gilmour
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giovedì 10 maggio 2007
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la magia è finita..
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Babel non è un terzo capitolo di una saga, è solo un tentativo di imbrogliare il pubblico con la formula vincente dei due predecessori. Ottimo il tema, interessante,ma legato in modo quasi ridicolo. Il filo conduttore è una boiata, cioè, Amores Perros in confronto è meraviglioso, al termine sei sorpreso, qui le cose te le aspetti in un modo o nell'altro. Inarritu si è hollywoodianizzato, si vede dalle immagini, dalla fotografia (abbandonata quella dei predecessori). Io sono stato affascinato solamente dalla scena di Bradd Pitt al telefono in ospedale, favoloso, si è riconfermato un grande attore. Tra i pochi pregi c'è quello delle straordinarie performance degli attori. Consigliato comunque a tutti, sembrerà un gran film, ma Amores Perros è più terreno, sanguinoso, vero e maledettamente bello.
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marco
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lunedì 19 marzo 2007
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dolore svenduto
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Storie di ordinaria sofferenza e d'incapacità comunicativa che si incrociano a voler formare un mosaico universale e dai richiami biblici, spiattelati già a partire dal titolo. Almeno questo è il presupposto di partenza assai ambizioso. Ma questo Babel altro non è che un copia-incolla spudorato dei due film precedenti di Innaritu, seppure presenti qualche variazione minima. Ma stavolta l'arroganza trabordante del regista è ancora più manifesta e molesta rispetto ai lavori precedenti e invade la pellicola per tutta la sua estenuante durata. Una leziosità fine a se stessa che vorrebbe essere funzionale al coinvolgimento dello spettatore, ma alla lunga finisce inevitabilmente con l'infastidire e sfiancare anche i più pazienti.
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Storie di ordinaria sofferenza e d'incapacità comunicativa che si incrociano a voler formare un mosaico universale e dai richiami biblici, spiattelati già a partire dal titolo. Almeno questo è il presupposto di partenza assai ambizioso. Ma questo Babel altro non è che un copia-incolla spudorato dei due film precedenti di Innaritu, seppure presenti qualche variazione minima. Ma stavolta l'arroganza trabordante del regista è ancora più manifesta e molesta rispetto ai lavori precedenti e invade la pellicola per tutta la sua estenuante durata. Una leziosità fine a se stessa che vorrebbe essere funzionale al coinvolgimento dello spettatore, ma alla lunga finisce inevitabilmente con l'infastidire e sfiancare anche i più pazienti. La struttura narrativa ad incastro che coinvolge tre continenti è poi, oltre che forzatissima e mal congegnata, ricca di incogruenze e parossismi chiaramente intenzionati a suscitare emozione e commozione. Il risultato al contrario più di una volta sfora abbondantemente nel ridicolo e si rivela per quel che è: un tentativo mal riuscito di nascondere una povertà d'idee imbarazzante. Inarritu da una definitiva conferma del suo ruolo di venditore d'aria fritta svenduta per arte; in realtà la sua visione del mondo è banale, stereotipata, leccatissima, ricattatoria e molto furba. In questo mare di mediocrità se non altro si salvano le interpretazioni, alcune delle quali risultano davvero sorprendenti. (Adriana Barraza, Rinko Kikuchi e soprattutto Brad Pitt, insolitamente intenso e in parte) Ma c'è poco altro da salvare in quello che è uno dei film più sopravvalutati del cinema contemporaneo.
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mario scafidi
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mercoledì 9 maggio 2007
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il dolore oltre la trama
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Il cinema Alejandro Gonzales Inarritu segue un suo preciso percorso stilistico e tematico che nemmeno Babel smentisce. Una via di mezzo tra l'eccellente Amores Perros ed l'insipido 21 Grammi, l'ultima pellicola del regista messicano turba, scuote, colpisce ma non riesce a toccare il cuore. Un viaggio senza cinture di sicurezza all'interno del dolore, profondo, straziante, insopportabile. La crudezza di alcune scene distrae dal racconto, dopo il primo tempo lo spettatore rimane guardingo, attento più a prevedere cosa potrà attenderlo nella feroce rappresentazione del dolore, piuttosto che coinvolto nello svolgimento della trama. Babel è un bel film, ha il pregio delle interpretazioni magistrali (tutte al femminile) di Adriana Barraza, dell'intensa Rinko Kikuchi e (nei pur pochi minuti di permanenza davanti allo schermo) della sempre più matura (artisticamente) Cate Blanchett.
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Il cinema Alejandro Gonzales Inarritu segue un suo preciso percorso stilistico e tematico che nemmeno Babel smentisce. Una via di mezzo tra l'eccellente Amores Perros ed l'insipido 21 Grammi, l'ultima pellicola del regista messicano turba, scuote, colpisce ma non riesce a toccare il cuore. Un viaggio senza cinture di sicurezza all'interno del dolore, profondo, straziante, insopportabile. La crudezza di alcune scene distrae dal racconto, dopo il primo tempo lo spettatore rimane guardingo, attento più a prevedere cosa potrà attenderlo nella feroce rappresentazione del dolore, piuttosto che coinvolto nello svolgimento della trama. Babel è un bel film, ha il pregio delle interpretazioni magistrali (tutte al femminile) di Adriana Barraza, dell'intensa Rinko Kikuchi e (nei pur pochi minuti di permanenza davanti allo schermo) della sempre più matura (artisticamente) Cate Blanchett. Colonna sonora incantevole, regia impeccabile.
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anonimo
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martedì 4 marzo 2008
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un film molto bello nonostante alcuni difetti
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il film si apre nel deserto marocchino: un anziano regala un fucile in cambio di una capra e per 500 diram Due giovani figli usano prendono per uccidere dei potenziali sciacalli . Come prassi, l'inizio di ripresa a rocce, una macchina che passa sulla collina di seguito, e, infine, un autobus. Che l'unica cosa che riesce a colpire, arrivando a colpire la spalla di un turista, in quell'esatto istante 4 storie si intrecciano nonostante essare in luoghi opposti del mondo(giappone, marocco, messico). Questo è un film complesso, impegnativo, piuttosto lungo e difficile da seguire, che mostra un affresco esageratamente disperato e tragico Essa si divide in quattro storie, una in Giappone, due in Marocco, e l'ultimo in California, dove una casalinga ha per arrivare a suo figlio di nozze in Messico, ma non ha nessuno a guardare i due figli e la sua cura.
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il film si apre nel deserto marocchino: un anziano regala un fucile in cambio di una capra e per 500 diram Due giovani figli usano prendono per uccidere dei potenziali sciacalli . Come prassi, l'inizio di ripresa a rocce, una macchina che passa sulla collina di seguito, e, infine, un autobus. Che l'unica cosa che riesce a colpire, arrivando a colpire la spalla di un turista, in quell'esatto istante 4 storie si intrecciano nonostante essare in luoghi opposti del mondo(giappone, marocco, messico). Questo è un film complesso, impegnativo, piuttosto lungo e difficile da seguire, che mostra un affresco esageratamente disperato e tragico Essa si divide in quattro storie, una in Giappone, due in Marocco, e l'ultimo in California, dove una casalinga ha per arrivare a suo figlio di nozze in Messico, ma non ha nessuno a guardare i due figli e la sua cura. She decides to take them along, and of course things go sour. Lei decide di prendere loro insieme, e, naturalmente, le cose vanno acido. Un buon cast, grandi recitazioni, notevole anche la regia, tanto che il film a avuto numerose nomination all'oscar, ma di cui solo quella per la collonna sonora è diventata statuetta.
Agli Academy sembra che siano fanatici dei film corali, basta notare la vittoria di Crash nel 2006 per miglior film, ma anche Traffic che si era aggiudicato 4 oscar.
Probabilmente a loro piacciono i film complicati che si intrescano come dei puzzle.
Anche se il film è molto drammatico non è quasi mai commovente, ma piuttosto scorrevole.
un film molto bello nonostante piccoli difetti. Merita 8 su 10
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analuizagelfei
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lunedì 13 agosto 2007
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forzature ricercate e poco efficaci, una delusione
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tremendo davvero
2 ore e 16 minuti di ansia e angoscia pura.
il film è lentissimo, surreale all'inverosimile nonostante non fosse questo il fine del regista e peraltro forzatissimi i legami tra le 4 storie che si intrecciano.
mio caro inarritu, dovevi girare 4 films, non fare questa tremenda accozzaglia in cui ruoli e personalità già scialbe si confondono in un mix poco piacevole, quasi noioso.
voto 2, mi sono rovinata una serata cn gli amici.
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(di andy)
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(di peppe)
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[+] sei proprio una grande intenditrice di cinema....
(di io)
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