silver90
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lunedì 2 dicembre 2024
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parthenope: un nome, una città
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C'è un aspetto che spesso consideriamo banale, e che invece è essenziale, e che colpisce l'occhio durante la visione di un film di Sorrentino: la contrapposizione fra la bellezza - sia essa, a seconda dei gusti, della fotografia e del montaggio, o della sceneggiatura e dei dialoghi - e l'ingiusto che la circonda, quasi fosse un alone su uno scudo istoriato in bronzo. Questa contrapposizione non può non apparire evidente, balzare agli occhi, finché un lampo di luce, un movimento sulla superficie levigata, non la illumina nuovamente, restituendo un altro senso da quello atteso. E in Parthenope accade proprio questo: la 'grande bellezza', che tocca in sorte alla giovane protagonista, è già insita nel nome che avvolge la sua figura di riferimenti concreti, a un luogo e a un tempo precisi.
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C'è un aspetto che spesso consideriamo banale, e che invece è essenziale, e che colpisce l'occhio durante la visione di un film di Sorrentino: la contrapposizione fra la bellezza - sia essa, a seconda dei gusti, della fotografia e del montaggio, o della sceneggiatura e dei dialoghi - e l'ingiusto che la circonda, quasi fosse un alone su uno scudo istoriato in bronzo. Questa contrapposizione non può non apparire evidente, balzare agli occhi, finché un lampo di luce, un movimento sulla superficie levigata, non la illumina nuovamente, restituendo un altro senso da quello atteso. E in Parthenope accade proprio questo: la 'grande bellezza', che tocca in sorte alla giovane protagonista, è già insita nel nome che avvolge la sua figura di riferimenti concreti, a un luogo e a un tempo precisi. La sua ricerca è forse una chimera, ma una fanciulla nel fiore degli anni è piena di risorse, le dice Gary Oldman nel ruolo di uno scrittore disincantato; in effetti, anche la sua bravura all'Università, dove è iscritta ad Antropologia, stride con gli accadimenti intorno a lei, che hanno il sopravvento, almeno finché la spietatezza che ha sperimentato su di sé non le permetterà di agire quella crepa, quel graffio fondamentale sulla superficie della realtà. Sotto di essa, infatti, si raccolgono e si nascondono pensieri, immagini e suggestioni che scavano più in profondità, dentro la donna che osserva, si meraviglia e, intanto, riflette. Napoli, dal canto suo, è la quarta di un teatro, il palcoscenico ideale ove inscenare e orchestrare la messinscena perfetta, volgare e sacra, dei vizi e delle debolezze umane. La protagonista è anche la città, incastonata tra vestizioni sacre ed esibizioni profane, mentre l'attrice che interpreta Parthenope, Celeste Della Porta, sussume su di sé tutto il peso della tragicommedia appena descritta: il suo corpo di donna si muove disinvolto tra i vicoli che conservano ancora i loro tratti arcaici, primitivi, con i cestini fluorescenti calati dall'alto, e la tragedia che si consuma negli interni, dove le attrici che la città ha reso grandi e povere nello stesso tempo si accusano reciprocamente, rendendo l'odio all'amore che Parthenope invece rappresenta e forse prova. Sorrentino oscilla continuamente tra questi due registri narrativi, uno logico-realistico e un altro immaginifico, per cantare quella che in fondo è un'ode ai rimpianti e agli amori giovanili, rivolgendosi al cuore di quella napoletanità che non si sceglie ma resta addosso come il sale e l'acqua.
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silver90
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domenica 1 dicembre 2024
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un nome, una città
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Sorrentino oscilla continuamente tra questi due registri narrativi, uno logico realistico e un altro immaginifico, per cantare quella che in fondo è un'ode ai rimpianti e agli amori giovanili, rivolgendosi al cuore di quella napotelanità che non si sceglie, ma resta addosso come il sale e l'acqua.
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carlotta_new
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domenica 1 dicembre 2024
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un paradiso abitato da angeli
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Un paradiso abitato da diavoli
Detto seicentesco ma che Benedetto Croce, nel suo omonimo saggio, fa risalire a prima.
È possibile che Sorrentino abbia voluto proseguire, con altri mezzi, l’approfondimento del tema e da questa intenzione, forse, nasce l’idea della metafora dell’Antropologia.
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Un paradiso abitato da diavoli
Detto seicentesco ma che Benedetto Croce, nel suo omonimo saggio, fa risalire a prima.
È possibile che Sorrentino abbia voluto proseguire, con altri mezzi, l’approfondimento del tema e da questa intenzione, forse, nasce l’idea della metafora dell’Antropologia.
Superiamo l’interpretazione delle motivazioni intellettuali del regista e parliamo del film.
Varrebbe la pena vederlo solo per i minuti finali dove Stefania Sandrelli trasmette con minimi gesti e dolcissime espressioni l’umanità.
Cosa può e deve fare l’umanità quando affronta una mostruosità e quando la mostruosità ti appartiene.
Sorrentino ci narra tutto di Napoli senza pietà e senza severità. Non indulge e non perdona. Non espone e non nasconde.
“Io non ti giudico e tu non giudicare me” dice il professore (solo Silvio Orlando poteva interpretarlo con la misura che serviva) a Parthenope, dice l’uomo colto alla città, ed io ti vorrò bene come lo si deve ad un figlio con empatia e severità, con indulgenza e perdono, con pudicizia ed orgoglio anche se mostruoso. Con umanità. L’Umanità che riesce a spiegarci l’Antropologia quando non giudica, quando guarda e basta.
I tempi talvolta lunghi, alcune soluzioni di mestiere, l’interpretazione di Celesta della Porta non sempre all’altezza nell’esprimere “l’estraneità della città” quel suo apparente pensare a qualcosa, appena intaccano il valore dell’opera.
Mi è piaciuto molto.
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barbara recca
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mercoledì 27 novembre 2024
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film eccezionale
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Sono stata a vedere questo film stasera con mia nipote, senza alcuna aspettativa, se non il nome del regista.non avevo letto la trama apposta proprio per non essere condizionata o avere alcuna aspettativa.
posso dire, con estremo stupore, che per tutta la durata del film non ho mai guardato l'orologio un attimo, il fiato era sempre sospeso, sono rimasta colpita da ogni cosa che succedeva nella vita di questa donna. Mi ci sono un po' ritrovata ... e questo forse mi ha commossa. Tutti attori fantastici, e frasi di una profondità e di una realtà sconcertante che cadono a pioggia durante tutta la visione del film per farti riflettere di continuo e quando pensi di aver capito o credi che una cosa vada in un certo modo, va in un altro.
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Sono stata a vedere questo film stasera con mia nipote, senza alcuna aspettativa, se non il nome del regista.non avevo letto la trama apposta proprio per non essere condizionata o avere alcuna aspettativa.
posso dire, con estremo stupore, che per tutta la durata del film non ho mai guardato l'orologio un attimo, il fiato era sempre sospeso, sono rimasta colpita da ogni cosa che succedeva nella vita di questa donna. Mi ci sono un po' ritrovata ... e questo forse mi ha commossa. Tutti attori fantastici, e frasi di una profondità e di una realtà sconcertante che cadono a pioggia durante tutta la visione del film per farti riflettere di continuo e quando pensi di aver capito o credi che una cosa vada in un certo modo, va in un altro.La parte finale mi ha sciolto il cuore brava l'attrice giovane e tutti gli attori coinvolti, regia suprema come sempre. Sorrentino un marchio di garanzia. Grande
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luca scialo
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martedì 26 novembre 2024
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la grande bellezza di napoli
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Il fantasma di Federico Fellini torna a impossessarsi di Paolo Sorrentino e questa volta guida la sua mente alla descrizione di Napoli, trapiantando quanto visto per Roma ne La grande bellezza. Se in quest'ultima pellicola la "città eterna" è stata dipinta in modo barocco, decadente, cafonal, in Parthenope il regista napoletano raffigura una città bella ma dannata, tremenda e stupenda. Lo fa, metaforicamente, attraverso le vicende della bella protagonista, che alla fine, ormai anziana, ricorda con malinconia il tempo "della sua vita beata". Giovinezza spezzata da una tragedia familiare che l'ha segnata per sempre, ponendola alla ricerca di qualcosa o qualcuno che non riuscirà mai a trovare.
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Il fantasma di Federico Fellini torna a impossessarsi di Paolo Sorrentino e questa volta guida la sua mente alla descrizione di Napoli, trapiantando quanto visto per Roma ne La grande bellezza. Se in quest'ultima pellicola la "città eterna" è stata dipinta in modo barocco, decadente, cafonal, in Parthenope il regista napoletano raffigura una città bella ma dannata, tremenda e stupenda. Lo fa, metaforicamente, attraverso le vicende della bella protagonista, che alla fine, ormai anziana, ricorda con malinconia il tempo "della sua vita beata". Giovinezza spezzata da una tragedia familiare che l'ha segnata per sempre, ponendola alla ricerca di qualcosa o qualcuno che non riuscirà mai a trovare. "Era già tutto previsto" canta Cocciante nel film, proprio come la regia sorrentiniana. Un marchio di fabbrica al quale ormai ci siamo abituati. Che mischia fotografia a effetto con momenti orinici e spunti di riflessione profondi.
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aleluca
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giovedì 21 novembre 2024
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tu puoi avere tutto
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Parthenope, teoricamente, potrebbe avere tutto nella società attuale. La sicurezza che traspare nelle scene iniziali e la sua abbagliante bellezza fanno di lei una visione.
Al tempo stesso, l’indecisione, l’incoscienza e la leggerezza delle sue scelte si riveleranno letali per chi le sta vicino.
Le sue decisioni risulteranno sempre affascinanti proprio per questa sua naturale imprevedibilità.
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Parthenope, teoricamente, potrebbe avere tutto nella società attuale. La sicurezza che traspare nelle scene iniziali e la sua abbagliante bellezza fanno di lei una visione.
Al tempo stesso, l’indecisione, l’incoscienza e la leggerezza delle sue scelte si riveleranno letali per chi le sta vicino.
Le sue decisioni risulteranno sempre affascinanti proprio per questa sua naturale imprevedibilità. Mi hanno spiazzato come se, un celiaco, che prima dichiara di esserlo e poi, si abbuffa con un piatto di pasta.
Mi è difficile definire il rapporto tra Parthenope e Raimondo. Fratelli molto uniti e anime incomprese.
Ricorderò sempre il soffio di Raimondo. Un suo modo per alleviare i conflitti, i momenti delicati e le grandi delusioni. Un semplice soffio che tutto porta via, solo per un momento.
Ho apprezzato molto le scene in cui è presente il vescovo. La chiesa secondo Sorrentino l’ho sempre trovata molto divertente e rivelatrice. Ho apprezzato molto la scena del discorso di Greta Cool nella crociera. Discorso che può essere esteso all’Italia intera.
Nonostante tutte le aspettative che avessi, "Parthenope" mi è piaciuto anche se, non lo ritengo uno dei migliori film di Sorrentino.
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gabriella
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martedì 19 novembre 2024
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la venere di sorrentino
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Cos'è l'antropologia? Chiede più volte Parthenope al professor Marotta, ricevendo di volta in volta risposte che non la soddisfano, finchè le rivela che antropologia significa vedere. Ecco, penso sia questa la chiave di lettura del film di Sorrentino, vedere, aldilà degli eccessi, del calligrafismo, della bulimia di immagini, delle scene disturbanti, della frenesia di una decadenza nelle strade e nei vicoli di una Napoli brulicante di vita. Parthenope nasce a Napoli nel 1950, nell'acqua di una piscina di fronte il mare, come una Venere , pura e perfetta nella sua bellezza, infatti subito la rivediamo diciottenne , sinuosa, sospinta dal vento marino, attorniata da sguardi ammirati, generosa nella sua giovinezza , un'estate struggente, piena di desideri e di sogni da definire, effimera e sfuggente, è sempre troppo breve la giovinezza, scivola via in un attimo, così come legami e persone , svaniscono lasciando vuoti e dolore.
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Cos'è l'antropologia? Chiede più volte Parthenope al professor Marotta, ricevendo di volta in volta risposte che non la soddisfano, finchè le rivela che antropologia significa vedere. Ecco, penso sia questa la chiave di lettura del film di Sorrentino, vedere, aldilà degli eccessi, del calligrafismo, della bulimia di immagini, delle scene disturbanti, della frenesia di una decadenza nelle strade e nei vicoli di una Napoli brulicante di vita. Parthenope nasce a Napoli nel 1950, nell'acqua di una piscina di fronte il mare, come una Venere , pura e perfetta nella sua bellezza, infatti subito la rivediamo diciottenne , sinuosa, sospinta dal vento marino, attorniata da sguardi ammirati, generosa nella sua giovinezza , un'estate struggente, piena di desideri e di sogni da definire, effimera e sfuggente, è sempre troppo breve la giovinezza, scivola via in un attimo, così come legami e persone , svaniscono lasciando vuoti e dolore. E la città che risucchia, che si svela nei luoghi nascosti, povere e degradati, che conduce agli anfratti malavitosi dove si assiste alla grande fusione, l'accoppiamento pubblico di due giovani appartenenti a clan camorristi diversi, fino al grande show del miracolo di San Gennaro e la sua eterna recita tra trasandato folklore e superstizione. C’è la grande bellezza e la grande giovinezza, solo che stavolta non c’è il cinismo di Jep Gambardella, ma ci sono i personaggi grotteschi, il kitch, c’è lei, la versione femminile del regista che indugia sul suo sguardo e il suo corpo costantemente, ma con sospiro ineffabile, non riusciamo mai a raggiungerla completamente, è una creatura del mare che torna sempre a inabissarsi. La bellezza non è soltanto perfezione, può avere il corpo di un gigante deforme con il viso sorridente di un b ambino. Basta vedere, quando comincia a mancare tutto il resto, si comincia a vedere.
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otto
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lunedì 18 novembre 2024
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i fancazzisti depressi
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Tolta la fotografia mozzafiato (merito del direttore della fotografia) il film ha sbagliato titolo.
Sare stato più azzeccato intitolarlo "I Fancazzisti Depressi". La storia è quella di una ricca famiglia napoletana che non fa un kaiser tutto il giorno se non prendere il sole, magiare e dormire (e tutto quello che ci sta in mezzo).
Uno dei protagonisti giustamente si toglie la vita... perché che vita è se non hai un kaiser da fare? Anzi, quello è l'unico momento forte del film
Per il resto un piccolo tocco sacrilego sapientemente inserito nella corrente massone-globalista (ma un po' di islam mai? Chissà perché?)
Per il resto calma piatta.
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Tolta la fotografia mozzafiato (merito del direttore della fotografia) il film ha sbagliato titolo.
Sare stato più azzeccato intitolarlo "I Fancazzisti Depressi". La storia è quella di una ricca famiglia napoletana che non fa un kaiser tutto il giorno se non prendere il sole, magiare e dormire (e tutto quello che ci sta in mezzo).
Uno dei protagonisti giustamente si toglie la vita... perché che vita è se non hai un kaiser da fare? Anzi, quello è l'unico momento forte del film
Per il resto un piccolo tocco sacrilego sapientemente inserito nella corrente massone-globalista (ma un po' di islam mai? Chissà perché?)
Per il resto calma piatta. La morale è forte e diretta: meglio ricchi con la villa al mare che in un appartamento da 25m2 in periferia Napoli.
Il mutuo è da pagare e la confezione del film è servita. Fellini si rivolta nella tomba ma tanto chi lo sta ad ascoltare?
Un manifesto sincero del declino dell'occidente.
Napoli è un'altra cosa... Ma i Fancazzisti Depressi non sanno cos'è.
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[+] simpaticissimo
(di sara bartolomei)
[ - ] simpaticissimo
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betta
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lunedì 18 novembre 2024
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la grande bruttezza
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Aiutatemi a dire ...un letamaio. Il film più brutto e insulso visto nella vita. E chi lo recensisce positivamente e' in malafede.
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domenica 17 novembre 2024
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come sempre confusionaria
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La solita recensione troppo lunga, ridondante, troppe citazioni Ma scrivere facile e farsi capire no, vero? Passa la voglia di vedere i film.
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