto discorso sociopolitico.