Anno | 2022 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Francia |
Durata | 96 minuti |
Regia di | Bruno Chiche |
Attori | Miou-Miou, Yvan Attal, Pascale Arbillot, Pierre Arditi, Caroline Anglade Nils Othenin-Girard. |
Tag | Da vedere 2022 |
Distribuzione | Bim Distribuzione |
MYmonetro | Valutazione: 3,50 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
|
Ultimo aggiornamento sabato 29 ottobre 2022
Il film segue la relazione tra un padre e un figlio che sono entrambi direttori d'orchestra.
CONSIGLIATO SÌ
|
François e Denis Dumar sono due direttori d'orchestra, ma sono soprattutto sono padre e figlio. Il loro rapporto, tutt'altro che idilliaco, è messo ancor più in discussione dopo un annuncio che rappresenta il sogno di una vita per chi ricopre un ruolo come il loro: la possibilità di dirigere un'orchestra al teatro alla Scala di Milano. Il posto viene offerto, tramite una telefonata, a François, in attesa da sempre di questa chiamata. Ma c'è un errore, la segretaria ha fatto confusione e ha chiamato il Dumar sbagliato...
Maestro(s) è un film sul potere, spesso salvifico, della musica, sapientemente usata, non solo come contorno, ma anche come vero e proprio protagonista.
Bruno Chiche costruisce un film lineare che ruota attorno a un errore, a un fraintendimento e, come molti titoli che utilizzano questo escamotage, scava a fondo nelle conseguenze che questo sbaglio crea nei personaggi e nei loro rapporti. Non è tanto il sogno di entrambi a diventare centrale nella narrazione, ma è l'interesse suscitato nello spettatore dal cercare di capire come i due dipaneranno la matassa venutasi a creare. I rapporti si incrineranno ancora di più o questa sarà l'occasione per avvicinarsi una volta per tutte?
Una musica che la fa da padrona e che prende sempre più campo, intensificandosi nei momenti chiave della vicenda, quasi prepotentemente. E, sempre prepotentemente, quasi sparisce nel momento di dialogo centrale, come a voler lasciare spazio a chi ha davvero bisogno di un confronto.
La metafora musica/famiglia è poi forse la vera chiave di lettura del film. Il (doppio) rapporto padre-figlio che Yvan Attal e Pierre Arditi (e Nils Othenin-Girard) intessono è fatto principalmente di silenzi e di sguardi. Un po' a causa dei loro "trascorsi", un po' perché quasi abusano della musica, che rappresenta la loro espressione principale. Per questo, quindi, nei rari momenti in cui sono insieme, preferiscono ricorrere al silenzio. E il non detto prende campo, insinuandosi nella vita, privata e non, di entrambi. Dalla lettera scritta e letta di soppiatto, all'incrinarsi dei rapporti affettivi.
Due maestri che, invece di insegnare, apprendono per tutto il corso della narrazione. Cercano solo apparentemente di donare qualcosa agli altri, ma sono gli altri che, in realtà, donano a loro quello che possiedono, dalla conoscenza, all'amore, passando per vere e proprie lezioni di vita.
Diventa quindi inutile ed esageratamente ridondante soffermarsi sugli innumerevoli premi ricevuti da entrambi che adornano le pareti di entrambe le magnifiche abitazioni e sul quale, invece, il regista indirizza la macchina da presa. Anche sfruttando la scia della scena iniziale, nella quale Denis riceve un prestigioso premio alla carriera.
Quella messa in piedi da Bruno Chiche è un'opera riflessiva che, pur se prettamente drammatica, regala anche dei momenti più leggeri che aiutano a comprendere le tante sfaccettature di due personaggi tutt'altro che semplici, ma indubbiamente autentici.