Lady Cobra - Una Killer in Blues

Film 2024 | Drammatico 83 min.

Regia di Fabio Giovinazzo. Un film con Nicoletta Tanghèri, Adriano Aprà, Gabriele Bartoletti, Paola Bazurro, Andrea Benfante. Cast completo Genere Drammatico - Italia, 2024, durata 83 minuti. Valutazione: 2 Stelle, sulla base di 1 recensione.

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Ultimo aggiornamento giovedì 2 maggio 2024

Lungometraggio d'esordio del genovese Fabio Giovinazzo.

Consigliato assolutamente no!
n.d.
MYMOVIES 2,00
CRITICA
PUBBLICO
CONSIGLIATO NÌ
Un film dallo stile personale che resta imprigionato nella scrittura.
Recensione di Simone Emiliani
giovedì 2 maggio 2024
Recensione di Simone Emiliani
giovedì 2 maggio 2024

Una veterana di guerra in congedo, conosciuta con il nome di Lady Cobra, lavora come fioraia ma è anche la miglior killer a pagamento che c'è sulla piazza; ogni incarico che riceve viene infatti sempre portato a termine in modo impeccabile. Riceve i suoi clienti in un cimitero e si sposta con la sua auto, una AC Shelby Cobra del 1969. Sembra infallibile ma invece mostra di essere fragile quando parla al telefono con un uomo con cui la storia è finita e di cui è ancora invaghita e si trasforma in una paladina di giustizia quando interviene per vendicare un crimine ai danni di un bambino.

Fa impressione vedere l'immagine in apertura e in chiusura del film di Adriano Aprà, tra i più importanti studiosi e critici di cinema in Italia scomparso lo scorso 15 aprile a 83 anni.

La sua presenza, ancora più oggi, è simbolica proprio per mettere in luce la ricerca sperimentale e la cinefilia di Lady Cobra. Una killer in blues, opera prima di finzione di Fabio Giovinazzo. Si vede nel modo in cui sono filmati i luoghi (il cimitero in particolare), come è inquadrata la protagonista Nicoletta Tanghèri che sembra uscita da un dipinto astratto e immersa nei décor accesi simili alle linee e le forme dell'arte di Andy Warhol. In più c'è l'immagine di una Genova inedita, dove lo sguardo del cineasta evidenzia una ricerca continua nell'inquadrature sia nelle prospettive sia nell'uso del colore.

Gli omaggi, così apertamente dichiarati, impediscono però al film di avere una sua autonomia, vittima di monologhi spesso lunghissimi (tra i cinque e i sei minuti) come quelli della telefonata della protagonista allo specchio o affacciata davanti alla finestra, in cui la sofferenza sentimentale sembra guardare ad Anna Magnani nell'episodio Una voce umana in L'amore di Roberto Rossellini (altra diretta connessione con Aprà) o quello del prete. Il film di Giovinazzo vuol far avvertire le ombre della morte, accentuare la dimensione funerea e mettere in luce i vizi e le depravazioni della società contemporanea.

Lo fa con uno stile sicuramente personale, che guarda anche al fumetto pop e che mescola più generi cinematografici e si volge verso i sogni/allucinazioni del cinema di David Lynch con la colonna sonora che potrebbe richiamare anche quella di Angelo Badalamenti dove i motivi blues aprono le affascinanti porte del diavolo.

Inoltre, i movimenti del teatrino di Bisanzio con il picchio e la giraffa, sono altri balletti di maschere in cui si sente ancora un dialogo diretto con il regista statunitense ma rappresentano anche un possibile richiamo al cinema muto. Sono i tanti frammenti sparsi di un film che è anche intrigante visivamente ma che non riesce a sostenere il peso dei dialoghi e che finiscono per depotenziare i personaggi, a cominciare dalla missione della protagonista.

Forse qui c'è un altro modello evidente, quello di Quentin Tarantino, che fa parlare a lungo i suoi protagonisti. In questo caso però non si crea l'alienazione forse cercata, che anzi finisce per affievolirsi prima di spegnersi del tutto. Così Lady Cobra. Una killer in blues resta imprigionato in una scrittura che fa fatica a entrare in sintonia con una forma che resta esteriore, un po' come la Shelby Cobra di cui però si sente appena il rumore del motore.

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