giorpost
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lunedì 28 ottobre 2024
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maestoso ritratto al femminile di poetica bellezza
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Napoli, fine anni ’60. La sensuale e sfuggente Parthenope si muove sinuosa tra i luoghi suggestivi della terra che le ha dato il nome, concedendosi o negandosi a suo piacimento agli uomini (in erba o meno giovani) che le gironzolano intorno, rovesciando continuamente le loro convinzioni. La sua apparente disinvoltura nasconde variegate fragilità, e al contempo alcune granitiche certezze su cosa ella vuole davvero dalla vita, dispensando spesso risposte ad effetto, e tuttavia senza mai dare riferimenti. Nata in una famiglia agiata, circondata da amici di famiglia spesso ingombranti come il Comandante, trascorre le sue giornate rilassate e peccaminose in una Napoli sognante e glamour, tra musiche e vestiti che lasciano intravedere una fervente ascesa culturale, in parte sopita dall’avvento degli anni ’70 e dei relativi movimenti di protesta politica e sociale.
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Napoli, fine anni ’60. La sensuale e sfuggente Parthenope si muove sinuosa tra i luoghi suggestivi della terra che le ha dato il nome, concedendosi o negandosi a suo piacimento agli uomini (in erba o meno giovani) che le gironzolano intorno, rovesciando continuamente le loro convinzioni. La sua apparente disinvoltura nasconde variegate fragilità, e al contempo alcune granitiche certezze su cosa ella vuole davvero dalla vita, dispensando spesso risposte ad effetto, e tuttavia senza mai dare riferimenti. Nata in una famiglia agiata, circondata da amici di famiglia spesso ingombranti come il Comandante, trascorre le sue giornate rilassate e peccaminose in una Napoli sognante e glamour, tra musiche e vestiti che lasciano intravedere una fervente ascesa culturale, in parte sopita dall’avvento degli anni ’70 e dei relativi movimenti di protesta politica e sociale. Dopo un’estate apparentemente magnifica ed irripetibile, trascorsa nella dirimpettaia Capri, la giovane donna deve fare i conti con gli amori da lei non corrisposti, alcuni dei quali impossibili, come quello del fratello Raimondo, che finisce per cedere agli insistenti impulsi autodistruttivi. I suoi incontri sono talvolta casuali (vedasi il suo scrittore preferito, uno dei pochi uomini che gli fa conoscere la sensazione del rifiuto), ma quelli decisivi sono gli incroci almeno in parte programmati e voluti, come avviene con il professore universitario Marotta, burbero e saccente uomo di cultura che nasconde segreti e risposte antropologiche che Parthenope vuole assolutamente conoscere.
Il suo cammino, mai tortuoso ma piuttosto caratterizzato da una flemma quasi autoritaria, la fa strisciare tra il mare nel quale era stata (letteralmente) messa al mondo e i luoghi sacri (e profanati) di una città a cui lei deve tutto, e da cui non vorrebbe mai staccarsi. Ma l’età adulta richiede scelte e decisioni spesso diverse da quanto si immagina durante la spensierata, bellissima ma breve giovinezza…
Paolo Sorrentino torna con un maestoso ritratto di donna, e per donna si vuole intendere le due protagoniste del film: Parthenope e Napoli. Il nuovo lavoro del regista premio Oscar non è solo un film, ma un viaggio esistenziale, un turbine epico di emozioni che difficilmente si possono trovare nel Cinema di oggi. Come usualmente sceglie di fare, Sorrentino mette in scena tante cose, spesso forti, ma come sempre non si arroga il fardello di dare risposte, lasciando il compito allo spettatore e alle singole sensibilità di ognuno. Ci sono molti richiami al suo cinema, non si può fare a meno di rintracciare un minimo comun denominatore tra La grande bellezza ed E’ stata la mano di Dio, ma quest’opera vive ampiamente di vita propria, rimescolando le carte e concedendo molteplici spunti di riflessione.
Alcune scene sono memorabili, come l’entrée della Galleria del centro dalla quale passano donne alla moda e bellezze locali intente a suscitare entusiasmi maschili, con un tappeto sonoro fantastico; una sequenza in particolare, ambientata nella carrozza-letto di Parthenope, ricorda la Deborah da giovane nel deposito in “C’era una volta in America”, anche per la bellissima melodia di sottofondo che pare uscita dal genio di Morricone; ma ce ne sono altre che restano indelebili, anche ore dopo la visione del film, che a distanza di giorni ti rimane in testa come qualcosa da elaborare. “Era già tutto previsto”, canzone di un acerbo Cocciante, fa da motivo conduttore lungo una fetta importante di film, che risulta come un’opera non di prosa ma di pura e semplice poesia, accompagnata da una colonna sonora di altissimo livello, nella quale figura anche My way di Frank Sinatra.
Capitolo extra per il cast. Come anticipato, una delle due protagoniste donna del film è la città di Napoli, meravigliosamente fotografata da Daria D’Antonio e inquadrata dalla pomposa (in senso positivo) regia di un Sorrentino che come suo solito fa lavorare gli attori al loro meglio, e questo è un dato di fatto inconfutabile anche per i suoi più acerrimi detrattori. Gary Oldman risulta talmente calato nella parte dello scrittore americano, omosessuale e alcolizzato, che sembra quasi nato per interpretarlo; per non parlare di uno strepitoso (come sempre) Silvio Orlando, deliziosamente iconoclasta e misogino ma dolcemente avvitato e incastrato in un dolore grave e maestoso, rappresentato da un figlio affetto da una non meglio specificata patologia, mnadata in scena attraverso una scena semi onirica. Peppe Lanzetta, che veste gli immancabili (per Sorrentino) panni clericali, si rivela ottimo interprete del Cardinale Tesorone, in una delle sequenze più blasfeme di sempre, tra le mura del Duomo di San Gennaro che compie si il miracolo, ma in differita, con la sua mitra e i suoi gioielli usati come oggetti del desiderio; Celeste Della Porta è davvero magnetica, sublime, anche quando si sofferma a pensare "a tutto il resto", una grande scoperta (in senso anche letterale), curiosamente somigliante ad Amanda, figlia della bravissima Stefania Sandrelli, in un ruolo di fine testo, struggente e malinconico.
L’epica e la qualità di ciò che vediamo, la fotografia, i piani sequenza, le scenografie, i cardinali dai capelli tinti intenti ad accendere due sigarette alla volta, le fusioni (sessuali) tra famiglie malavitose, la pseudo Sofia Loren interpretata meravigliosamente da Luisa Ranieri in 10 minuti di follia, i baci saffici in saune private, l’incesto, la depravazione, le depressioni risolte e quelle concluse tragicamente, la magnificenza stilistica e i meravigliosi paesaggi, l’acqua come elemento fondativo alla stregua della nascita del mito della sirena, un turbine continuo, un richiamo arcaico alle proprie radici: con questa pellicola Paolo Sorrentino fa pace col suo destino, con le sue origini e con la Donna. Davvero non capisco cosa si debba chiedere di più a un regista. Forse poteva risparmiarsi l'ultima sequenza con il carro allegorico di fede calcistica, forse poteva evitare qualche dialogo prolisso, in fondo l'opera è soggettiva, non deve piacere a tutti.
Ma più di qualsivoglia giudizio su un regista (che dovrebbe essere considerato patrimonio italiano da proteggere), mi soffermerei sulla bellezza di questo film: correte a vederlo appena possibile. Non lasciatevi sopraffare dall’essere anti sorrentiniani, e nemmeno influenzare da chi ne parla bene, compreso chi scrive. Quest’opera lascia qualcosa ad ognuno, sarete voi a capire, forse, cosa prendere e cosa lasciare, ed infine in cosa può avervi arricchito.
Concludo con una piccola considerazione: il Cinema è fatto di momenti, di singole scene che possono servire a risvegliare sentimenti e sensazioni talvolta sopite dal trascorrere del tempo. Ce n’è una in particolare a metà della pellicola, ambientata a Capri, un ballo nostalgico e malinconico a tre, che racchiude in pochi minuti un’energia talmente grande che inevitabilmente finisce per esplodere in emozione pura, costringendo chi la guarda (anche i meno emotivi) a versare almeno una lacrima, magari di nascosto: da sola, vale quasi l’intero film.
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giorpost
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lunedì 28 ottobre 2024
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maestoso ritratto di donna in un'opera poetica fatta di bellezza e tragedia
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Napoli, fine anni ’60. La sensuale e sfuggente Parthenope si muove sinuosa tra i luoghi suggestivi della terra che le ha dato il nome, concedendosi o negandosi a suo piacimento agli uomini (in erba o meno giovani) che le gironzolano intorno, rovesciando continuamente le loro convinzioni. La sua apparente disinvoltura nasconde variegate fragilità, e al contempo alcune granitiche certezze su cosa ella vuole davvero dalla vita, dispensando spesso risposte ad effetto, e tuttavia senza mai dare riferimenti. Nata in una famiglia agiata, circondata da amici di famiglia spesso ingombranti come il Comandante, trascorre le sue giornate rilassate e peccaminose in una Napoli sognante e glamour, tra musiche e vestiti che lasciano intravedere una fervente ascesa culturale, in parte sopita dall’avvento degli anni ’70 e dei relativi movimenti di protesta politica e sociale.
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Napoli, fine anni ’60. La sensuale e sfuggente Parthenope si muove sinuosa tra i luoghi suggestivi della terra che le ha dato il nome, concedendosi o negandosi a suo piacimento agli uomini (in erba o meno giovani) che le gironzolano intorno, rovesciando continuamente le loro convinzioni. La sua apparente disinvoltura nasconde variegate fragilità, e al contempo alcune granitiche certezze su cosa ella vuole davvero dalla vita, dispensando spesso risposte ad effetto, e tuttavia senza mai dare riferimenti. Nata in una famiglia agiata, circondata da amici di famiglia spesso ingombranti come il Comandante, trascorre le sue giornate rilassate e peccaminose in una Napoli sognante e glamour, tra musiche e vestiti che lasciano intravedere una fervente ascesa culturale, in parte sopita dall’avvento degli anni ’70 e dei relativi movimenti di protesta politica e sociale. Dopo un’estate apparentemente magnifica ed irripetibile, trascorsa nella dirimpettaia Capri, la giovane donna deve fare i conti con gli amori da lei non corrisposti, alcuni dei quali impossibili, come quello del fratello Raimondo, che finisce per cedere agli insistenti impulsi autodistruttivi. I suoi incontri sono talvolta casuali (vedasi il suo scrittore preferito, uno dei pochi uomini che gli fa conoscere la sensazione del rifiuto), ma quelli decisivi sono gli incroci almeno in parte programmati e voluti, come avviene con il professore universitario Marotta, burbero e saccente uomo di cultura che nasconde segreti e risposte antropologiche che Parthenope vuole assolutamente conoscere. Il suo cammino, mai tortuoso ma piuttosto caratterizzato da una flemma quasi autoritaria, la fa strisciare tra il mare nel quale era stata (letteralmente) messa al mondo e i luoghi sacri (e profanati) di una città a cui lei deve tutto, e da cui non vorrebbe mai staccarsi. Ma l’età adulta richiede scelte e decisioni spesso diverse da quanto si immagina durante la spensierata, bellissima ma breve giovinezza…
Paolo Sorrentino torna con un maestoso ritratto di donna, e per donna si vuole intendere le due protagoniste del film: Parthenope e Napoli. Il nuovo lavoro del regista premio Oscar non è solo un film, ma un viaggio esistenziale, un turbine epico di emozioni che difficilmente si possono trovare nel Cinema di oggi. Come usualmente sceglie di fare, Sorrentino mette in scena tante cose, spesso forti, ma come sempre non si arroga il fardello di dare risposte, lasciando il compito allo spettatore e alle singole sensibilità di ognuno. Ci sono molti richiami al suo cinema, e non si può fare a meno di rintracciare un minimo comun denominatore tra La grande bellezza ed E’ stata la mano di Dio, ma quest’opera vive ampiamente di vita propria, rimescolando le carte e concedendo molteplici spunti di riflessione. Alcune scene sono memorabili, come l’entrée della Galleria del centro dalla quale passano donne alla moda e bellezze locali intente a suscitare entusiasmi maschili, con un tappeto sonoro fantastico; una sequenza in particolare, ambientata nella carrozza-letto di Parthenope, ricorda la Deborah da giovane nel deposito in “C’era una volta in America”, anche per la bellissima melodia di sottofondo che pare uscita dal genio di Morricone; ma ce ne sono altre che restano indelebili, anche ore dopo la visione del film, che a distanza di giorni ti rimane in testa come qualcosa da elaborare. “Era già tutto previsto”, canzone di un acerbo Cocciante, fa da motivo conduttore lungo una fetta importante di film, che risulta come un’opera non di prosa ma di pura e semplice poesia, accompagnata da una colonna sonora di altissimo livello, nella quale figura anche My way di Frank Sinatra. Capitolo extra per il cast. Come anticipato, una delle due protagoniste donna del film è la città di Napoli, meravigliosamente fotografata da Daria D’Antonio e inquadrata dalla pomposa (in senso positivo) regia di un Sorrentino che come suo solito fa lavorare gli attori al loro meglio, e questo è un dato di fatto inconfutabile anche per i suoi più acerrimi detrattori. Gary Oldman risulta talmente calato nella parte dello scrittore americano, omosessuale e alcolizzato, che sembra quasi nato per interpretarlo; per non parlare di uno strepitoso (come sempre) Silvio Orlando, deliziosamente iconoclasta e misogino ma dolcemente avvitato e incastrato in un dolore grave e maestoso, rappresentato da un figlio affetto da una non meglio specificata patologia, rappresentata in un’immagine onirica. Peppe Lanzetta, che veste gli immancabili (per Sorrentino) panni clericali, si rivela ottimo interprete del Cardinale Tesorone, in una delle sequenze più blasfeme di sempre, tra le mura del Duomo di San Gennaro che compie si il miracolo, ma in differita, con la sua mitra e i suoi gioielli usati come oggetti del desiderio; Celeste Della Porta è davvero magnetica, sublime, una grande scoperta (in senso anche letterale) della quale sentiremo parlare moltissimo in futuro. Bravissima Stefania Sandrelli, in un ruolo di fine testo, struggente e malinconico.
L’epica e la qualità di ciò che vediamo, la fotografia, i piani sequenza, le scenografie, i cardinali dai capelli tinti intenti ad accendere due sigarette alla volta, le fusioni (sessuali) tra famiglie malavitose, la pseudo Sofia Loren interpretata meravigliosamente da Luisa Ranieri in 10 minuti di follia, i baci saffici in saune private, l’incesto, la depravazione, le depressioni risolte e quelle concluse tragicamente, la magnificenza stilistica e i meravigliosi paesaggi, l’acqua come elemento fondativo alla stregua della nascita del mito della sirena, un turbine continuo, un richiamo arcaico alle proprie radici: con questa pellicola Paolo Sorrentino fa pace col suo destino, con le sue origini e con la Donna. Ma più di qualsivoglia giudizio su un regista che dovrebbe essere considerato patrimonio italiano da proteggere, mi soffermerei sulla bellezza di questo film: correte a vederlo appena possibile. Non lasciatevi sopraffare dall’essere anti sorrentiniani, e nemmeno influenzare da chi ne parla bene, compreso chi scrive. Quest’opera lascia qualcosa ad ognuno, sarete voi a capire, forse, cosa prendere e cosa lasciare, ed infine in cosa può avervi arricchito. Concludo con una piccola considerazione: il Cinema è fatto di momenti, di singole scene che possono servire a risvegliare sentimenti e sensazioni talvolta sopite dal trascorrere del tempo. Ce n’è una in particolare a metà della pellicola, ambientata a Capri, un ballo nostalgico e malinconico a tre, che racchiude in pochi minuti un’energia talmente grande che inevitabilmente finisce per esplodere in emozione pura, costringendo chi la guarda (anche i meno emotivi) a versare almeno una lacrima, magari di nascosto: da sola, vale quasi l’intero film.
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[+] vedi napoli e poi muori? o muori prima di vederla
(di maopar)
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eralab
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lunedì 28 ottobre 2024
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come una poesia bellissima
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Trovo che Sorrentino questa volta si sia superato, per le pose, i colori, le musiche, l'armonia. Restituisce una Napoli nuova, lenta, rimane fedele al suo credo, alla sua ossessione del tempo, della bellezza, della gioventù, al mito. Mi è parsa poesia ogni singola mossa, ogni singola battuta, ogni silenzio.
Non mi ha stancata neppure un momento nonostante la lunghezza e non volevo finisse.
Avevo perso un po' la voglia di andare al cinema nell'ultimo anno, ma stasera l'ho ritrovata.
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weachilluminati
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domenica 27 ottobre 2024
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parthenope esagerato doloroso spiazzante
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csosa posso dirvi?
Le esagerazioni di Paolo Sorrentino lo rendono grande; la protagonista è splendida ma non basta.
weach illuminati
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anna rosa
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domenica 27 ottobre 2024
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quel pasticciaccio brutto di ..."partenope".
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Cosa vuol fare Sorrentino in questo film? A me pare che lui voglia rappresentare Napoli attraverso il mito greco della sirena Partenope, che ammalia senza mai darsi, in una dimensione temporale anteriore alla distinzione tra Bene e Male, per cui anche l'incesto è innocente (ricordare la scena in cui lei accusa l'amico, e non se stessa, del suicidio del fratello). Ora, tale tentativo Sorrentino cerca di attuarlo incarnando il mito in una donna in carne ed ossa di straordinaria bellezza (quasi due ore di primi piani sul suo volto e sul suo vestitino copri- capezzoli), che tutti ammalia, compreso il fratello poi suicida, e a nessuno si concede (salvo al prete-diavolo, ricoperta solo dei gioielli della cattedrale).
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Cosa vuol fare Sorrentino in questo film? A me pare che lui voglia rappresentare Napoli attraverso il mito greco della sirena Partenope, che ammalia senza mai darsi, in una dimensione temporale anteriore alla distinzione tra Bene e Male, per cui anche l'incesto è innocente (ricordare la scena in cui lei accusa l'amico, e non se stessa, del suicidio del fratello). Ora, tale tentativo Sorrentino cerca di attuarlo incarnando il mito in una donna in carne ed ossa di straordinaria bellezza (quasi due ore di primi piani sul suo volto e sul suo vestitino copri- capezzoli), che tutti ammalia, compreso il fratello poi suicida, e a nessuno si concede (salvo al prete-diavolo, ricoperta solo dei gioielli della cattedrale). Da adolescente la vediamo diventare donna e intraprendere la carriera di docente di antropologia (vuole capire la natura umana, essendo lei in realtà non totalmente umana, bensì ... sirena?), però ... a Trento, sola naturalmente anche se non più vergine, ben lontana da quella città che più personaggi del film dichiarano di detestare.
Il problema è che la storia risulta confusa e ridondante di barocchismi perché Sorrentino raccoglie, senza riuscire ad amalgamarli, elementi di varia provenienza legati ad una rappresentazione mitica di Napoli quale anche lui vorrebbe fare: "La pelle" di Malaparte, che ben si sposa con lo stile favolistico orroroso del Garrone di "Lu cunto di li cunti" di moltissime scene del film, "Ferito a morte" di La Capria nelle scene sulla terrazza affacciata sul mare di un antico palazzo adorno di statue antichissime che il tempo consuma come consuma gli inerti personaggi che tale palazzo abitano, infine, un po', anche "Io, Partenope" di Vassalli nella misura in cui "suor Partenope" sovverte il modo tradizionale di vivere la fede cristiana.
Sicuramente nel film ci sono altre cose ma io non le ho colte.
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roberto gambrosier
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domenica 27 ottobre 2024
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una noia mortale
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Molte lune fa vidi un trailer di un regista esordiente e ne rimasi colpito . Il film era L'uomo in più.
lo vidi , rimasi folgorato e da allora lo seguii godendomi ogni fotogramma .
da allora il regista é diventato ... un divo nel vero senso della parola .
Dopo il botto della Grande Bellezza Sorrentino ha esasperato il concetto di estetica a detrimento dei contenuti.
in breve Parthenope é di una noia mortale . I primi venti minuti sembra di assistere ad un lungo spot di D&G.
Due ore e venti per raccontare motti e luoghi comuni di Napoli , con la maestria e il manierismo di un fuoriclasse .
si salva Silvio Orlando e poco altro.
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Molte lune fa vidi un trailer di un regista esordiente e ne rimasi colpito . Il film era L'uomo in più.
lo vidi , rimasi folgorato e da allora lo seguii godendomi ogni fotogramma .
da allora il regista é diventato ... un divo nel vero senso della parola .
Dopo il botto della Grande Bellezza Sorrentino ha esasperato il concetto di estetica a detrimento dei contenuti.
in breve Parthenope é di una noia mortale . I primi venti minuti sembra di assistere ad un lungo spot di D&G.
Due ore e venti per raccontare motti e luoghi comuni di Napoli , con la maestria e il manierismo di un fuoriclasse .
si salva Silvio Orlando e poco altro.
Sorrentino resta un maestro e un regista di film meravigliosi ma qualcuno gli dica di voltarsi indietro e di riprendere a scrivere film meno " belli " ma con delle storie fatte e finite .
Altrimenti sono soltanto quadri in lontananza.
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flaw54
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domenica 27 ottobre 2024
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sorrentino ai minimi
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Film vacuo estetizzante e narcisistico come il regista che pensa di essere il nuovo Fellini. Trama inesistente, personaggi male inseriti, scene lunghe e prolisse che sono valide solo da un punto di vista visivo e nelle quali spesso viene esasperato il significato metaforico. È la grande bellezza rivisitata in peggio. Solo la giovane protagonista brava e dalla bellezza pulita e la Sandrelli nel finale ( unico personaggio che profuma di realismo ) permettono la visione del film.
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ros71
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domenica 27 ottobre 2024
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semplicemente una bella sprecata, come napoli
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Parthenope e' una di una bellezza così abbacinante che stordisce. Ambisci a possederla ma sfugge.
Corrompe e ti fai corrompere. E' specchio dei tuoi vizi e ti specchi. Parla alla tua coscienza e ti perdi a giudicarti.
Ma , nonostante tutto, tale bellezza non porta alla compiutezza ma alla fuga. Viene sprecata, perché porta la protagonista a vivere tutta la vita lontano e senza lasciare di sé niente, se non un applauso finale dei propri colleghi.
sorrentino e' semplicemente il miglior regista italiano, e forse europeo.
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mauro castiglion
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domenica 27 ottobre 2024
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presuntuoso
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Trovo in Sorrentino (non solo in questo film) l''insopportabile presunzione di saper veicolare nei suoi lavori chissà quali profondità di significati simbolici, chissà quali spunti di riflessione filosofica, mentre i dialoghi (scarsi, in Parthenope) sono di una banalità sconcertante, e quel che resta è solo una carrellata di "belle" (in senso accademico) fotografie, quasi una collezione di spot tipo Dolce e Gabbana. Autocompiacimento e vuota retorica, è questa la cifra fondamentale di Sorrentino.
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athos
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domenica 27 ottobre 2024
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splendore e miseria
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Un film complesso e lento che crea un parallelo tra la vita di una donna e la città di Napoli. Prima parte molto bella dove Celeste Dalla Porta riempie la scena con grazie e purezza. La gioventù porta con sè una leggerezza sempre pronta a esplodere. Molto belli i dialoghi con lo scrittore americano. Seconda parte complessa, La vita di s'immerge nel torbido (l'essenza di Napoli, secondo Sorrentino) e poi segue un percorso che non spoileriamo. Il regista va giù pesante in alcune scene (alcune signore sono uscite dalla sala) e la frase a fine film presenta una sorta di scusante. Film non riuscitissimo ma con notevole fascino.
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