Titolo originale | Jao nok krajok |
Anno | 2010 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Tailandia |
Durata | 82 minuti |
Regia di | Anocha Suwichakornpong |
Attori | Arkaney Cherkam, Paramej Noiam, Anchana Ponpitakthepkij, Phakpoom Surapongsanuruk . |
MYmonetro | 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 14 luglio 2016
Già vincitore del Festival di Rotterdam 2010, un film intenso in bilico tra le difficoltà quotidiane e l'infinità del cosmo.
CONSIGLIATO SÌ
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Dopo un grave incidente, il giovane Ake resta paralizzato dalla vita in giù e viene affiancato da Pun, un tenace e discreto infermiere che lo aiuta nei piccoli gesti quotidiani. All'inizio il loro rapporto è improntato a una fredda diffidenza, accentuata dalle profonde differenze sociali e caratteriali. Come nota l'infermiere, Ake ha una bella e grande casa, ma tutti lì sembrano senz'anima. Al contrario, Pun proviene da un contesto povero di mezzi ma ricco di affetti. Pian piano, il gelo tra i due uomini si scioglie e vengono a galla affinità e similitudini inaspettate.
L'esordio alla regia del thailandese Anocha Suwichakornpong è un debutto che procede lentamente, per gradi e progressivi disgeli, proprio come la relazione tra i due protagonisti. Un film che preferisce gli sguardi, i non detti e i silenzi densi di significato alle parole, ma che regala accelerazioni improvvise, sospinte dalla colonna sonora rock e da inserti del montaggio apparentemente decontestualizzati. Le sequenze vagamente malickiane sul cosmo, che rendono onirica la seconda metà del film, gli attribuiscono un senso ben più ricco e alto di quello che potrebbe trapelare nella prima parte, conferendo ai tentativi di avvicinamento tra il giovane sfortunato e il suo infermiere il valore di una meditazione sulla ricerca del proprio posto nel mondo. Una ricerca che spesso si scontra con un destino avverso, con le difficoltà materiali e affettive e con le frustrazioni dovute ad aspirazioni fallite. Ma ciò che affievolisce di più la luce emanata da una stella che potrebbe brillare ardentemente è la paura. La paura di affrontare gli ostacoli che ci separano dalle ambizioni, di mettere alla prova la nostra forza di volontà e i nostri limiti. Lo comprende l'infermiere, mentre prova a scalfire l'amaro cinismo e la barriera di silenzio con cui il suo giovane assistito si schermisce da quel mondo in cui non può più giocare un ruolo da protagonista. E mentre Pun aiuta Ake a non soccombere al proprio destino e a trovare la forza di non rinunciare ai propri sogni, mette a fuoco la propria vita e le proprie aspirazioni mancate.
Il regista scruta questa storia colma di dolore trattenuto con sensibile delicatezza, in punta di piedi, con lo stesso rispetto dignitoso con cui l'infermiere tratta il giovane paralizzato. Prima di far deflagrare questo lento percorso di accettazione in un'ode all'universo e al suo ciclo vitale di nascita e morte, con la stessa violenza energetica emanata dell'esplosione di una supernova. E con una sequenza finale che pone domande e arricchisce il significato complessivo del film, pur correndo il rischio di slegarsi troppo dall'oggetto della narrazione.