Titolo originale | Yat nim mou ming |
Anno | 2016 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Hong Kong |
Durata | 101 minuti |
Regia di | Wong Chun |
Attori | Shawn Yue, Eric Tsang, Elaine Jin, Charmaine Fong . |
Tag | Da vedere 2016 |
MYmonetro | 3,32 su 2 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento sabato 29 aprile 2017
Tung, un ex analista finanziario che sta lottando con un disturbo bipolare, è posto sotto la custodia del padre camionista dopo essere stato espulso da un istituto di salute mentale.
CONSIGLIATO SÌ
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Il giovane regista hongkonghese Wong Chun, esperto in cortometraggi, giunge al suo approdo cinematografico con Mad World, che gli è valso il premio Grand Prix all'Osaka Asian Film Festival 2017.
Il film offre un genuino ritratto di un giovane uomo, Tung (Shawn Yue), affetto da un disturbo bipolare e appena dimesso dall'istituto psichiatrico dove era stato rinchiuso dopo la morte della madre malata di mente, di cui era stato ritenuto colpevole. Adesso Tung vive nel minuscolo appartamento del padre (Eric Tsang), che cerca di aiutarlo e recuperare il rapporto col figlio, dopo aver abbandonato lui e la madre molti anni prima.
Wong Chun racconta il tentativo di Tung di riconciliazione con il padre, la fidanzata e la società che lo circonda e in cui si ritrova catapultato, ma soprattutto riconciliazione con se stesso e un passato incombente, che emerge ferocemente in ripetuti flashback.
La macchina da presa, che trova spazio negli angusti ambienti in cui i personaggi conducono le proprie vite, riesce a sfruttare la claustrofobia delle inquadrature per concentrarsi su volti, sguardi ed espressioni; per poi uscire nelle strade e assolate terrazze di Hong Kong come a voler imitare la volontà di Tung di evadere dall'oppressione della malattia e riprendere respiro.
Lo sforzo e la bravura di Eric Tsang, noto al nostro pubblico per Infernal affairs, emergono qui in una recitazione decorosa e composta. L'attore è chiamato a interpretare un personaggio che rischia di diventare la personificazione dell'autocommiserazione, e invece non rinuncia all'occasione di riscattarsi, come padre e come essere umano, provando a farsi carico del dolore e delle debolezze del figlio.
Il personaggio di Tung, dal canto suo, riassume su di sé tutte le difficoltà di chi, considerato anormale, deve confrontarsi con la violenza delle parole e dei pregiudizi, in un mondo pronto a sputare sentenze, punire, condannare. E per di più deve fare i conti con un fratello, quello sano dei due e il preferito dei genitori, che incombe come un fardello, pur vivendo lontano e non comparendo mai davanti all'obiettivo.
Con abilità e delicatezza, il regista lascia emergere progressivamente elementi del passato di Tung e mostra il suo rapporto con i familiari e la fidanzata senza forzature di sceneggiatura, ma in un flusso naturale di eventi, permettendo allo spettatore di empatizzare con lui, percependo e motivando le varie sfumature del suo umore.
Complimenti al promettente regista che, nonostante la giovane età, manifesta una grande sensibilità nel portare sullo schermo una storia drammatica, ma non senza una vena di speranza e fiducia. Sorretto da una sceneggiatura accurata, il film rivela un evidente intento di denuncia sociale, eppure evita di cedere alla volontà di esprimere giudizi perentori, lasciando che sia lo spettatore, eventualmente, a farlo.
Mad world appare a tutti gli effetti un'opera raffinata e sensibile, priva di sbavature ed eccessi, a eccezione forse dell'inflazionata e non necessaria citazione de Il piccolo principe che precede i titoli.
Tung è afflitto da una sindrome bipolare che lo ha portato al ricovero anche in seguito alla violenza sulla madre che abusava di lui psicologicamente. Ora vive col padre in un minuscolo appartamento. Non accetta i farmaci e tutti gli voltano le spalle. Solo il padre gli sta vicino. Il ritorno al nulla è molto vicino. Si respira aria di umanità e di realtà in quest'opera intima e toccante con uno straordinario Eric Tsang.