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di Davide Zazzini
					
			
 
								
	
			
							Un incendio ha appena distrutto il suo ranch familiare di duecento settanta acri. Il giovane Dusty, strappato al suo amato allevamento, vive come un reduce di sé stesso, arrangiandosi con lavoretti a giornata. Cowboy malinconico e solitario, dorme in una piccola roulotte allestita in un campo emergenze dove, giorno dopo giorno, combattendo l’iniziale ritrosia, inizia a solidarizzare con le altre persone sfollate. Nel frattempo, intanto, è chiamato a ricucire i rapporti con la piccola Callie-Rose avuta dall’ex compagna Ruby. Dai cataclismi che hanno flagellato e flagelleranno l’America occidentale, il regista e sceneggiatore deriva un dramma sommesso e sussurrato, un canto di resilienza individuale e rigenerazione comunitaria.
Rebuilding canta un’America aspra e rurale, matrigna e materna, acre e incommensurabile che conserva intatto il suo fascino, la residenza in un certo cinema controculturale a stelle e strisce che per brevità non almanacchiamo. E nel farlo, esalta la prova in levare del nuovo Angelo dalla faccia sporca del cinema britannico: Josh O’Connor.