Una pregevole ricostruzione storica sugli effetti devastanti della guerra. Un'opera che vista oggi porta a nuove riflessioni. Documentario, 2022. Durata 112 Minuti.
Un film che esplora il fenomeno della distruzione di massa della popolazione civile tedesca in letteratura. Espandi ▽
Sergei Loznitsa cita esplicitamente nel titolo il libro di W.G.Sebald edito nel 1999 nel quale si descrive la distruzione sistematica delle città tedesche e quindi della popolazione civile da parte dei bombardamenti aerei delle forze alleate.Ancora un'operazione di ricerca archivistica approfondita da parte di un regista che sa come piegare materiale più o meno di repertorio a un messaggio estremamente mirato. Il caso e la Storia questa volta hanno voluto che il sempre accurato lavoro di Loznista finisse con l'acquisire non solo, come ormai risulta chiaro dalle sue opere precedenti, un valore di rilettura di eventi del passato più o meno recente ma di acquisirne uno ulteriore. Il fatto che questo film venga proposto a Cannes 75 dopo che ormai da mesi tutti i media ci hanno offerto immagini ancor più terribili di una nuova guerra in Europa finisce con l'offrire a questo documentario un ampliamento della riflessione sull'effetto tuttora devastante della guerra sulla popolazione civile. Recensione ❯
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Un giovane ragazzo si trova improvvisamente a dover badare a due sorelle nella Tunisia post-rivoluzione. Espandi ▽
Il film di Lotfy Nathan restituisce con asciutto realismo le criticità della stagione successiva alla Primavera Araba, trasferendo nella storia di Ali quella di una nazione. Ali è un uomo in trappola, costretto all’illegalità per sopravvivere, di fronte a uno Stato impotente (l’ufficio di collocamento non può aiutarlo a trovare lavoro perché lui non ha istruzione) oppure apertamente ostile (gli agenti di polizia pretendono da lui una tangente). La sua storia individuale diventa la storia di un popolo, di una nazione dove nemmeno la caduta del regime e la democratizzazione del sistema politico hanno prodotto i cambiamenti sperati. Nel ruolo di Ali, l’attore franco-tunisino Adam Bessa offre un’intensa interpretazione, portando sul volto i segni di un’insofferenza sempre più pulsante, come una pentola a pressione sul fuoco pronta ad esplodere. Recensione ❯
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Un catalogo in movimento e una lettera al proprio papà che non c'è più. Un film dovuto, sentito e struggente. Documentario, Svizzera, Italia2022. Durata 87 Minuti.
Un dialogo intimo tra un padre, uno dei maggiori esponenti del Movimento di Architettura Radicale Fiorentino, e la figlia regista. Espandi ▽
Un commovente resoconto della vita e della carriera di Fabrizio Fiumi ad opera della figlia Elettra. Dopo la morte del padre Elettra inizia a ripercorrere le tappe principali della parabola del suo “babbo”, come ama chiamarlo, in quello che è a metà tra un documentario e la sua personalissima maniera di elaborare questo lutto e questa eredità pesantissimi. È difficile parlare di Radical Landscapes in modo oggettivo, e questo è dovuto soprattutto all’incredibile capacità di Elettra Fiumi nel far sì che le sue immagini si sottraggano sistematicamente a ogni tipo di razionalità. Radical Landscapes, proprio come i lavori del suo babbo, salta il filtro cerebrale e va dritto al cuore. Più che un documentario, è un vademecum per inguaribili idealisti (o forse sarebbe più corretto dire per idealisti radicali) finiti per un tremendo e inspiegabile errore, in un mondo in cui i sognatori e gli utopisti sono una specie in via di estinzione e sono la logica e la razionalità a farla da padrone. Recensione ❯
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La vita di una coppia cambia quando decidono di comprare un tavolino. Espandi ▽
Jesús e Maria sono una coppia che ha appena avuto un figlio, dopo due anni di difficoltosi tentativi. Maria ha deciso ogni dettaglio: dal nome d'altri tempi, Cayetano, fino all'arredamento e ai colori della casa. Per questo, Jesús insiste con ostinazione nell'acquisto di un tavolino da caffè dal gusto discutibile, anche se Maria è fermamente contraria. Vuole montarlo in tempo per la visita del fratello, accompagnato dalla sua giovane compagna Cristina.
Come se non bastasse, Jesús deve anche difendersi dalle assurde pretese di una tredicenne convinta di vivere una storia d'amore con lui. Tuttavia, tutte queste preoccupazioni svaniscono di fronte a un incidente domestico che dà origine alla situazione più atroce immaginabile, trasformando le ore successive in un inferno senza via d'uscita.
È cinema spagnolo estremo quello di La mesita del comedor, un film che si muove sullo scivoloso confine della moralità dello sguardo, scavando in un incubo angosciante. Recensione ❯
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La storia di una ragazza di 14 anni che spopola sul web. Espandi ▽
La storia di Leonie. influencer quattordicenne di Berlino e le sue appassionate adoratrici. Recensione ❯
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Una relazione padre-figlia raccontata attraverso un un road-trip in Canada verso un festival di corse di camion. Espandi ▽
Rodeo sarà anche incentrato su una famiglia disfunzionale, ma ha il sapore di un road movie ispirato ai rodei urbani delle periferie canadesi, una sorta di sottocultura diffusa nelle comunità a basso reddito in cui i camion occupano le strade, gareggiano e compiono acrobazie rischiose. Chiaramente esperta del suo argomento, la regista dipinge un ritratto senza fronzoli del mondo dei camionisti, iniettando nella sua narrazione tensione e poesia. Se il film della Paquette tocca il cuore, è soprattutto grazie alla recitazione naturale della sua coppia. Oltre a queste memorabili prove attoriali, Rodeo è messo in scena con sicurezza, ben supportato dalla gestione del piccolo spazio della cabina e da un'abile fotografia che sfrutta il paesaggio desertico e la frenetica competizione di questi autoveicoli. Punteggiata da deviazioni che evocano una suspense ansiogena, la storia risulta essere tremendamente convincente. Recensione ❯
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Due uomini condividono non solo la stessa via di casa ma anche una medesima sorte. Espandi ▽
Nel quartiere popolare dei ‘Bois du Temple’, alla periferia di Parigi, un gruppo di amici avvezzi alla criminalità pianifica l’assalto a un furgone portavalori carico di soldi e gioielli di proprietà di un ricco principe arabo. Il colpo riesce ma insieme al bottino c’è anche una valigetta piena di documenti top secret che il principe vuole assolutamente recuperare. Il regista muove i suoi personaggi, piccoli ladri che da predatori diventano prede, mentre su tutto aleggia un senso di tragedia inesorabile che si protrae fino alla fine. Nella fatalità con cui i predatori diventano prede emerge il cuore di un film circolare, finché a interrompere la spirale di violenza e morte interverrà proprio il protagonista. Recensione ❯
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Una riflessione sul rapporto tra fede e razionalità che sintetizza tutto il pensiero di un grande autore. Drammatico, Polonia, Israele, Italia2022. Durata 87 Minuti.
Un uomo vicino alla terza età riallaccia i rapporti con un giovane cugino genio della matematica. Questa frequentazione cambierà entrambi. Espandi ▽
L’ottantaquattrenne Zanussi prosegue la sua ricerca interiore e torna a riflettere sul rapporto tra fede e razionalità. Lo fa questa volta chiarendoci già in apertura che Joachim (e di conseguenza anche David) sono dei “personaggi”. Zanussi cioè sta facendo cinema e si avvale di questi due caratteri per portare sullo schermo i temi che continuano a stargli a cuore. Il suo pensare alla morte come spartiacque che impone di affrontare la domanda sull’aldilà anche a chi pensa di aver compiuto tutti i possibili cosiddetti ‘peccati’ (cosiddetti perché se un Dio non c’è non ha senso definirli tali) torna in questa sua opera in cui fa fare sintesi del suo pensiero a un mendicante che si vede offrire una cospicua somma di denaro purché affermi che Dio non esiste. La sua risposta è di quelle che si ricordano. Recensione ❯
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Il film segue la relazione tra un padre e un figlio che sono entrambi direttori d'orchestra. Espandi ▽
François e Denis Dumar sono due direttori d’orchestra, ma sono soprattutto sono padre e figlio. Il loro rapporto, tutt’altro che idilliaco, è messo ancor più in discussione dopo un annuncio che rappresenta il sogno di una vita per chi ricopre un ruolo come il loro: la possibilità di dirigere un’orchestra al teatro alla Scala di Milano. Maestro(s) è un film sul potere, spesso salvifico, della musica, sapientemente usata, non solo come contorno, ma anche come vero e proprio protagonista. Una musica che la fa da padrona e che prende sempre più campo, intensificandosi nei momenti chiave della vicenda, quasi prepotentemente. E, sempre prepotentemente, quasi sparisce nel momento di dialogo centrale, come a voler lasciare spazio a chi ha davvero bisogno di un confronto. Quella messa in piedi da Bruno Chiche è un’opera riflessiva che, pur se prettamente drammatica, regala anche dei momenti più leggeri che aiutano a comprendere le tante sfaccettature di due personaggi tutt’altro che semplici, ma indubbiamente autentici. Recensione ❯
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Una testimonianza universale dei soprusi commessi in nome dello Stato. Senza slanci sentimentali e grande umanità. Biografico, Drammatico - Francia2022.
Un tragico fatto di cronaca e il successivo dibattimento giudiziario, sono al centro di una miniserie in quattro episodi fortemente politica e civile. Espandi ▽
Malik Oussekine è ventiduenne parigino, figlio di immigrati algerini ma cresciuto largamente in Francia. Nel dicembre 1986, dopo aver assistito a un concerto della mitica Nina Simone, si imbatte in una pattuglia di poliziotti in motocicletta, che decidono di inseguirlo anche se non ha nulla a che fare con i casseur. Finisce così pestato a morte e, per ottenere giustizia, suo fratello maggiore si affida a un rinomato avvocato. L'altro fratello e la sorella non trovano invece la stessa valvola di sfogo e interiorizzano il dolore quasi quanto la madre. Il ministro intanto fa il possibile per insabbiare le indagini...
Un tragico fatto di cronaca e il successivo dibattimento giudiziario, sono al centro di una miniserie in quattro episodi fortemente politica e civile, che contrappone la dignità della famiglia all'omertà delle istituzioni.
Questo eleva Oussekine oltre il caso specifico, pur cruciale, e ne fa una testimonianza universale dei soprusi commessi in nome dello Stato e destinati a restare più o meno impuniti. Recensione ❯
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Jessica Chastain e Michael Shannon nei panni del duo più noto della musica folk: George Jones e Tammy Wynette. Espandi ▽
Cresciuta in una fattoria di cotone nel Mississippi, Virginia Pugh è una grande appassionata di musica e fin da bambina è fan della stella del country George Jones. Dopo gli studi di canto e il matrimonio con l'autore di canzoni Don Chapel, Virginia riesce a iniziare la carriera da cantante sotto lo pseudonimo di Tammy Wynette. Nonostante una vita di abusi, grazie alla sua determinazione è divenuta una stella in ascesa del country: per questo, le viene offerto di aprire un concerto del suo idolo George Jones, che a causa dei problemi di alcolismo sta invece cominciando a perdere smalto. Fin dal primo incontro, tra i due nasce un'intesa che darà vita a una prolifica collaborazione artistica e a una storia d'amore intensa e tormentata, capace di superare i confini del matrimonio.
Profonda e mai pietista, la miniserie ricostruisce attraverso uno sguardo penetrante l'immagine dei due cantanti, senza dimenticare il contesto storico-sociale e regalando al pubblico delle performance attoriali di rara intensità.
Abe Sylvia firma un altro biopic di qualità, che pur non distanziandosi dai canoni del genere colpisce nel segno, dipingendo un duplice ritratto ricco di colori e sfumature. Impossibile rimanere indifferenti a George e Tammy. Recensione ❯
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Il risveglio traumatico di un ragazzo che ha "perso" nella notte una parte del suo corpo. Espandi ▽
Una mattina Akira si sveglia e scopre che il suo pene – anzi, il suo popran – è sparito. Scioccato dalla scoperta, grazie a un misterioso gruppo d’aiuto scopre di non essere solo e soprattutto che il suo membro si è ribellato ed è diventato un oggetto volante che solca i cieli ai centocinquanta all’ora. Akira ha sei giorni di tempo per catturare il popran fuggito e per farlo deve tornare dalle persone che in passato ha ferito: l’ex socio in affari, la moglie e la figlia abbandonate e i genitori, con cui ha tagliato i ponti.
L’idea più bella di Popran, che come tutte le commedie nasconde dietro l’iniziale assurdità una visione malinconica dell’esistenza, è quella d’intendere la virilità non come espressione di una mascolinità aggressiva, ma come primo passo di un’identità maschile che non ha nulla da rivendicare o conquistare, se non il diritto a vivere e ad amare nel modo corretto. La morale è semplice e chiara (come la fotografia chiara e definita delle immagini), e nonostante le premesse il film non è per nulla immorale o scorretto. Il film ha l’intuizione di mettere in crisi la mascolinità senza umiliarla, offrendo semplicemente, attraverso una storia buffa e un po’ folle, la possibilità di rimediare ai propri errori e rimettere le cose a posto. Compreso il pene. Recensione ❯
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La storia di un gruppo di portoghesi che nel 1974 si vedrà costretto a lasciare l'Angola. Espandi ▽
Il film di Carlos Conceição mette insieme cinema d’autore e cinema di genere, per raccontare attraverso codici riconoscibili quello che non conosciamo. I sette militari protagonisti del film sono tante cose assieme: l’ultima ondata di giovani cresciuta per innervare lo sfiancato Impero Portoghese vecchio di quasi seicento anni e la prima leva di portoghesi a non avere il respiro d’Oltremare addosso ma solo la spinta del rettangolo di terra della penisola iberica; la manu militari e il simbolo dell’oppressione coloniale come i primi anelli di una catena che unisce i portoghesi della madrepatria con quelli nati in Africa; l’afflato libertario della Rivoluzione dei Garofani e il riflesso delle pose fasciste del regime di Salazar. Sono, insomma, puro anacronismo Questo anacronismo, questo continuo sforzo decolonizzante, Conceição ce lo rivela attraverso il cinema più puro che ci sia. È un cinema, quello di Tommy Guns in particolare puramente transnazionale attraverso le sue immagini, ma fieramente decolonizzante con i grumi significanti che queste generano. Un cinema, assieme, del passato e del futuro, il cinema anacronistico di cui si ha bisogno. Recensione ❯
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Una delle pagine più nere della storia statunitense in un montaggio crudo che diagnostica il punto morto di una nazione. Sperimentale, USA2022. Durata 78 Minuti.
Una libera compilation di vari materiali visivi sull'assalto a Capitol Hill a Washington il 6 gennaio 2021. Espandi ▽
La confusionaria e straziante cronaca dell’assalto a Capitol Hill, una lucida ricostruzione tra giornalismo e arte di una delle pagine più nere della storia americana. 75 minuti di puro montaggio: le testimonianze e le immagini sono state semplicemente scaricate dai social. Il super collage che Serrano ci propina è tanto lineare e semplice quanto puntale e crudo.
Ma la cosa più sconvolgente delle immagini è la facilità con cui i facinorosi entrano nel Campidoglio, senza che la polizia ricorra a lacrimogeni, proiettili di gomma o armi di alcun tipo. Ed è proprio qui che il leitmotiv del Serrano artista entra a gamba tesa nel documentario: ciò che rimane fuori dall’inquadratura, il controcampo sociale oserei dire, sono le immagini dell’assassinio di Malcolm X, di George Floyd, di Emmet Till e di centinaia di altri neri innocenti uccisi negli USA per abusi di potere e razzismo sistemico, mentre un’orda di bianchi repubblicani può entrare indisturbata in Campidoglio.
Serrano ha l’incredibile capacità di raccontare il totale dal particolare, di fare una prognosi completa a partire da un singolo sintomo. Recensione ❯
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Un lavoro tragicamente interrotto che osserva l'unica possibile realtà in una zona di guerra: quella della sopravvivenza. Documentario, 2022. Durata 105 Minuti.
Un insieme di filmati raccolti da Kvedaravicius durante le guerra in Ucrania. Il regista ha perso la vita nel conflitto ma i suoi collaboratori hanno deciso di montare il suo lavoro in un film. Espandi ▽
Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, il regista lituano Mantas Kvedaravicius e la compagna Hanna Bilobrova sono tornati a Mariupolis, dopo l’omonimo documentario del 2016, per documentare la vita quotidiana delle persone sotto le bombe. Dopo alcune settimane, Kvedaravicius, scambiato per un cecchino e arrestato, è stato ucciso. Più che un film, quello presentato al Festival di Cannes – come omaggio a un uomo ucciso sul campo e alla donna che ha rischiato la sua stessa vita per riportare a casa il cadavere del compagno – è la testimonianza di un lavoro in corso tragicamente interrotto. Eppure anche così se ne può percepire la forza: della vita degli abitati di un quartiere di Mariupolis si osserva l’unica possibile realtà in una zona di guerra, quella della sopravvivenza. Non c’è un unico refolo di vita, nelle immagini di Mariupolis 2: la stessa durata sbilanciata, per quanto figlia dell’estemporaneità del progetto, testimonia un progredire del tempo che non ha nulla di vivo, ma solo un inutile, vuoto andare avanti. Recensione ❯
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