Anno | 2012 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Algeria |
Durata | 90 minuti |
Regia di | Djamila Sahraoui |
Attori | Djamila Sahraoui, Samir Yahia, Ali Zarif . |
MYmonetro | 2,84 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 21 giugno 2021
Una piccola casa abbandonata, in Algeria. È lì che vive Ouardia, donna a cui la vita ha riservato prove non facili, ma che pian piano vuole ricominciare a vivere.
CONSIGLIATO SÌ
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Ouardia torna a casa, in una casupola isolata nell'entroterra dell'Algeria. Di fronte all'abitazione la donna seppellisce il corpo del figlio Tarek. Benché sia sola, è presto evidente come non sia libera, e venga invece sorvegliata da una guardia. Costui risponde agli ordini di Ali, leader di un gruppo islamista e fratello di Tarek. Prigioniera in casa propria, Ouardia si concentra sull'orto che cura quotidianamente con fiera ostinazione, mentre al tempo stesso piange la morte del figlio. Ali però continua a darle ordini, e un giorno si presenta alla porta con un neonato.
Djamila Sahraoui è un'importante documentarista algerina, che con Yema torna a frequentare il cinema di finzione dopo l'esordio con Barakat! nel 2006.
La sua seconda opera narrativa è ovviamente infusa di rigore documentaristico, e basata sull'osservazione della protagonista Ouardia. Nella rilettura della parabola di Caino e Abele, Yema (ovvero "madre") evoca fin da subito un respiro universale, senza tempo. Ma è anche un'opera che partendo dalle piccole dinamiche di una singola abitazione riesce a porre domande ampie e specifiche a livello culturale, e a indagare gli equilibri irrisolti di un paese in un particolare momento storico. Siamo difatti nel periodo subito successivo alla guerra civile algerina, che contrapponeva i gruppi ribelli islamisti al colpo di stato governativo e avrebbe lacerato il tessuto sociale del paese per decenni.
Le contraddizioni emergono in modo lucido e impietoso, e non hanno bisogno dei dialoghi, spesso centellinati. Il rapporto tra madre e figlio, ad esempio, è complicato dalla fondamentale questione su chi possegga l'autorità della dimora di famiglia: il contrasto è tra forza e diritto, tra controllo e tradizione. L'ambiguità di fondo è perfettamente illustrata dalla scena in cui Ali strattona la madre dopo averle dato degli ordini, e nel vederla cadere a terra subito si scusa preoccupato.
Pur nei limiti di una produzione modesta, Yema scava in profondità grazie alla precisione della messa in scena e a un montaggio incisivo che isola e scandisce i momenti del quotidiano. Sono molte le cose che accadono sotto il velo della routine campagnola: tra le piante di pomodori e il belare delle capre, Sahraoui va a scovare le verità nascoste sui volti, dando la misura di un conflitto tanto politico quanto familiare.