Salvatore Giuliano

Film 1962 | Drammatico, +16 107 min.

Anno1962
GenereDrammatico,
ProduzioneItalia
Durata107 minuti
Regia diFrancesco Rosi
AttoriFrank Wolff, Salvo Randone, Renato Pinciroli, Massimo Mollica, Sennuccio Benelli Giuseppe Calandra, Pietro Cammarata, Max Cartier, Nando Cicero, Giuseppe Teti.
Uscitalunedì 9 febbraio 2015
TagDa vedere 1962
DistribuzioneCineteca di Bologna
RatingConsigli per la visione di bambini e ragazzi: +16
MYmonetro 4,23 su 7 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

Regia di Francesco Rosi. Un film Da vedere 1962 con Frank Wolff, Salvo Randone, Renato Pinciroli, Massimo Mollica, Sennuccio Benelli. Cast completo Genere Drammatico, - Italia, 1962, durata 107 minuti. Uscita cinema lunedì 9 febbraio 2015 distribuito da Cineteca di Bologna. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +16 - MYmonetro 4,23 su 7 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento martedì 7 febbraio 2023

Il regista ricostruisce l'avventura di Salvatore Giuliano, il celeberrimo bandito del dopoguerra siciliano, con immagini mirabilmente fotografate e collegate con la sua voce. Ha vinto 2 Nastri d'Argento, Il film è stato premiato al Festival di Berlino, In Italia al Box Office Salvatore Giuliano ha incassato 8,9 mila euro .

2015
Consigliato assolutamente sì!
4,23/5
MYMOVIES 4,50
CRITICA
PUBBLICO 3,95
ASSOLUTAMENTE SÌ
Ottima ricostruzione dell'avventura di vita del celebre bandito del dopoguerra.
Recensione di Marco Chiani
Recensione di Marco Chiani

Luglio 1950, a Castelvetrano, viene ritrovato il corpo senza vita di Salvatore Giuliano che, cinque anni prima, era entrato a far parte dell'esercito separatista, un movimento indipendentista mosso dal risentimento verso un potere centrale da sempre disinteressato ai problemi della Sicilia. Avanti e indietro nel tempo, passando per la strage di Portella della Ginestra, quando i banditi spararono sulla folla riunita per festeggiare la vittoria del Blocco del Popolo alle elezioni regionali, fino all'arresto di Gaspare Pisciotta, luogotenente di Giuliano, e al conseguente processo di Viterbo.
Lo scrupolo per la verità in sé, oggetto quasi alieno, chimerico, inavvicinabile, ha portato Francesco Rosi ad una modalità di racconto in cui gli elementi noti di una vicenda nodale della storia d'Italia sono esposti senza enfatizzazioni o forzature narrative. Quasi lo spettatore si trovasse a sfogliare un faldone prodotto da una commissione antimafia o immerso nella lettura di un articolo redatto dal giornalista più scrupoloso e capace in circolazione. Il come un film-inchiesta realizzato con tali premesse possa risultare tanto avvincente è legato ad una modernità espressiva che ha pochi uguali nel cinema degli anni Sessanta. Al massimo delle sue potenzialità artistiche, il regista napoletano mette a punto - insieme a Suso Cecchi d'Amico, Enzo Provenzale e Franco Solinas - una sceneggiatura dove il thriller, il documento e la ricostruzione si mescolano in maniera perfetta grazie ad un geniale gioco di flashback. Il tono evocativo con cui si mette in scena il passato, il filtro da servizio fotografico usato per il ritrovamento del corpo, l'ottica cronachistico-televisiva del processo di Viterbo risultano fusi in una struttura saldissima che non ha bisogno né di un intreccio né di un personaggio.
Illuminato da un mago delle luci come Gianni De Venanzo, con diverse tonalità di bianconero a seconda dei momenti, e impreziosito dal montaggio serratissimo di Mario Serandrei, è il frutto più maturo di quel cinema dell'impegno politico di cui, in certo modo, contribuisce a definire i canoni. Come ha raccontato più volte lo stesso Rosi, fu dall'inizio un progetto difficile, sia perché la produzione si vide negare il prestito pubblico sia per le resistenze, una volta sul set, della famiglia Giuliano e della popolazione. Del resto, siamo alle prese con un lucidissimo saggio storico-antropologico sulle collusioni politiche tra delinquenza e potere centrale, su una situazione storica divisa tra omertà, velleità separatiste e banditismo, perfettamente in grado di tratteggiare scenari più che plausibili sulle motivazioni che hanno portato all'affermazione della mafia.
Dopo essere stato ignorato dalla commissione selezionatrice del Festival di Venezia, fu presentato in concorso al Festival di Berlino 1962 dove si aggiudicò l'Orso d'argento per il miglior regista.

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PUBBLICO
RECENSIONI DALLA PARTE DEL PUBBLICO
martedì 27 luglio 2010
il cinefilo

Il film ripercorre minuziosamente la vicenda storica riguardante il bandito Salvatore Giuliano(prima "ribelle" indipendentista e poi "strumento" della mafia siciliana)dalla sua misteriosa uccisione e poi,attraverso l'uso geniale dei flash-back,di tutti i fatti tragici del periodo precedente e successivi alla sua morte tra cui la strage di Portella Della Ginestra e poi successiva [...] Vai alla recensione »

martedì 31 dicembre 2019
Stenoir

Francesco Rosi scrive e dirige questo film -inchiesta- con alcune scene girate in stile “documentaristico”. Una voce fuori campo racconta i fatti più importanti avvenuti in Sicilia dalla conclusione della Seconda Guerra Mondiale, passando inevitabilmente dall’eccidio di Portella della Ginestra (il 1° maggio 1947, la banda di Giuliano fece fuoco sulla folla, riunitasi per [...] Vai alla recensione »

venerdì 13 maggio 2016
enzo70

Una pellicola dura, come dura fu la vita di Salvatore Giuliano, il bandito per eccellenza, il responsabile del massacro di Portella della Ginestra, una delle pagine più dure e inesplorate della storia d’Italia. Il taglio di Rosi è, al solito, essenziale, al ruolo del regista di qualità affianca quello tipico dello storico, con attenzione al particolare, all’analisi [...] Vai alla recensione »

giovedì 20 dicembre 2012
Luca Scialo

Il caso del bandito Giuliano può essere considerato il primo caso di concussione Stato-Mafia ,e la strage di Portella delle Ginestre la prima strage di Stato che vedrà il suo acuirsi tra gli anni '60-'70. Con questo film, che parte dal ritrovamento del cadavere di Salvatore Giuliano, Francesco Rosi fa una straordinaria operazione-verità, come tante altre nella sua meravigliosa [...] Vai alla recensione »

venerdì 20 gennaio 2012
dario

E' una buona ricostruzione delle viende di Salvatore Giuliano, ma il ritmo è debole e il mordente manca. Rosi svetta nell'ambientazione e nella fotografia, ha un buon taglio visivo, però arranca, fa fatica a legare le scene. C'è anche aria di scontatezza, come un deja vu. Poco riuscita la scena del masacro di Portella della ginestra: francamente, è fiacca.

STAMPA
RECENSIONI DELLA CRITICA
Gian Piero dell'Acqua

Il caso del più celebre bandito siciliano del dopoguerra: Giuliano vivo, un fuorilegge rivendicatore, megalomane, temuto; Giuliano morto, un problema complesso, fatto di polizia e di mafia, di omertà e di tradimenti, di dolori e di arretratezze. Il miglior film di Rosi e, secondo alcuni critici, dell’intera generazione italiana degli anni sessanta. Fu costruito con una tecnica narrativa affatto particolare, [...] Vai alla recensione »

Adelio Ferrero
Cinema Nuovo

Se non si può certo affermare, come pure è stato detto, che Salvatore Giuliano è il «più bel film del cinema italiano», è certo legittimo ritenere che la terza opera di Rosi costituisca il frutto più coraggioso e la testimonianza più civilmente appassionata della "ripresa" di questi anni. Se la passione del neorealismo fu la rabbia e la foga della sua volontà di scoperta, l'aggressività del suo impegno [...] Vai alla recensione »

Gian Luigi Rondi
Il Tempo

La storia di Salvatore Giuliano – carica tuttora di interrogativi cui nessuno ha risposto – si poteva raccontare al cinema in vario modo: vuoi drammatizzando il personaggio con interpretazioni più o meno romanzesche dei suoi rapporti con la polizia, i luogotenenti, la mafia, il governo (come ha fatto un recente film di Peppino Amato, Morte di un bandito), vuoi documentando solo i fatti sicuri, senza [...] Vai alla recensione »

Irene Bignardi
La Repubblica

Tommaso Besozzi, un famoso giornalista dell'epoca che: aveva seguito il caso Salvatore Giuliano, scrisse nel pezzo ché raccontava la morte del bandito un famoso incipit: «Di sicuro c'è solo che è morto». Di certo c'è anche che Francesco Rosi, su queste incertezze, sulle ipotesi, sugli intrecci, sul mistero Giuliano, ha costruito quarantacinque anni fa uno dei capolavori del cinema civile e politico [...] Vai alla recensione »

winner
miglior regia
Nastri d'Argento
1963
winner
miglior fotografia in bianco e nero
Nastri d'Argento
1963
winner
miglior regia
Festival di Berlino
1962
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