Un documentario che assembla con pazienza un gran numero di home movies a São Vicente e backstage di live filmati. Dal 28 ottobre al cinema.
di Raffaella Giancristofaro
Una parabola, quella di Cesária Évora (1941-2011), simile a quelle di Bille Holiday e Edith Piaf: un talento vocale naturale, grande personalità, vita avventurosa, povertà e discriminazione e al tempo stesso attrazione per l'abisso, l'autodistruzione. Lo racconta con precisione il documentario di Ana Sofia Fonseca, di origini portoghesi e capoverdiane. Distribuito in Italia da Risi Film, ha circolato in oltre 60 Paesi, dopo la prima al SXSW Festival di Austin, la storia che racconta ha chiari tratti di universalità ed esemplarità.
La regista identifica in un'immagine, prima nascosta e rivelata nel finale, l'idea del film, ricordata dal sottotitolo italiano: i piedi di Cesária Évora, che sintetizzano il senso di un'esistenza, molto più di quanto qualsiasi ricostruzione filmica possa fare. Parlano di miseria, necessità, malattia e prossimità con la strada.
Il pilastro attorno a cui ruota il film è la voce di José da Silva (nessuno dei testimoni appare in video girati ad hoc oggi, salvo la nipote Janete): scopritore e manager dell'artista, che racconta il loro insperato e fortuito incontro a Lisbona, in un ristorante frequentato da capoverdiani, dove lei canta, da totale sconosciuta.