Anno | 2024 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Italia |
Regia di | Pippo Mezzapesa |
Attori | Vanessa Scalera, Geno Diana, Alessandra Carrillo, Debora Boccuni, Giancarlo Commare Anna Ferzetti, Paolo De Vita, Federica Pala, Imma Villa, Giulia Perulli, Mattia Cosimo Saracino. |
Uscita | mercoledì 30 ottobre 2024 |
Tag | Da vedere 2024 |
MYmonetro | 3,55 su 12 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 8 novembre 2024
La serie si basa sul delitto di Avetrana in cui perse la vita la giovane Sarah Scazzi e sull'imponente risonanza mediatica che lo caratterizzò.
CONSIGLIATO SÌ
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Prendere un caso che ha scosso l'opinione pubblica e farne materia poetica, visivamente d'impatto, capace di far riflettere a lungo sugli esseri umani che siamo diventati. Non c'è tono accusatorio in Qui non è Hollywood, la serie firmata da Pippo Mezzapesa sul delitto di Sarah Scazzi ad Avetrana. Un'operazione tutt'altro che semplice, affrontata senza retorica e senza prendere le distanze, ma accostandosi con spessore umano e artistico a una vicenda sconvolgente. Si sceglie da subito di sospendere ogni giudizio per mostrare ciò che è stato, senza nessun intento voyeuristico o ricattatorio, solo la messa in scena, a tratti visionaria, di una tragedia che ha lasciato attonito un intero Paese.
È un lavoro molto profondo, quello che ha fatto Mezzapesa e con lui tutti coloro che hanno lavorato alla serie, disponibili a vivere una sospensione collettiva di giudizio per immergersi in una realtà fatta di corpi altri.
Sono i veri protagonisti della storia: corpi desiderati, massaggiati, invidiati, corpi slabbrati dalla fatica e dal dolore, corpi nascosti, occultati, profanati. Gli attori rispondono con evidente partecipazione calandosi in fisicità altre, Vanessa Scalera attraverso il trucco prostetico e un'aderenza clamorosa al personaggio stupisce nei panni della zia di Sarah Cosima Misseri, l'esordiente Giulia Perulli fa partire l'ottimo lavoro di interpretazione direttamente dal corpo, ingrassando più di venti chili per dare vita alla sua versione, assolutamente convincente, di Sabrina Misseri. Non è l'aggiunta dei chili, è l'alienazione quello che entrambe riescono a comunicare a chi guarda, quel senso di appartenenza e non appartenenza alla propria comunità, quell'isolamento intimo come tante monadi chiuse che non riescono a - o non hanno gli strumenti per - comunicare davvero.
Si è parlato a torto di arretratezza locale, il contesto che la serie racconta è universale e funziona per questo: ci sono ovunque situazioni di disagio, incomunicabilità, difficoltà a esprimere le proprie emozioni, repressione funesta delle stesse, mancanza di dialogo come di lavoro su se stessi, frustrazione, carenza di empatia verso il prossimo. Tutte caratteristiche non di Avetrana del 2010, ma della società italiana contemporanea, che questa serie riesce bene a fotografare, trasfigurandola opportunamente con uno stile capace di trasformare lo strazio in materia narrativa, mostrando l'umanità variegata di tutti coloro che lo attraversano. Non si indaga la persona, si racconta l'essere umano, anche nelle sue ombre più cupe.
Come rare volte accade, la serie funziona anche sulla carta, oltre che visivamente: la struttura episodica approfondisce e dà il giusto spazio alla prospettiva di ogni personaggio - va citato anche Paolo De Vita, nel ruolo forse più enigmatico di tutti, lo zio Michele Misseri - e il circo mediatico è rappresentato per quello che è stato, con un'accorata Anna Ferzetti nei panni della prima giornalista interessata al caso.
Il suo movimento è lo stesso che segue la serie: cercare di capire, esplorare, approfondire, andare a fondo di quello che sbrigativamente chiamiamo "male", ma che è qualcosa di banale e complesso al tempo stesso, intriso di innumerevoli e imprevedibili sfumature. Il regista non manca mai di raccontarle, con evidenti rispetto, attenzione ed empatia, e con il suo solito stile.
Perché la serie di Mezzapesa non segna uno spartiacque nella sua cinematografia, ma una prosecuzione: come in Ti mangio il cuore gli istinti primordiali violenti, nel bene e nel male, si scontrano con i ruoli della società e le aspettative altrui, ma non si possono mettere a tacere. Come regista sceglie di raccontarli, analizzarli, per poi raffigurarli con quello stile poetico, quasi pittorico, che li rende a tratti persino affascinanti, ma non per questo meno intrisi della brutalità del quotidiano. Chi vuole vivere per sempre, per dirla con il leggendario brano dei Queen che commuove sul finale, in un mondo tanto pieno di insospettabile ferocia?
Estate 2010, Avetrana, Puglia: la quindicenne Sarah Scazzi scompare; il suo cadavere verrà ritrovato in un pozzo. L'inchiesta che segue coinvolgerà sua cugina Sabrina e sua zia Cosima, accusate dell'omicidio, ma è disturbata dalla copertura mediatica morbosa che ha trasformato il caso in un evento di portata nazionale.
«Il sangue scorre a litri / Come piace alla TV / Se in mezzo c'è anche un bimbo / Ci piace anche di più». Così cantava Immanuel Casto nella sua "Killer Star", era il 2011 e il re del porn groove catturava perfettamente l'essenza della spettacolarizzazione mediatica che accompagnò il caso di Avetrana.
L'omicidio di Sarah Scazzi non è stato solo un tragico fatto di cronaca, ma un fenomeno che ha attratto l'attenzione morbosa dei media, trasformando una tragedia familiare in uno show per il grande pubblico. Avetrana - Qui non è Hollywood tenta di raccontare questa vicenda, ma finisce per cadere nelle stesse trappole che avrebbe dovuto denunciare.
La serie, prodotta da Groenlandia per Disney+ e diretta da Pippo Mezzapesa, comincia con un approccio promettente, mettendo in luce l'assalto mediatico che invase il piccolo paese pugliese. A primo acchito, la narrazione suggerisce una critica al modo in cui i media manipolarono la tragedia, contaminando le indagini e spostando l'attenzione dalla giustizia al sensazionalismo. Ben presto, però, la serie si contraddice, passando da una condanna del circo mediatico a una sua giustificazione implicita. Quella che sembrava essere una riflessione critica diventa uno strumento di romantizzazione del ruolo dei media, rendendo quantomeno confusa la narrazione, che perde di vista il suo obiettivo e si accontenta di riproporre le stesse dinamiche morbose che intendeva criticare.
La serie diventa così, e purtroppo, solo l'ultimo capitolo di quella stessa morbosità che ha caratterizzato l'attenzione pubblica sul caso. Piuttosto che aggiungere nuove prospettive o riflessioni, Avetrana - Qui non è Hollywood sembra quasi rievocare nostalgicamente l'ossessione collettiva provata, tratteggiando un collegamento con la tendenza produttiva al true crime, che è in realtà uno "sfogo fruitivo" che ci ha permesso di allontanarci un po' da quella stagione, attraverso formati narrativi (della serialità e del podcast) che formalizzano i racconti e definiscono maggiormente i processi di recupero delle informazioni, di montaggio delle scene e quindi portando a una resa generale più oggettiva.
Molte sono le tematiche che vengono solo sfiorate e poco esplorate; tra tutte, appunto, la dinamica dell'ingerenza giornalistica, indagando il modo in cui i media hanno influenzato le indagini o come il pubblico ha reagito. La narrazione, però, si concentra su una rappresentazione superficiale dei fatti e dei personaggi, senza mai osare oltre, e la scelta di concentrarsi sulla psicologia degli interessati, frammentando la storia in quattro capitoli che assumono come titolo i loro nomi, non fa altro che semplificare la loro umanità, feticizzandola.
O ancora, la morbosità che trasuda anche da questo prodotto, avrebbe forse beneficiato di uno spostamento del punto di vista più coraggioso, ad esempio esplorando i ruoli di figure che allora avrebbero meritato maggiore attenzione, e che oggi potevano trovare un qualche riscatto. Tra tutti, la madre di Sarah o la sorella di Sabrina. Donne che hanno partecipato in minor misura alla vicenda mediatica, ma che proprio per questo avrebbero potuto offrire uno sguardo più intimo, realistico, oggettivo sulla tragedia. La sorella di Sabrina, in particolare, è una figura rimasta in disparte, ma che, al termine di questa storia, si ritrova senza più la sua famiglia: un punto di vista profondamente umano, interessante da esplorare, ma che viene completamente ignorato in favore di una narrazione più superficiale, già nota e spettacolarizzata.
Anche l'influenza della religione, sebbene citata, viene trattata in modo marginale. Il suo ruolo nel determinare i comportamenti e le emozioni dei protagonisti poteva offrire un ulteriore livello di analisi, soprattutto in una comunità come quella di Avetrana, dove la fede gioca un ruolo significativo. Nella serie viene ridotta a semplice mezzo narrativo, a una "macchietta" culturale, che non si interseca, che sembra anzi ritenuta "poco degna" d'esser indagata.
La serie non riesce neppure a staccarsi dalla "necessità di verità" che ha tormentato il caso per anni. Come nella pubblicità o nel food porn, la verità in Avetrana viene confezionata e venduta come un prodotto, ma senza mai affrontare la complessità che una ricerca della verità comporterebbe. La narrazione si limita a riproporre un racconto che non ha mai veramente approfondito le dinamiche investigative o le verità giuridiche sottostanti, lasciando al pubblico solo una verità superficiale, resa accattivante.
L'utilizzo del fantasma come modello narrativo, con le visioni di Sabrina tormentata da Sarah, ne è un chiaro esempio. L'introduzione di elementi visionari e di colpa, pur funzionali dal punto di vista narrativo, è un espediente che mira più a speculare sulle emozioni dei colpevoli, ma in realtà non ci permette di capire davvero le dinamiche emotive dei personaggi coinvolti. È una scelta narrativa efficacissima... a ridurre la complessità del dramma umano a un effetto di facile consumo, trasformando il senso di colpa in una sensazione di colpa, che certamente non viene accolta, né compresa, da quello spettatore che si cerca di trasformare (in particolare con l'ultima inquadratura) in un corresponsabile, al pari di Cosima Romano (anzi più di quest'ultima, dato che non se ne vede l'arresto).
Inoltre, la serie fallisce nell'affrontare la vera essenza della ricerca della verità. La verità che cerca di vendere non è quella che interessa ai magistrati, agli avvocati o alla giustizia, ma una verità confezionata per il consumo del pubblico. Non si interroga mai sull'impatto reale dei media o sulla devastazione che hanno provocato nelle vite delle persone coinvolte e dei cittadini. La scritta "Qui non è Hollywood" inizia a campeggiare, compare, ma diventa un logo, un titolo allettante per una serie TV. Si preferisce riprodurre quell'ossessiva ricerca di "verità" che per anni ha alimentato talk show e giornali, senza mai affrontare il fatto che la vera verità - quella che conta - non può essere venduta come un prodotto di intrattenimento. Il fatto, però, è che Avetrana - Qui non è Hollywood è un prodotto di intrattenimento, non può esimersi da esserlo. Insomma, era pur sempre alla Festa del Cinema di Roma!
In altre, "caste", parole abbiamo ancora a che fare con «La pornografia dei sentimenti», con quella spettacolarizzazione del dolore che, anziché essere oggetto di critica, diventa l'elemento centrale di una narrazione che si propone di intrattenere.
Ho visto la serie dedicata a Sarah Scazzi, un caso di cronaca nera che, pur non essendo un grande appassionato del genere, mi ha colpito profondamente e spinto a documentarmi ulteriormente. Dopo aver seguito alcuni documentari sull'argomento, mi sono immerso in questa serie e devo dire che mi ha lasciato davvero impressionato. Il livello di impatto è altissimo.
Qui non è Hollywood è prodotto da una major ameriana e si vede. I personaggi hanno una fisicità che rispecchia il loro vissuto interiore, viene molto curata la fotografia e il trucco e il risultato è impressionante visto che i personaggi sono uguali ai corrispettivi della vita reale. Questa ossessione per riprodurre luoghi e persone come sono nella realtà toglie un [...] Vai alla recensione »
Serie fatta bene.Sono in completo disaccordo con le vostre critiche. Le prospettive ci sono eccome,basta coglierle.
Tutta la cronaca di un fatto di sangue, clamore mediatico suscitato compreso, raccontata grazie ad una ottima e sapientemente misurata sceneggiatura, suggestive soluzioni filmico-registiche, e validissime interpretazioni da parte del cast attoriale. Un film contemporaneo quanto la sua interessante colonna sonora è in grado di suggerire.
Ex ante, sulla base di una locandina che era stata diffusa assai poco cautamente, se ne ricavava una malissima impressione, come di alcunché di volgare o dozzinale, col rischio persino di bordeggiare la commedia all'italiana "ultima maniera", quella fatta da cialtroni e ad altrettanti cialtroni destinata. Poi, non bisognerebbe dirlo ma lo diciamo, il nome del regista, Pippo Mezzapesa, non deponeva [...] Vai alla recensione »
Dopo le accese polemiche scaturite intorno al titolo della serie, che sarebbe dovuta andare in onda dal 25 ottobre, Qui non è Hollywood è finalmente disponibile su Disney+ dal 30 novembre. Diretta da Pippo Mezzapesa (Il bene mio, 2018; Ti mangio il cuore, 2022), la serie ripercorre il delitto di Sarah Scazzi avvenuto il 26 agosto del 2010 ad Avetrana.
Qui non è Hollywood parte dal punto più basso dello show dell'orrore creato intorno al caso di Avetrana: il pulmino dei turisti del macabro, quelli che arrivano in visita al paese dell'omicidio di Sarah Scazzi, con la guida che punta il dito mentre spiega che «questa è la villetta della famiglia Misseri». È la prima scena e contiene già la scelta che indica la via della serie tv, diretta da Pippo Mezzapesa [...] Vai alla recensione »
Presentata alla 19esima edizione della Festa del Cinema di Roma arriva su Disney+ la discussa (fin dal titolo) serie Qui non è Hollywood, diretta da Pippo Mezzapesa e interpretata da Vanessa Scalera, Giulia Perulli e Giancarlo Commare. Il serial è una produzione Grøenlandia. È, probabilmente, di Pippo Mezzapesa il primo vero true crime contemporaneo tutto italiano.
Quando il Tribunale di Taranto, lo scorso 23 ottobre, ha disposto la sospensione di Avetrana - Qui non è Hollywood - la serie diretta da Pippo Mezzapesa presentata in anteprima il 18 ottobre alla Festa del Cinema di Roma 2024 - su Disney+ (sarebbe dovuta uscire il 25 ottobre) ho capito che Sarah Scazzi - il cui omicidio, avvenuto il 26 agosto 2010, è al centro delle quattro puntate - era stata uccisa [...] Vai alla recensione »
La chiave che Pippo Mezzapesa e la sua squadra di collaboratori scelgono per affrontare il delitto di Avetrana del 2010 porta con sé una connessione forte con la maniera in cui il profondo Sud, dove l'omicidio di Sarah Scazzi si è consumato, vive la Morte, il senso del destino, la percezione di una dimensione ultraterrena delle cose: si tratta della felice intuizione con cui la serie Disney+ si tiene [...] Vai alla recensione »
Se si prova a digitare su Google il nome di Sabrina Misseri, condannata all'ergastolo con la madre Cosima per il delitto di Avetrana, uno dei primi suggerimenti di ricerca che compare è la parola "dimagrita". Sembra uno schema, quasi una traccia che rivela più di quanto sembri: il corpo, prima di tutto. Il corpo che si fa simbolo, spettacolo e oggetto di giudizio.
Il torbido zio Michele, l'implacabile zia Cosima, la diabolica cugina Sabrina e poi lei, l'innocente Sarah: eccoli i protagonisti di una delle vicende più macabre degli ultimi anni, una di quelle storie che sembrano uscite dalla penna di uno sceneggiatore e appartengono invece alla cronaca. Un pugno di persone e poche verità svelate a mezza bocca sono sufficienti a definire i contorni agghiaccianti [...] Vai alla recensione »
"Avetrana - Qui non è Hollywood" aveva già fatto discutere nel momento in cui era uscito il poster, definito da molti di cattivo gusto, così come l'operazione in sé. Questa serie, diretta da Pippo Mezzapesa, tratta da un libro di Carmine Gazzanni e Flavia Piccinni, è l'ennesimo inchino al genere true crime, che tanto sta spopolando negli ultimi due anni.
Scacciando fin da subito l'elefante dalla stanza, una delle più grandi contraddizioni del nostro paese è quella d'amare il true crime, ma solo se focalizzato su storie altre, che non ci riguardano, che non ci appartengono. Quelle storie che raccontano un altrove distante ed estraneo a ciò che effettivamente potrebbe accadere qui, in Italia. Infatti, nel momento in cui qualcuno "s'azzarda" a proporre [...] Vai alla recensione »