Anno | 2011 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Paesi Bassi, Danimarca |
Durata | 81 minuti |
Regia di | Urszula Antoniak |
Attori | Bien de Moor, Lars Eidinger, Annemarie Prins, Sophie van Winden, Hans Kesting Renée Fokker, Sam de Man, Mitchell van Dijk. |
Tag | Da vedere 2011 |
MYmonetro | 3,50 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 2 maggio 2011
La storia di Marian, infermiera devota, che aiuta i malati nel loro percorso di sofferenza, fino a quando i suoi sentimenti cambiano improvvisamente.
CONSIGLIATO SÌ
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Marian è un'infermiera quarantenne che assiste i malati in punto di morte. Se ne prende cura con una delicatezza che sfiora il morboso, regala loro gli ultimi momenti di tenerezza. Spesso ne abbrevia le sofferenze sotto un lenzuolo bianco. La sua vita privata non è così ordinata e perfetta come vorrebbe far credere. Un giorno, per caso, assiste a una scena di sesso nel cortile del suo palazzo, condividendo l'esperienza voyeristica con un dirimpettaio. Quando rivede l'uomo per strada, lo segue fin dentro un noleggio di dvd dove affitta Il dottor Zhivago con la sua versione porno. I suoi sentimenti si ridestano, intanto fa amicizia con un'anziana vicina sola e sul lavoro colleziona oggetti personali di coloro che spirano. È inevitabile l'incontro con l'uomo, che avrà un esito inaspettato.
La Antoniak, dopo il sorprendente esordio di Nothing Personal, riprende il tema dell'incontro tra sconosciuti, tra due solitudini, già presente nel primo film. Code Blue è una pellicola forte e disturbante, ma a suo modo delicata, quasi dolce e perversa insieme. Si sente la mano solida di una brava regista che si avvia a diventare una vera autrice, componendo immagini molto curate ma al servizio della storia e abolendo qualsiasi vezzo stilistico. Amore e morte, qui in ordine inverso, sono temi molto sfruttati che la Antoniak riesce a rielaborare senza cadere nel luogo comune, senza giudicare la protagonista. La brava attrice belga Bien de Moor si porta il film addosso, con un corpo scavato e asciugato come i sentimenti del suo personaggio. Una donna che si è barricata dietro la sofferenza degli altri e che mostra la fotografia di una figlia che non c'è (o non c'è più) per mostrarsi (e un po' credersi) quello che non è.
Un livello di perversione esagerato per una pellicola che lascia in secondo piano ciò che di buono c'è nella protagonista, sempre che qualcosa di buono ci sia. Un ospedale anomalo, senza medici (a parte una macchietta che chiede alla protagonista delucidazioni sul suo nome..), che non sembra stupirsi delle decine di morti che vi continuano ad accadere.