Week end

Film 1967 | Commedia

Regia di Alessandro Brissoni. Un film con Valeria Valeri, Armando Francioli, Paola Mannoni. Genere Commedia - Italia, 1967,

Condividi

Aggiungi Week end tra i tuoi film preferiti
Riceverai un avviso quando il film sarà disponibile nella tua città, disponibile in Streaming e Dvd oppure trasmesso in TV.



Accedi o registrati per aggiungere il film tra i tuoi preferiti.


oppure

Accedi o registrati per aggiungere il film tra i tuoi preferiti.

Consigliato assolutamente no!
n.d.
MYMOVIES
CRITICA
PUBBLICO
CONSIGLIATO N.D.
Scheda Home
News
Premi
Cinema
Trailer
Week-end, (una donna e un uomo da sabato a domenica).
Adelio Ferrero
Adelio Ferrero

«Il film della contestazione globale al sistema, per il quale è in tumulto tutta la Francia di oggi»: così la pubblicità annuncia l'uscita in Italia di Week-end. Al di là della disinvolta manipolazione delle cause e degli effetti, lo slogan coglie, almeno in parte e involontariamente, due aspetti reali. Il primo, più generico, ci riporta a un dato permanente della filmografia e della presenza stessa di Godard nel cinema di oggi: la pronta disponibilità del regista nell'avvertire umori e reazioni della società, del tempo, del gusto, e nel sapersi mimetizzare nel e dietro il gioco delle parole, delle forme, dei miti correnti, sottoposti però al vaglio di una negazione sempre più corrosiva. Il secondo, meno ovvio, rimette in discussione l'ultimo Godard, la vigile asprezza della sua intelligenza nel confronto con una realtà magmatica, informe, di cui egli avverte ed esaspera le tensioni, irriducibili alla falsa oggettività cara ai teorici del neocapitalismo e agli scrittori alla Robbe-Grillet.
Sgangherato, irritante, paradossale fin che si vuole, Week-end è anzitutto una conferma, l'altra faccia del discorso che si faceva strada neLa cinese. Se questo era un movimentato "seminario" sulle ragioni e sul senso della rivolta studentesca che sarebbe poi esplosa nelle giornate di maggio, Week-end ci mostra già il paesaggio della distruzione, si presenta anzi come "un film disperso nel cosmo" e ricavato dai rottami di una "civiltà". Godard esercita il suo "jeu de massacre" su uno dei rituali più atrocemente inutili della società dei consumi, mentre a farci da guida nel viaggio in questo universo demenziale è una coppia media che sembra uscita dalle pagine del primo Ionesco ma il cui potere catalizzatore di atteggiamenti, parole e persuasioni diffuse va ben oltre. Il procedimento, tipico di un malevolo e velenoso cinema dell'assurdo, consiste nel ribaltare le apparenze dando consistenza oggettiva e riscontrabile alla "moralità" implicita nel modo borghese di vita. Godard verifica e rappresenta, nei modi del paradosso e della derisione, tutto il potenziale di atrocità, grettezza, odio che si mimetizza dietro le apparenze "normali" di questi suoi borghesi.
Il week-end si trasforma così in una irresistibile regressione verso la barbarie e la strage, in una corsa forsennata attraverso grovigli e roghi di macchine che bruciano ai bordi di una natura splendida e sinistramente pacificata, cadaveri abbandonati tra i rottami delle auto, turisti feroci e invasati. Questo inventario di orrori preventivati nel bilancio di fine settimana e necessari ai programmatori dell'industria automobilistica e della società affluente, costituisce senz'altro la parte migliore del film, sorretto dalla beffarda allegria di chi prende atto della inevitabilità di certi accadimenti. E la qualità ironica e intellettuale del paradosso, esplicita nell'impianto e nel colore pop dei grovigli di macchine gambe teste sangue di questi poveri burattini spezzati e stravolti, non toglie nulla al livore della rappresentazione.
Non sono d'accordo, però, con coloro che, infastiditi dal peso di certe oziose parentesi e dalla valanga di citazioni filosofiche e letterarie che, al solito, il regista rovescia sullo schermo, stabiliscono uno stacco netto tra le due parti del film, con relativa svalutazione della seconda. Infatti, i vari "incontri" dell'abominevole coppia Roland-Corinne, che spaziano dalla favola surreale alla pagina di Engels, dal comizio antimperialistico allo sberleffo goliardico, correggono quella unidimensionalità, di acre ma sommaria riduzione del mondo al rapporto benessere-integrazione-consumo, che altrimenti il discorso assumerebbe. Si tratti della pagliaccesca irriverenza di Cagliostro o del lucido egualitarismo di Saint-Just, dell'inesorabile consequenziarietà di due rappresentanti del "terzo mondo" che scandiscono le analisi di Carmichael e le parole d'ordine del Black Power o degli "hippies" che sperimentano la guerriglia alla periferia delle città, è sempre nel segno del "diverso" e dell'opposto, dello scherno verso ciò che è e dell'immaginazione di ciò che potrebbe essere, che i rimandi e le sgangherate metafore del film trovano un senso e un punto di raccordo.
E quando il regista non trova i volti e le figure cui affidare i suoi "messaggi" e le sue provocazioni, è la pagina pura e semplice, di Engels o di Saint-Just o di altri, che viene letta di fronte agli interpreti in veste di spettatori attenti o annoiati. Certo, c'è anche molta pedanteria in tutto questo e ironica ostentazione. Ma sino a un certo punto. Quando nell'ultima parte i crimini e le violenze di questi terribili e candidi "irochesi", che praticano la guerriglia e il cannibalismo ai margini delle metropoli capitalistiche, vengono contrappuntati dalle date storiche della reazione termidoriana e dell'orrore borghese, direi che anche l'erudizione diventa un modo lucido e risentito di discorso.
Inutile aggiungere che questo nuovo pamphlet godardiano, liberissimo nei suoi eterogenei procedimenti ma meno gratuito di quel che possa sembrare, si risolve anche in un saccheggio di segni e strutture che vanno dalle associazioni illogiche dei surrealisti alle metafore di Uccellacci e uccellini, inframmezzate da slogan, didascalie, cartelli, richiami espliciti alla "finzione" cinematografica, ecc., e anche qui, al di là di certe civetterie, l'intervento assume il sapore della provocazione, se non altro al consumo tranquillo e condiscendente di un "prodotto". Con tutte le sue apparenze ironicamente terroristiche, il "collage" godardiano rivela una irrefutabile necessità, nella scelta dei materiali come nella loro sarcastica deformazione. Chi avesse dei dubbi in proposito lo confronti, per fare due esempi diversamente significativi, con la "satira" puntigliosa ma innocua dell'ultimo Tati o con gli educati grotteschi dei contestatari nostrani. Anche la sgradevolezza, in certi casi, diventa una garanzia. E sulla sgradevolezza di Week-end non c'è molto da discutere: le sue fugaci apparizioni e le altrettanto rapide scomparse dagli schermi come, del resto, le reazioni del pubblico parlano abbastanza chiaro.
Da Recensioni e saggi 1956-1977, Alessandria, Edizioni Falsopiano, 2005

Sei d'accordo con Adelio Ferrero?
Powered by  
STAMPA
RECENSIONI DELLA CRITICA
Adelio Ferrero
Cinema Nuovo

«Il film della contestazione globale al sistema, per il quale è in tumulto tutta la Francia di oggi»: così la pubblicità annuncia l'uscita in Italia di Week-end. Al di là della disinvolta manipolazione delle cause e degli effetti, lo slogan coglie, almeno in parte e involontariamente, due aspetti reali. Il primo, più generico, ci riporta a un dato permanente della filmografia e della presenza stessa [...] Vai alla recensione »

Vai alla home di MYmovies.it
Home | Cinema | Database | Film | Calendario Uscite | MYMOVIESLIVE | Dvd | Tv | Box Office | Prossimamente | Trailer | Colonne sonore | MYmovies Club
Copyright© 2000 - 2024 MYmovies.it® - Mo-Net s.r.l. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale. P.IVA: 05056400483
Licenza Siae n. 2792/I/2742 - Credits | Contatti | Normativa sulla privacy | Termini e condizioni d'uso | Accedi | Registrati