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venerdì 27 ottobre 2006
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forse no
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in questo film c'è qualcosa che si avvicina alla normalità.c'è un'attore famoso sull'orlo del tramonto stanco di un matrimonio che ormai è diventato una telefonata di routine,una giovane sposa poco calcolata che nn sa cosa fare della sua vita(e ad un certo punto ci chiede chi mai abbia sposato);una prostituta mandata in camera(di lui) e rifiutata(da lui);una cantante da piano bar finita nel letto dell'attore;una amica chiamata al telefono(da lei)e troppo impegnata con il lavoro per dare consigli(a lei),però "miraccomando quando torni chiama eh";come sfondo c'è una tokyo affascinante,ma che ,con il suo miscuglio di modernità e tradizione,non riuscirai mai a capire(un pò come la sua lingua).e dentro ci si PERDE.
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in questo film c'è qualcosa che si avvicina alla normalità.c'è un'attore famoso sull'orlo del tramonto stanco di un matrimonio che ormai è diventato una telefonata di routine,una giovane sposa poco calcolata che nn sa cosa fare della sua vita(e ad un certo punto ci chiede chi mai abbia sposato);una prostituta mandata in camera(di lui) e rifiutata(da lui);una cantante da piano bar finita nel letto dell'attore;una amica chiamata al telefono(da lei)e troppo impegnata con il lavoro per dare consigli(a lei),però "miraccomando quando torni chiama eh";come sfondo c'è una tokyo affascinante,ma che ,con il suo miscuglio di modernità e tradizione,non riuscirai mai a capire(un pò come la sua lingua).e dentro ci si PERDE.
nn c'è niente di poi tanto strano in tutto questo,è un pò tutto già visto,niente di speciale insomma.
però poi qualcosa ti colpisce.
la cosa che ti colpisce è già intriseca all'interno del titolo,è solo una parola,ma è la parola chiave in questo caso.
è TRADUZIONE.
in questo film i personaggi nn riescono a trovare una traduzione.
nn riescono a tradurre il modo di vivere giapponese,la cultura giapponese,il cibo giapponese,la tv giapponese,la lingua giapponese.ma ancor di più nn riescono a tradurre il sentimento che nasce tra loro.
due persone diverse,a due punti della propria esistenza diversa(se vediamo la vita come un percorso),si ritrovano a parlare di loro in una città a loro sconosciuta.
il loro rapporto a volte sembra amicizia,a volte momentania fratellanza per sconfiggere la noia,a volte amore(platonico?può essere).
alcune persone potrebbero obiettare:"è Scarlett Johansson!insomma scopatela".
nella vita reale forse sarebbe già successo,ma un'altra cosa che colpisce di questo film è la delicatezza.
è delicato.per alcuni forse anche troppo,forse ci vorrebbe qualcosa di un pò più forte,ma questa è una delicatezza che abbaia e che si intona perfettamente con la colonna sonora.
così anche la fine è delicata,con lui che le sussurra qualcosa nell'orecchio per smetterla di farla piangere,qualcosa che a noi pubblico rimarra segreta per sempre.
forse è semplicemente il suo indirizzo della casa di new yorke o il suo numero di telefono.
o forse no.
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fabal
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mercoledì 12 febbraio 2014
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l'eleganza inafferrabile
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Una Tokyo estraniante fa da sfondo all'incontro tra Bob Harris e Charlotte, la non ancora ventenne Scarlett Johansson. Al suo fianco Bill Murray, attore esperto e ampiamente consacrato fin dagli Eighties, che riesce ad esser mattatore anche quando sembra non aver più nulla da dire: la calcolata sufficienza con cui interpreta - o forse ricalca, scimmiottando se stesso- il divo compassato, è un ritratto decadente, un po' clichettoso ma di raffinata disinvoltura. Squisitamente ironico nei suoi sguardi smarriti, Murray ha sempre il piglio dissacrante del Dr. Venkman, finalmente premiato con un Golden Globe. Il doppiaggio di Oreste Rizzini è comunque distante anni luce dalla voce italiana del Ghostbuster più istrionico e brillante, prestata dallo stesso Rizzini vent'anni prima: quasi svogliato, a volte impercettibile, il parlare di Bob Harris è perfettamente intonato al suo entusiasmo.
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Una Tokyo estraniante fa da sfondo all'incontro tra Bob Harris e Charlotte, la non ancora ventenne Scarlett Johansson. Al suo fianco Bill Murray, attore esperto e ampiamente consacrato fin dagli Eighties, che riesce ad esser mattatore anche quando sembra non aver più nulla da dire: la calcolata sufficienza con cui interpreta - o forse ricalca, scimmiottando se stesso- il divo compassato, è un ritratto decadente, un po' clichettoso ma di raffinata disinvoltura. Squisitamente ironico nei suoi sguardi smarriti, Murray ha sempre il piglio dissacrante del Dr. Venkman, finalmente premiato con un Golden Globe. Il doppiaggio di Oreste Rizzini è comunque distante anni luce dalla voce italiana del Ghostbuster più istrionico e brillante, prestata dallo stesso Rizzini vent'anni prima: quasi svogliato, a volte impercettibile, il parlare di Bob Harris è perfettamente intonato al suo entusiasmo.
La Johansson è ancora acerba, ma la dolcezza del suo viso non può lasciare indifferenti: il 2003 è, per lei, l'anno della svolta. Non una, ma due pellicole di qualità (la seconda è La ragazza con l'orecchino di perla) la consacrano definitivamente sul grande schermo, candidandola per altrettanti Golden Globes.
Difficile che il giudizio su Lost in translation possa dissociarsi dalle performances dei due, tanto discreta e inafferrabile è l'eleganza del secondo lavoro di Sofia Coppola. Inutile chiedersi quale sia il senso finale della love story: il fascino sta tutto nello stallo. E se qualcosa indubbiamente manca per essere un capolavoro -citando per esempio l'andamento narrativo incerto, la cornice nipponica non sempre incisiva- Lost in translation vive di una modestia priva di autocompiacimenti, la stessa sobrietà che permise a Il giardino delle vergini suicide di non scadere nel (dis)gusto del truculento, pur narrando una vicenda in sé terribile. Più che a Tokyo, i protagonisti sembrano muoversi in una realtà sorda, sospesa tra caos e quiete, in cui ogni gesto o parola deve appagare una disperata ricerca di intimità.
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alexander 1986
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domenica 20 aprile 2014
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l'amore platonico nel caos dell'esistenza
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La caotica Tokyo fa da sfondo all'incontro di due anime solitarie: Bob Harris (Bill Murray) e Charlotte (Scarlett Johansson). L'uno, vecchio ex-divo del cinema, vita a pezzi, annoiato e depresso, impegnato a girare un ridicolo spot pubblicitario; l'altra, moglie fresca eppure già delusa dal marito fotografo super-impegnato, alle prese anch'essa con un principio di depressione. I due troveranno insieme il percorso per la riscoperta della fiducia in sé e della speranza.
Pur non essendo un film dal concetto originale né particolarmente brillante, 'Lost in translation' entra con facilità nel novero di quelle visioni che restano nel cuore, soprattutto se si è partecipi dello stesso spirito di cui esso è impregnato.
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La caotica Tokyo fa da sfondo all'incontro di due anime solitarie: Bob Harris (Bill Murray) e Charlotte (Scarlett Johansson). L'uno, vecchio ex-divo del cinema, vita a pezzi, annoiato e depresso, impegnato a girare un ridicolo spot pubblicitario; l'altra, moglie fresca eppure già delusa dal marito fotografo super-impegnato, alle prese anch'essa con un principio di depressione. I due troveranno insieme il percorso per la riscoperta della fiducia in sé e della speranza.
Pur non essendo un film dal concetto originale né particolarmente brillante, 'Lost in translation' entra con facilità nel novero di quelle visioni che restano nel cuore, soprattutto se si è partecipi dello stesso spirito di cui esso è impregnato. E' una storia d'amore platonico, circonfusa da un'aura di malinconia. Roba per cuori romantici. Particolarmente felici sono l'accoppiata Murray-Johansson (bravi ma soprattutto complementari alla perfezione) e l'ambientazione nipponica; la quale, sebbene vista tramite la distorsione occidentale, si presta molto bene al ruolo di sfondo per il senso di smarrimento provato dai protagonisti.
Un bel film che fa sempre piacere rivedere a distanza d'anni. E, sempre a distanza d'anni, il finale continua a sorprendere.
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valetag
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giovedì 1 ottobre 2015
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lost in translation
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In una Tokyo impenetrabile e allucinata, Bob Harris e Charlotte trovano insieme una via di fuga dalla nebbia che sta soffocando le loro vite.
Il primo (interpretato egregiamente da Bill Murray, nominato agli oscar come miglior attore protagonista) è un attore di mezza età al tramonto della sua carriera, in città per promuovere una marca di Whiskey; l'altra (una giovanissima Scarlett Johansson, inesperta ma dotata di una curiosità travolgente, vincitrice del premio Bafta), è una neolaureata ancora indecisa su dove concentrare la sua carriera; sposata da poco, in Giappone per seguire il marito fotografo nei millemila impegni di lavoro.
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In una Tokyo impenetrabile e allucinata, Bob Harris e Charlotte trovano insieme una via di fuga dalla nebbia che sta soffocando le loro vite.
Il primo (interpretato egregiamente da Bill Murray, nominato agli oscar come miglior attore protagonista) è un attore di mezza età al tramonto della sua carriera, in città per promuovere una marca di Whiskey; l'altra (una giovanissima Scarlett Johansson, inesperta ma dotata di una curiosità travolgente, vincitrice del premio Bafta), è una neolaureata ancora indecisa su dove concentrare la sua carriera; sposata da poco, in Giappone per seguire il marito fotografo nei millemila impegni di lavoro.
Entrambi soggiornano in un Grand Hotel di Tokyo, entrambi soffrono d'insonnia, entrambi si sentono maledettamente soli in una città che brulica come un formicaio e tremendamente distanti dalle persone che amano.
Dopo il primo incontro, proprio al bar dell'hotel, tra i due nasce un'educata e rispettosa amicizia, che forse, piano piano, si trasforma in qualcosa di più.Sofia Coppola ha scritto e diretto con stile questa meravigliosa storia di solitudine condivisa, raccontandoci di un rapporto adulto e di sentimenti nobili.
La prima mezz'ora del film tende ad essere noiosa, così come sono noiose le vite dei due protagonisti prima di incontrarsi; dopodiché diventa sempre più divertente mano a mano che l'intesa dei due attori cresce, così come cresce l'intesa tra i personaggi che interpretano, per infine culminare in uno dei finali più emozionanti di sempre.
L'asso nella manica di questa ultima scena, già adorabile di per sé, risiede nella scelta del pezzo dei the Jesus and Mary Chain: "just like honey", che ci fa venire il groppone in gola e la pelle d'oca.
L'unica nota stonata di questa meravigliosa pellicola, è stato l'uso improprio del mondo giapponese: un popolo con una radicatissima e antica cultura alle spalle, ridicolizzato con pochi cliché. Vero, certi spunti sono stati davvero divertenti, ma si poteva cercare altrove, qualcosa di più profondo.
Lost in translation sa offrire qualcosa che non ti aspettavi, un'intensa storia d'amore, ancora non cominciata ma già finita.
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lorenzodv
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mercoledì 16 ottobre 2019
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e' andato tutto bene.
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Sfatiamo subito un possibile falso mito: la traduzione in amore è completamente inappropriata, i due protagonisti sono entrambi americani e non hanno bisogno di un interprete, lo vorrebbero invece per godere le loro giornate che anche per il problema della lingua, ma non soltanto, scorrono lente e malinconiche, avvicinandoli.
Questo film è tenerissimo, lo è la storia, anche, lo è soprattutto la creazione dell'opera.
Nel DVD c'è anche un backstage abbastanza lungo, che ho guardato per primo. La troupe si muove per Tokio spaesata ed apparentemente non molto organizzata, sempre angosciata dalla questione linguistica. Sofia, che nessuno chiama mai "director" ma sempre per nome o talvolta "boss" ha l'aria di una ragazzina improvvisata che tenta di fare un film.
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Sfatiamo subito un possibile falso mito: la traduzione in amore è completamente inappropriata, i due protagonisti sono entrambi americani e non hanno bisogno di un interprete, lo vorrebbero invece per godere le loro giornate che anche per il problema della lingua, ma non soltanto, scorrono lente e malinconiche, avvicinandoli.
Questo film è tenerissimo, lo è la storia, anche, lo è soprattutto la creazione dell'opera.
Nel DVD c'è anche un backstage abbastanza lungo, che ho guardato per primo. La troupe si muove per Tokio spaesata ed apparentemente non molto organizzata, sempre angosciata dalla questione linguistica. Sofia, che nessuno chiama mai "director" ma sempre per nome o talvolta "boss" ha l'aria di una ragazzina improvvisata che tenta di fare un film. Dopo, guardando il film, si comprende l'insegnamento del backstage: Sofia Coppola non è improvvisata ma forse è ragazzina, ne ha l'entuasiasmo ed il suo entusiasmo è nel film, visibile. E le riprese sono andate bene.
Bill Murray afferma, più o meno (non è testuale, lo riporto a memoria): Questo è il momento in cui lo sceneggiatore si trova ad un bivio, far avvenire il tradimento o far prevalere la fedeltà ed entrambe sono scelte sbagliate; abbiamo pensato a lungo a come rappresentarlo e spero che ci siamo riusciti. Per me non ci sono riusciti, ossia questo concetto non m'è parso chiaro però il risultato è effettivamente originale e molto bello. In altre parole il messaggio non mi è apparso a livello conscio, lascia una chiara sensazione. Questo è il secondo film di Sofia Coppola che guardo e mi sono fatto l'impressione che comunicare sensazioni anziché concetti sia una sua caratteristica. L'adoro.
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tompeak
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venerdì 1 giugno 2007
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l'amore tradotto, per i nostri tempi
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Lui in crisi di mezza eta' (Bill Murray) si reca in giappone per un viaggio di lavoro. Lei (Scarlett Johansson)sta accompagnando il marito fotografo. Entrambi sono immersi in una realta' che non appartiene loro per i motivi piu' disparati. Assieme colmano la noia di una settimana passata assieme e scoprono di avere qualcosa in comune, di piacersi. Il film non ha un happy end e non e' nemmeno romantico a livello di fiction televisiva. E' un lucido, freddo e distaccato quadro sui sentimenti vissuti oggi, un amore tradotto in un linguaggio contemporaneo. Grandi musiche e grande il ritratto della citta' offerto allo spettatore. Non e' chiaro quale sia il confine fra l'amore e l'amicizia dei due personaggi, ma e' forse questa la forza del film, un intreccio fra reale, irreale e, in genere, un fascino leggero che fa di questa pellicola un piacere.
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mike91
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lunedì 2 febbraio 2015
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uno dei miei film preferiti
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Cinque stelle piene per me per uno dei film più belli che io abbia mai visto - naturalmente la questione è squisitamente soggettiva.
Siamo a Tokio. Bob Harris è un attore intorpidito, quasi depresso, che si trova in Giappone per pubblicizzare una birra giapponese. Charlotte è una ragazza bella e intelligente, che però non ha ben chiaro cosa vuole fare nella sua ancora giovane vita. Sta col marito, un fotografo maniaco del lavoro che non è sicura di amare veramente. Sono soli, persi nella traduzione della loro stessa solitudine, in un posto che all'inizio sembra come indifferente alle loro vicende. Si incontrano, si conoscono, si divertono andando per locali con qualche amico giapponese di Charlotte.
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Cinque stelle piene per me per uno dei film più belli che io abbia mai visto - naturalmente la questione è squisitamente soggettiva.
Siamo a Tokio. Bob Harris è un attore intorpidito, quasi depresso, che si trova in Giappone per pubblicizzare una birra giapponese. Charlotte è una ragazza bella e intelligente, che però non ha ben chiaro cosa vuole fare nella sua ancora giovane vita. Sta col marito, un fotografo maniaco del lavoro che non è sicura di amare veramente. Sono soli, persi nella traduzione della loro stessa solitudine, in un posto che all'inizio sembra come indifferente alle loro vicende. Si incontrano, si conoscono, si divertono andando per locali con qualche amico giapponese di Charlotte. Ma stanno molto anche in camera, dove si conoscono a fondo, e tra i due sembra anche sbocciare una specie di amore nonostante la differenza di età, ma è un amore quasi platonico, che si nutre di empatia reciproca, e che non arriva a nulla di fisico, e ciò nonostante, in modo silenzioso, sembra ancora più puro di qualsiasi amore si sia mai visto. Nella Tokio divisa tra modernità e tradizione, troveranno quella parte di se stessi che credevano non avere più, riscoprendo il gusto per la vita e le cose semplici. Del resto, il film è un film che si concentra su cose semplici, gettando l'incantato spettatore in una storia che trasuda meravigliosa quotidianità. Potrebbe essere un film giapponese, perchè trasuda zen da ogni poro. Un film che si accontenta di essere quel che è. Un film che non promette niente e mantiene tutto.
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albe
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giovedì 1 gennaio 2009
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e' tempo di bill murray
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"E' tempo di relax, è tempo di Santory". Ci sono film che si reggono su trame articolate, sorprendenti, volutamente straordinarie; e film come questo, invece: non con una vera trama, ma con una storia crepuscolare che potrebbe accadere a chiunque. Ciò che affascina è la levigatezza dello stile, nient'altro che questo. In un Giappone ridicolizzato e stereotipato, come noi occidentali lo immaginiamo due "estranei" di questa terra che parla (in tutti i sensi) un'altra lingua, si trovano e afflitti dagli stessi disagi, nonostante la differenza di età. Si conoscono, si innamorano l'uno dell'altra, senza mai toccarsi, senza dirselo mai. Lui terminati i suoi impegni di lavoro, dovrà tornare da moglie e figli, lei si è appena sposata: il finale è obbligatoriamente amaro.
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"E' tempo di relax, è tempo di Santory". Ci sono film che si reggono su trame articolate, sorprendenti, volutamente straordinarie; e film come questo, invece: non con una vera trama, ma con una storia crepuscolare che potrebbe accadere a chiunque. Ciò che affascina è la levigatezza dello stile, nient'altro che questo. In un Giappone ridicolizzato e stereotipato, come noi occidentali lo immaginiamo due "estranei" di questa terra che parla (in tutti i sensi) un'altra lingua, si trovano e afflitti dagli stessi disagi, nonostante la differenza di età. Si conoscono, si innamorano l'uno dell'altra, senza mai toccarsi, senza dirselo mai. Lui terminati i suoi impegni di lavoro, dovrà tornare da moglie e figli, lei si è appena sposata: il finale è obbligatoriamente amaro. Ci si potrebbe aspettare la follia, la fuga insieme... in un altro film, forse. Ma la giusta conclusione è quell' ultimo sguardo struggente e poi la strada verso l'aeroporto.
Nulla di straordinario, nulla di edificante. Tuttavia un pezzo di bravura notevole. Bill Murray straordinario. Consigliato.
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