Titolo internazionale | Sauvage / Wild |
Anno | 2018 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Francia |
Durata | 97 minuti |
Regia di | Camille Vidal-Naquet |
Attori | Félix Maritaud, Eric Bernard, Nicolas Dibla, Philippe Ohrel, Marie Seux Lucas Bleger, Camille Müller, Philippe Couerre, Jean-Pierre Basté, Pavle Dragas, Mehdi Boudina, Azir Mustafic, Hassim Mohamed Saleh, Morad Ammar, Noureddine Maamar, Lou Volchitsa Ravelli, Lionel Riou, Laurent Berecz, Joël Villy, Jean-François-Charles Martin, Nicolas Fernandez (II), Nicolas Chalumeau, Marie Seux, Thierry Desaules, Philippe Koa. |
Tag | Da vedere 2018 |
MYmonetro | 3,27 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 24 gennaio 2019
Leo vive in strada dove si prostituisce per riuscire a vivere. La vita lo mette a dura prova. Il film ha ottenuto 2 candidature a Cesar,
CONSIGLIATO SÌ
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Léo ha ventidue anni, batte sulla strada e non fa segreto dei suoi tesori coi clienti: bocca, lingua, muscoli, sesso, culo. Più corpo che persona, lo vende senza risparmiarsi, così come ama, senza ritorno. Gli uomini sfilano, lui resta là, aspettando l'amore. Perché Léo è un romantico, innamorato senza speranza di un altro ragazzo che risponde alla sua ossessione a colpi di baci e pugni. Tra le umiliazioni e le carezze, tra un cliente e una visita medica, Léo è affetto da tubercolosi, incontra un angelo borghese che gli offre l'America. Ma lui declina e corre via.
A immagine del suo eroe, il film di Camille Vidal-Naquet è selvaggio. Un corpo disponibile a ogni possibile esplorazione, che si vende senza preoccuparsi delle risposte, ignorando il perché e preferendo il come, ingerendo tutto quello che passa e digerendo tutto quello che spezza.
Risultato di anni di inchiesta nel mondo della prostituzione maschile, Sauvage va oltre la cronaca documentaria per scrutare l'abisso vertiginoso nel quale scivola Léo, per disperazione amorosa o per mancanza di aspirazione a una vita altra. La distanza che mantiene il regista dal suo personaggio non ha niente che a vedere col pudore o la prudenza. La lunghezza che separa la m.d.p da Léo è una lunghezza di vantaggio, che lo situa e ci colloca. Non in prima fila come cinefili isterici che vorrebbero prendere parte al film e nemmeno in ultima come spettatori razionali che si tengono a distanza per comprendere quello che accade e teorizzare sulle ricadute.
Sauvage conduce lo spettatore in una sorta di promenade fisica e mentale che pone delle questioni e prende in considerazione il piacere, sebbene avvilente, che si prova a vendere il culo. Léo è una puttana, dal momento che la parola non ha mai trovato un'ortografia al maschile, ama scopare ed è mostrato crudamente, senza ellissi. Figura dionisiaca si consuma nell'intensità, concedendo(si) più del necessario. Quando il 'reintegramento sociale' gli tende le braccia nel volto di una dottoressa o in quello di un cliente canadese, Léo si rannicchia un'istante e poi scappa, ci scappa. La sua marginalità è pura e declina ogni promessa di conforto. Per lui non conta che il presente, le sue dosi di desiderio, di sesso, di amore, ricevuto, donato, venduto.
Camille Vidal-Naquet conduce il suo eroe in fuga verso un epilogo poetico e impossibile da dimenticare, scegliendo definitivamente il campo del disordine. In un film che ha per titolo la qualità primordiale del suo protagonista, Léo si preferisce "addormentato della valle" che piccolo principe col pullover, più Rimbaud che Saint-Exupéry. Félix Maritaud, comprimario in 120 battiti al minuto, si dona al film come Léo alla vita, con l'insolenza dei bambini e il candore degli idioti, si abbandona nei letti e alla successione di clienti, che segnano il ritmo e ispirano scene forti, imprevedibili e crudeli.
Variazioni su quello che ciascuno cerca al di là dello scambio esplicito tra sesso e denaro. Léo accoglie la miseria sessuale degli uni, come i fantasmi di dominazione degli altri, imbarcandosi in notti di azzardo in cui è ancora capace di donare, prendendo tra le braccia un vecchio uomo che si sente solo.
Abitato dal mostro dell'amour fou, Félix Maritaud brucia il suo doppio con la rapidità di una sigaretta, lo mette costantemente in pericolo e lo abbandona al sonno e alla natura in posizione fetale. In fusione totale col suo personaggio, Félix prende Léo per quello che è, un corpo pasoliniano e indomabile, di cui rivela la grazia. Un corpo mille volte penetrato che resta impenetrabile.