Die Friseuse

Kathy König dopo la caduta del Muro di Berlino non ha più un lavoro, un marito e una casa piacevole. Vive con la figlia adolescente in un casermone del quartiere periferico di Marzahn e ha il vivo desiderio di poter tornare a svolgere il lavoro per il quale ha tutte le carte in regola: la parrucchiera. Kathy ha un altro problema: è esageratamente soprappeso. Quindi non è ritenuta 'presentabile' dalla proprietaria di un salone in un centro commerciale a cui l'aveva inviata l'ufficio di collocamento. Da quel momento Kathy ha una missione da compiere: aprire un esercizio analogo proprio lì accanto.
Doris Dörrie ha avuto, sin dagli esordi, una particolare attenzione per l'universo femminile in tutte le sue sfaccettature. Questa volta si schiera dalla parte di una donna vitalissima e intimamente 'leggera' nonostante la mole. Lo sguardo è partecipe e sorridente al contempo e il film trova inizialmente la giusta misura di adesione a una realtà suburbana in cerca di una propria collocazione sociale. Manifesta però due tipi di problemi. Innanzitutto è un film più che tedesco 'berlinese'. Ammiccamenti e citazioni possono essere colti solo da chi conosce bene la realtà di una delle città più vivaci ma anche più complesse di Europa. C'è poi un vizio di sceneggiatura. Dörrie calca la mano su troppi tasti finendo così per procedere per accumulo. Carica la protagonista non solo del peso di un corpo ingombrante ma anche di una malattia progressiva come la sclerosi multipla. Le fa incontrare personaggi grotteschi, la inserisce in un traffico di clandestini, la fa divenire ospite di vietnamiti che per fingersi coristi cantano "L'Internazionale". Insomma la sua acconciatura si è dotata di troppe extension finendo così con il risultare esagerata. 