so.
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domenica 18 febbraio 2007
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unico tema:
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La solitudine...ovunque. Dal deserto nordafricano a quello messicano...alla (fin troppa)metropoli cinese. Anime inquiete che, in quest'ottimo film, danno il senso reale e toccante di questo malessere. Filo conduttore, un'arma: segno malevolo dei ns tempi..purtroppo. Attori tutti bravi, efficaci e un Pitt che, in questa pellicola, dà il meglio di sè, anzi aggiunge molto di sè...strepitosamente bravo, cm ottima è anche la Blanchett.
Buona fotografia, buona regia e bellissime le musiche inserite.
A mio parere, più di un Oscar se lo porteranno a casa...
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(di so.)
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(di giulio)
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tiamaster
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lunedì 27 agosto 2012
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questo film è qualcosa di raro....
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Non capisco le recensioni negative di certi critici,senza ne capo ne coda,che fanno passare i pregi di un film per difetti.....non importa comunque.probabilmente è autocompiaciamento.Babel è cinema nella sua forma più rara:perfetto,magistralmente girato,interpretato ma sopratutto sceneggiato.La tipica storia di destiniche si incontrano non è mai stata così intricata,geniale quanto ASSOLUTAMENTE CREDIBILE (perchè quando si cerca originalità e intricatezza,finire per creare una storia poco credibile o forzata è facile).Trasmette emozioni in ogni singolo fotogramma:angoscia,gioia,ansia.....una perla.Un film sulla vita ,un'opera che trascende il cinema,semplice e pura emozione.
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Non capisco le recensioni negative di certi critici,senza ne capo ne coda,che fanno passare i pregi di un film per difetti.....non importa comunque.probabilmente è autocompiaciamento.Babel è cinema nella sua forma più rara:perfetto,magistralmente girato,interpretato ma sopratutto sceneggiato.La tipica storia di destiniche si incontrano non è mai stata così intricata,geniale quanto ASSOLUTAMENTE CREDIBILE (perchè quando si cerca originalità e intricatezza,finire per creare una storia poco credibile o forzata è facile).Trasmette emozioni in ogni singolo fotogramma:angoscia,gioia,ansia.....una perla.Un film sulla vita ,un'opera che trascende il cinema,semplice e pura emozione.semplice e puro cinema.
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giorpost
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lunedì 13 novembre 2017
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quanto è difficile comunicare e farsi capire?
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In una remota e desolata landa del Marocco Richard e Susan, due coniugi americani in crisi, stanno viaggiando in pullman con altri turisti, quando lei viene improvvisamente colpita da un proiettile vagante tra spalla e collo; dall'altra parte dell'oceano una tata messicana di nome Amalia si reca -senza il permesso dei datori di lavoro- al matrimonio del figlio nel nord della Bassa California, scortata dal nipote e da due bambini di carnagione chiara e capelli biondi i quali, nel giro di 24 ore, si ritroveranno abbandonati in una zona desertica a metà strada tra Tijuana e San Diego; in Giappone, invece, una giovane giocatrice di volley sordomuta cerca disperatamente di farsi accettare dagli uomini, convinta di non esserne attratta, mentre suo padre -rimasto vedovo- è ricercato dalla polizia di Tokyo perché proprietario di un fucile Winchester usato in una sparatoria in un altro continente.
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In una remota e desolata landa del Marocco Richard e Susan, due coniugi americani in crisi, stanno viaggiando in pullman con altri turisti, quando lei viene improvvisamente colpita da un proiettile vagante tra spalla e collo; dall'altra parte dell'oceano una tata messicana di nome Amalia si reca -senza il permesso dei datori di lavoro- al matrimonio del figlio nel nord della Bassa California, scortata dal nipote e da due bambini di carnagione chiara e capelli biondi i quali, nel giro di 24 ore, si ritroveranno abbandonati in una zona desertica a metà strada tra Tijuana e San Diego; in Giappone, invece, una giovane giocatrice di volley sordomuta cerca disperatamente di farsi accettare dagli uomini, convinta di non esserne attratta, mentre suo padre -rimasto vedovo- è ricercato dalla polizia di Tokyo perché proprietario di un fucile Winchester usato in una sparatoria in un altro continente. Tre storie che ad un primo sguardo appaiono slegate tra loro (visto che si svolgono l'una a migliaia di kilometri di distanza dall'altra) ma che convergeranno in una sorta di scala di Escher all'interno della quale i fatti raccontati sono inevitabilmente interconnessi, senza un'apparente soluzione.
In un vortice di eventi inarrestabili scopriamo che esistono legami (affettivi e non) tra i vari protagonisti e ci accorgiamo di quanto possa essere sottile la linea del destino, anche -e soltanto- per la mancanza di pazienza da parte di qualcuno, vuoi che sia un poliziotto di frontiera, vuoi che si tratti di un gruppo di viaggiatori incapaci di empatia ma (invece) impazienti di far ritorno in albergo a cospetto di una vita in pericolo. Tre drammi diversi che sono, in realtà, tre lati di un triangolo umano, tra lingue, bandiere ed usanze lontane.
Babel (USA, Messico, 2006) è un film corale che per ritmo e concept ricorda Magnolia e Crash, ma dai quali si differenzia per l'ambientazione intercontinentale. La terza opera per il grande schermo di Iñárritu cattura l'interesse specialmente per la nitidezza scenica, grazie alla fotografia del fidato Prieto, ma anche per la bravura degli attori meno noti, tutti perfetti nei rispettivi ruoli. E' chiaro che il regista-sceneggiatore ha voluto raccontarci il suo punto di vista sul linguaggio del corpo e sulle difficoltà di comunicazione: il giovane Santiago che tradisce il suo essere brillo, la giovane Chieco che cerca di comunicare le sue voglie salvo provocare stupore e sconcerto, un padre di famiglia merocchino che cerca di spiegare alla spietata polizia che davvero non sa chi abbia usato quel fucile Winchester, il disperato Richard che prova a far ragionare i connazionali, esortandoli ad attendere l'ambulanza che potrebbe salvare la vita alla moglie...
Delle tre locations oggetto dello svolgimento dei fatti, quella che maggiormente colpisce dal punto di vista umano è senza dubbio la giapponese, dove la bella Rinko Kikuchi è bravissima nel vestire i difficili panni di un'adolescente colpita da una disabilità alienante; facendosi capire con la lingua dei segni, prova in ogni modo a farsi amare, trovando diniego da ogni parte e restando inaspettatamente delusa anche dalla sua migliore amica. In una metropoli sempre più tecnologica quale è Tokyo, la dolce Chieco muove le gesta di una tipica ragazza nipponica che vuole semplicemente divertirsi, avendo sullo sfondo quel caos calmo che normalmente aleggia tra le strade della capitale del sol levante, con la non trascurabile differenza che lei quei suoni non può sentirli. Molto convincente anche il segmento Californiano -sia dalla parte a stelle e strisce che da quella messicana- nel quale troviamo tradizioni tipiche del posto (matrimoni interminabili) e ri-troviamo le solite sequenze di confine, tra guardie sospettose e giovani che hanno sempre qualcosa da nascondere, anche se puliti. In Marocco, centro e fulcro intorno al quale ruotano gli altri pianeti come in un mini-sistema solare, troviamo Brad Pitt e Cate Blanchett disperatamente alla ricerca della felicità perduta a causa della morte del loro ultimo figlio appena nato, restando implicati in qualcosa di più grande di loro, tra un fucile da caccia regalato e dato “in gestione” a due ragazzini sprovveduti e villaggi allo stato brado nei quali il medico del posto risulta essere un veterinario. In un circolo d'azione grande quanto il diametro della Terra, tra lingue diverse e diversi approcci alla vita, scoviamo un secondo filo conduttore nel diverso modo di fare dei poliziotti, a seconda della latitudine: quello sospettoso di frontiera (USA), quello spietato ma in fondo comprensivo (Marocco) e quello buono, gentile e premuroso (Giappone, ovviamente). Una pellicola che riflette il lato animale dell'uomo, senza la parte del grugnito, mostrandoci direttamente il morso: Brad Pitt che distribuisce morsi ovunque pur di salvare la vita della malcapitata moglie; la tata messicana che sa di averla fatta grossa ma fa di tutto per salvare i due ragazzini affidatigli; la giovane asiatica che cerca di mordere la vita nel modo a lei più congeniale, con il linguaggio -inequivocabile- del corpo. E il linguaggio, appunto, è il filo principale che accomuna l'opera in una concentrazione di sforzi (umani e disumani) per raggiungere una non meglio determinata soluzione, una Babele di gesti, sentimenti e risentimenti che sa di amaro e che non addolcisce nemmeno un poco nonostante le vite (quasi tutte) salvate.
Bellissima la sequenza finale, con una ragazza completamente nuda stretta al padre sul balcone all'ultimo piano di un grattacielo, con Tokyo sullo sfondo, vera Babele di suoni, luci e colori.
Voto: 8
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ittoilg
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mercoledì 1 novembre 2006
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intrecci
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Una squenza di immagini intrecciati da una realtà fatta di solitudine uniti dal dolore, dove i personaggi vivono la loro vita legati da un intreccio, dal Marocco al Giappone, dove una coppia per ristaurare il rapporto matrimoniale sono conivolti da un insolito destino.
L'unico elemento in comune in questa realtà multietnica e Globbale... rimane coinvolta dallo sparo di un Fucile.
Un intreccio ben costruito come gli stessi personaggi vivono il loro dolore e la solitudine, con l'epiligo di una ragazza sordomuta che vive una realtà la sua in una Metropoli dove la solitudine e il dolore rimane l'unico spetro dei personaggi legati in un film ben costruto con degli aspetti che legano le storie da uno sparo di fucile.
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Una squenza di immagini intrecciati da una realtà fatta di solitudine uniti dal dolore, dove i personaggi vivono la loro vita legati da un intreccio, dal Marocco al Giappone, dove una coppia per ristaurare il rapporto matrimoniale sono conivolti da un insolito destino.
L'unico elemento in comune in questa realtà multietnica e Globbale... rimane coinvolta dallo sparo di un Fucile.
Un intreccio ben costruito come gli stessi personaggi vivono il loro dolore e la solitudine, con l'epiligo di una ragazza sordomuta che vive una realtà la sua in una Metropoli dove la solitudine e il dolore rimane l'unico spetro dei personaggi legati in un film ben costruto con degli aspetti che legano le storie da uno sparo di fucile...
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stefano colombini
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lunedì 26 febbraio 2007
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il mondo non comunica
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Il Mondo non comunica, ho meglio comunica in modo errato, con preguidizi e burocrazie da rispettare.
Però siamo tutti sullo stesso pianeta e basta un colpo di fucile a far si che vite distanti si intreccino e diventano una sola cosa, una sola realtà, in un mondo che è diventato una Babele, ma non per colpa delle lingue: alle fine basta uno sguardo, come quello fra la vecchia marocchina che assite la moribonda americana o quello fra il poliziotto giapponese e la piccola sordomuta, e ci riscopre essere umani. Quindi non è che non comunicano gli uomini, ma non comunica il "mondo" con le sue sovrastrutture, con le sue regole, con le sue politiche, le sue leggi e le sue paure. E anche il suo razzismo.
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Il Mondo non comunica, ho meglio comunica in modo errato, con preguidizi e burocrazie da rispettare.
Però siamo tutti sullo stesso pianeta e basta un colpo di fucile a far si che vite distanti si intreccino e diventano una sola cosa, una sola realtà, in un mondo che è diventato una Babele, ma non per colpa delle lingue: alle fine basta uno sguardo, come quello fra la vecchia marocchina che assite la moribonda americana o quello fra il poliziotto giapponese e la piccola sordomuta, e ci riscopre essere umani. Quindi non è che non comunicano gli uomini, ma non comunica il "mondo" con le sue sovrastrutture, con le sue regole, con le sue politiche, le sue leggi e le sue paure. E anche il suo razzismo. La sorda muta isolata e respinta, la messicana che per forza deve essere una clandestina, il colpo di fucile "arabo" che per forza deve essere terrorista, e in questa miscela di pregiudizi e paure chi ci fa le spese è l'essere umano, che invece cerca disperatamente di essere "normale", di amare, divertirsi, giocare...
La cosa curiosa del film che gli Stati Uniti NON si vedono, se non in poche inquadrature del tutto anonime di due case. Invece il Marocco, il Giappone e il Messico sono raccontati, nei loro paesaggi, nei colori, e nelle persone che ci vivono, gli USA no... anche se si sentono, pesanti nella loro realtà chiusa nel terrore e nella "burocrazia politica", pieni di paure di questa nuova Babilonia, che influenzano volente e nolente il destino degli altri...
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roby
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mercoledì 7 marzo 2007
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la babele moderna.
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Un film come una forte riflessione sull'incomunicabilità fra le persone, sulla difficoltà dei rapporti umani di qualunque genere; credo sia questa la definizione che, secondo me, si addice maggiormente al film. Anche perchè non c'è altro. Tutto è concentrato sul linguaggio umano, sulle lingue parlate da diversi popoli, sull'unico mezzo di comunicazione che l'uomo meglio padroneggia, che si rivela, spesso, un'arma a doppio taglio; quando non compresa, una lingua diviene un ostacolo spesso fatale. Questo è il fulcro del film, che si rivela lungo diverse storie di personaggi, fra loro legati da drammatiche circostanze; è evidente l'aridità delle immagini, la cruda realtà di molte scene e, nell'insieme il film è, seppur con qualche difficoltà, seguibile.
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Un film come una forte riflessione sull'incomunicabilità fra le persone, sulla difficoltà dei rapporti umani di qualunque genere; credo sia questa la definizione che, secondo me, si addice maggiormente al film. Anche perchè non c'è altro. Tutto è concentrato sul linguaggio umano, sulle lingue parlate da diversi popoli, sull'unico mezzo di comunicazione che l'uomo meglio padroneggia, che si rivela, spesso, un'arma a doppio taglio; quando non compresa, una lingua diviene un ostacolo spesso fatale. Questo è il fulcro del film, che si rivela lungo diverse storie di personaggi, fra loro legati da drammatiche circostanze; è evidente l'aridità delle immagini, la cruda realtà di molte scene e, nell'insieme il film è, seppur con qualche difficoltà, seguibile. Devo dire che il regista spiega bene il concetto di "babele" moderna, anche se aveva ottenuto un risultato migliore, tecnicamente ed artisticamente, con "21 grammi". Comunque, merita di essere visto.
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piernelweb
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martedì 8 maggio 2007
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le babeli del mondo
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Film corale, girato tra Marocco, Messico e Giappone che attorno alla storia di un arma da fuoco intreccia le drammatiche vicende di un gruppo di eterogenei protagonisti. Riprendendo la struttura narrativa del precedente 21 Grammi (il film ricorda anche il "Crash" di Paul Haggis), Iñárritu materializza una Babele linguistica, sociale e culturale nella quale le tecnologie abbattono gli spazi e distanze geometriche ma nulla possono contro pregiudizi e politiche conservatrici. Democrazie apparenti, intolleranze etniche, paure e autoisolamento sono la matrice di un mondo solo apparentemente globalizzato. Il regista messicano è consapevole della sua bravura (la sequenza del recupero in elicottero è davvero notevole), e talvolta si autocompiace troppo, ma sa dar forma alle emozioni e alla differente dimensione della sofferenza nelle realtà contrapposte che descrive.
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Film corale, girato tra Marocco, Messico e Giappone che attorno alla storia di un arma da fuoco intreccia le drammatiche vicende di un gruppo di eterogenei protagonisti. Riprendendo la struttura narrativa del precedente 21 Grammi (il film ricorda anche il "Crash" di Paul Haggis), Iñárritu materializza una Babele linguistica, sociale e culturale nella quale le tecnologie abbattono gli spazi e distanze geometriche ma nulla possono contro pregiudizi e politiche conservatrici. Democrazie apparenti, intolleranze etniche, paure e autoisolamento sono la matrice di un mondo solo apparentemente globalizzato. Il regista messicano è consapevole della sua bravura (la sequenza del recupero in elicottero è davvero notevole), e talvolta si autocompiace troppo, ma sa dar forma alle emozioni e alla differente dimensione della sofferenza nelle realtà contrapposte che descrive. Nessun attore ha spazi da vero protagonista, ma se Pitt e la Blanchett sono ai loro standard va sottolineata la prova in blocco del cast marocchino e soprattutto la sorprendente e tormentata interpretazione di Rinko Kikuchi (Chieko), giovane emarginata nella ipertecnologica e metallica Tokio. E' proprio l'episodio giapponese a lasciare maggiormente il segno
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cosmixo
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giovedì 2 agosto 2007
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cosa ci vuole dire?
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Ho visto il film e alla fine mi son ritrovato a pensare a cosa pensare di questa storia. Solituine, malinconia, diversità, incomprensione. Qual'è un segnale positivo che ci volgiono mandare regista e sceneggiatori? Che la vità è troppo bella ed importante per lasciarsi vivere? Che non bisogna dare troppo spazio al caos e prendere le redini della nostra esistenza? Che oggi più di ieri bisogna tenersi stretti per mano?
Domande alle quali ognuno può dare una propria personale risposta.
Il film è fatto bene, benissimo. Forse un pò troppo triste. Ma la musica, gli attori, la fotografia..è tutto al suo posto.
E allora mentre si vede questo film si sente la necessità di chiamare i propri amici, i propri parenti, tutti i propri cari.
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Ho visto il film e alla fine mi son ritrovato a pensare a cosa pensare di questa storia. Solituine, malinconia, diversità, incomprensione. Qual'è un segnale positivo che ci volgiono mandare regista e sceneggiatori? Che la vità è troppo bella ed importante per lasciarsi vivere? Che non bisogna dare troppo spazio al caos e prendere le redini della nostra esistenza? Che oggi più di ieri bisogna tenersi stretti per mano?
Domande alle quali ognuno può dare una propria personale risposta.
Il film è fatto bene, benissimo. Forse un pò troppo triste. Ma la musica, gli attori, la fotografia..è tutto al suo posto.
E allora mentre si vede questo film si sente la necessità di chiamare i propri amici, i propri parenti, tutti i propri cari. Forse per farsi perdonare. Ma di che cosa?
Un film bello e delirante (nel senso che ti fa delirare). Non un capolavoro ma merita di essere visto.
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saretta
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giovedì 14 agosto 2008
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storie di sconosciuti che combaciano perfettamente
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In ogni episodio è evidente il sentimento della solitudine, dell'abbandono, sia per la coppia, che per i bambini, che per la cinesina che a causa del suo hanticap vive in un mondo parallelo ma senza suoni.Ci sono anche delle figure "collante" che servono ad aiutare le persone emarginate o i gruppi delle stesse e sono la badante per la famiglia americana e il padre della cinesina per la figlia. La famiglia americana evidenzia quelle che sono le rotture in un rapporto, i problemi di coppia che ricadono anche sui figli e la fuga davanti ai problemi, la cinesina che fa di tutto pur di essere accettata, cerca di cancellare il suo hanticap facendo anche cose che a mio parere non avrebbe mai fatto altrimenti come il volersi cedere così facilmente, girare per la città senza gli slip o prendere droghe da sconosciuti.
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In ogni episodio è evidente il sentimento della solitudine, dell'abbandono, sia per la coppia, che per i bambini, che per la cinesina che a causa del suo hanticap vive in un mondo parallelo ma senza suoni.Ci sono anche delle figure "collante" che servono ad aiutare le persone emarginate o i gruppi delle stesse e sono la badante per la famiglia americana e il padre della cinesina per la figlia. La famiglia americana evidenzia quelle che sono le rotture in un rapporto, i problemi di coppia che ricadono anche sui figli e la fuga davanti ai problemi, la cinesina che fa di tutto pur di essere accettata, cerca di cancellare il suo hanticap facendo anche cose che a mio parere non avrebbe mai fatto altrimenti come il volersi cedere così facilmente, girare per la città senza gli slip o prendere droghe da sconosciuti. E'così forte e ormai irrefrenabile la sua voglia di far parte della società e ricercare una sorte di normalità che purtroppo non potrà mai raggiungere, che forse diventa troppo spinta fino a raggiungere un livello ossessivo e paranoico dell'amore. Nel bambino marocchino vedo solo istinti sessuali normali che purtoppo vanno fuori di ogni moralità ma non normalità in quanto, spersi nel deserto, non può fare altro che "arrangiarsi" come meglio può e soddisfare così i suoi nuovi bisogni guardando sua sorella mentre si spoglia. Il fratello maggiore è simbolo della moralità e cerca di imporla anche al suo fratello minore senza molti risultati.Un film pieno di messaggi....bisogna solo saperli cogliere.
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jayan
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venerdì 4 dicembre 2009
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un puzzle sulla violenza, la solitudine
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Un puzzle sulla violenza, la solitudine e sulla morte. Il regista passa da ciò che è avvenuto a ciò che era prima che esso avvenisse o a ciò che sarà dopo, da una parte all'altra del mondo, per raccontare la violenza, spesso involontaria (il ragazzo che spara alla turista senza avere intenzione di farlo), o volontaria (l'atteggiamento aggressivo dei poliziotti americani di frontiera verso i messicani, in questo caso verso la governante dei figli della moglie del protagonista, ferita in Marocco), la solitudine di chi vive in una grande città come Tokyo (e che è sordomuta, pur essendo figlia di un imprenditore ricco) ma anche di chi si trova nel deserto e non riesce a trovare un elicottero che venga a prendere sua moglie ferita e morente.
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Un puzzle sulla violenza, la solitudine e sulla morte. Il regista passa da ciò che è avvenuto a ciò che era prima che esso avvenisse o a ciò che sarà dopo, da una parte all'altra del mondo, per raccontare la violenza, spesso involontaria (il ragazzo che spara alla turista senza avere intenzione di farlo), o volontaria (l'atteggiamento aggressivo dei poliziotti americani di frontiera verso i messicani, in questo caso verso la governante dei figli della moglie del protagonista, ferita in Marocco), la solitudine di chi vive in una grande città come Tokyo (e che è sordomuta, pur essendo figlia di un imprenditore ricco) ma anche di chi si trova nel deserto e non riesce a trovare un elicottero che venga a prendere sua moglie ferita e morente. Forse ci sono troppi flashback e flashforward, un continuo andare avanti e indietro, che non giova tanto alla rappresentazione del racconto. Inoltre non è chiaro il messaggio che si vuole comunicare. E' un po' come mettere insieme tanti pezzi colorati e pretendere di formare una figura, di trovare delle corrispondenze. Forse in ciò manca il film... Il resto è ben fatto e ben interpretato. Eccelle l'interpretazione della governante, della giapponese, e naturalmente di Brad Pitt.
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