Amori gay, amori etero è solo questione di famiglia
di Natalia Aspesi La Repubblica
Il vedovo inconsolabile si è rifugiato in una selvaggia villa abbandonata al caos della natura, gli amici lo rintracciano, cercano di separarlo dal dolore riempiendogli la casa, obbligandolo a occuparsi di loro. Lui non ha mai pianto ma, all'alba, in solitudine, tentato dal suicidio davanti al mare arrossato dal primo sole, finalmente piange tutta la desolazione dell'abbandono; della perdita inaccettata di quel ragazzo bello e gentile con cui viveva da sette anni.
Il compagno di vita con cui aveva costruito serenità, quotidianità, amore, futuro, cancellato per sempre dalla morte. Sarà più totale, o fatale, o estremo, o virtuoso o fedele oltre la morte, l'amore omosessuale (Gilbert & George?) o quello tra un uomo e una donna (Sartrede Beauvoir?)? Il primo certamente. Almeno nella storia che Ferzan Ozpetek racconta nella sua sesta opera, dal titolo astrologico Saturno contro: il film più gay del nostro cinema prudente. Il suo film più gay, perché invaso non dal sesso ma dai sentimenti, non dalla passione bruciante e crudele ma dall'amore generoso e duraturo.
Saturno contro pare fatto apposta per mettere in imbarazzo i casinisti che da settimane straparlano attorno all'eventualità, vade retro Satana, di dare un riconoscimento legislativo alle persone conviventi non sacralizzate dal matrimonio: «Nel film non parlo volutamente di politica, ma ringrazio la Bindi e la Pollastrini, non a caso due donne, che hanno fatto un disegno di legge importante». Certo difficile non considerare una coppia da manuale, da indicare come esempio a tutti gli sposati immusoniti, fedifraghi, delusi o furibondi, quella composta dallo scrittore di successo Pierfràncesco Favino ("Romanzo criminale") e dal giovane pubblicitario Luca Argentero ("Grande Fratello" 2003): ognuno ha il suo lavoro, hanno messo su casa insieme, dormono insieme, insieme vanno al supermercato, i loro vestiti si confondono negli armadi ordinati, la casa è perfetta, hanno gli stessi amici, si parlano, si proteggono, si amano: castamente, ovvio, perché Ozpetek è un regista, e una persona, molto pudica. La vita di questo piccolo nucleo che, spiace per gli anti Dico, appare come una vera, solida famiglia per bene, s'intreccia con quella degli amici, s'esalta e conforta con le cene conviviali nella grande cucina (quella vera di Opzetek).
«È dall'adolescenza che porto con me questo bisogno di avere sempre attorno le persone care, di occuparmi di loro, di contare sull'aiuto reciproco. La mia era una famiglia spregiudicata, dominata dalle donne. Alla nostra tavola, nella nostra grande casa di Istanbul, c'erano, tra armonia e scenate, mia madre e mio padre che pur essendo divorziati, vivevano insieme, c'era il primo marito di mia madre con la sua nuova moglie, c'erano i figli di tutti. È questo ricordo che m'impedisce di separarmi dalle persone e dalle cose. Io accumulo gli affetti, non mi stacco dagli amori finiti e neppure dagli oggetti». È il bel compagno di Davide (Favino), Lorenzo (Argentero), che ha Saturno mortalmente contro e s'accascerà in coma per un'emorragia celebrale, a esprimere questa paura di perdita e solitudine. Dice: «Non voglio sorprese, voglio che tutto rimanga come adesso, con i nostri amici, per sempre».
Tra gli amici delle cene abituali c'è la coppia composta da Margherita Buy, psicologa antifumo, e Stefano Accorsi, bancario, genitori di una figliolina dominatrix che spadroneggia sul mite fratellino. Dove c è etero c'è caos. Scena che ci si augura nessuna copia debba vivere davvero: a etto, teneramente abbracciati, il marito dice «Sono innamorato», la moglie contentissima, peccato che quello sia il modo villano di rivelarle che c'è un'altra. E non si può dargli torto perché la fioraia di lusso Isabella Ferrari ("Amatemi" al cinema, "Distretto di polizia" in tv), è riuscita a turbare lo stesso Ozpetek. «Credo che sia lei la protagonista della scena più erotica che abbia mai girato, anche se non ci sono né nudi né sesso». Infatti, nella piazzetta romana vociante, in pieno giorno, i due amanti s'avviano verso l'antro in cui faranno l'amore camminando lentamente, in silenzio, senza sfiorarsi, senza guardarsi, e sotto un modesto golfino grigio ondeggia il seno di lei, come non se ne vedono più, causa reggipetti blindati e chirurgia marmorizzante: e anche lo spettatore freme, preveggente.
Davvero, tempo fa, un amico carissimo di Ozpetek restò in coma in ospedale per giorni e, come nel film, il gruppo di amici non lo lasciò mai solo un momento: e il regista, negando qualsiasi riferimento ai Pacs, fa però dire a un infermiere: «Voi siete amici, non parenti, quindi non contate nulla».
Con suo padre, ricco costruttore turco, morto un paio d'anni fa, Ozpetek ha avuto un rapporto difficile, non è mai riuscito a confidarsi con lui. Nel film è il padre di Lorenzo (Luigi Diberti) ad averlo rifiutato. Ma con la sua morte, capisce quanto sia stato felice accanto a un uomo, privo di qualsiasi diritto legale ma forte del diritto degli affetti, e lascia che disponga delle spoglie come suo figlio e il suo compagno, insieme, avevano deciso. Gli attori sono tutti molto bravi nei personaggi schematici di sfigati, cui sono affidate le battute da commedia brillante. Dialogo tra la cinerivelazione Ambra Angiolini, ex ragazzina di "Non è la Rai", viso bello e intenso, e l'infermiera Milena Vukovic: «Io mi drogo». «Io faccio l'uncinetto. Lei di cosa si fa?». «Di tutto meno che d'eroina». «Io faccio soprattutto centrini». Tra Lunetta Savino e Ennio Fantastichini: «Lei è gay?». «No, sono frocio». «Credevo fosse la stessa cosa». «Si, ma io sono all'antica».
Serra Yilmaz è stata l'interprete ufficiale di Papa Ratzinger nel suo recente viaggio in Turchia: essendo lei l'attrice feticcio di Ozpetek, sempre a proteggere le coppie gay come anche in questo film, il pontefice ha dimostrato in quell'occasione una cristiana generosità, che poi gli deve essere sfuggita.
Da La Repubblica, 21 febbraio 2007
di Natalia Aspesi, 21 febbraio 2007