writer58
|
mercoledì 20 febbraio 2019
|
alla ricerca del fuoco...
|
|
|
|
"Il primo re " di Matteo Rovere è un film potente e filologicamente accurato che ci propone una descrizione delle società arcaiche essenziale e lontana dai miti e dalle leggende che la tradizione ha codificato nella narrazione di Romolo e Remo. Una natura primordiale - e molto più forte dei pochi umani che la popolano-, insediamenti rarefatti di capanne monofamigliari, "spiriti" e demoni che abitano la foresta e che necessitano di essere placati da sacrifici umani, prigionieri costretti a combattere fino alla morte tra di loro, il fuoco come elemento sacro che dà vita e calore, una lotta per la sopravvivenza ferina e brutale, un'intera esistenza passata tra fango, fame e la sopraffazione dei vincitori.
[+]
"Il primo re " di Matteo Rovere è un film potente e filologicamente accurato che ci propone una descrizione delle società arcaiche essenziale e lontana dai miti e dalle leggende che la tradizione ha codificato nella narrazione di Romolo e Remo. Una natura primordiale - e molto più forte dei pochi umani che la popolano-, insediamenti rarefatti di capanne monofamigliari, "spiriti" e demoni che abitano la foresta e che necessitano di essere placati da sacrifici umani, prigionieri costretti a combattere fino alla morte tra di loro, il fuoco come elemento sacro che dà vita e calore, una lotta per la sopravvivenza ferina e brutale, un'intera esistenza passata tra fango, fame e la sopraffazione dei vincitori.
Il cinema ha rappresentato il mito in modi diversi: da quello cartonato e manicheo di Hollywood al modello pulp e splatter di Mel Gibson in "Apocalypto", dalle suggestioni prometeiche di "Revenant" all'approccio estatico e meditativo di Malick. Tuttavia, "Il primo re", non si identifica con nessuno di questi filoni: propone una rappresentazione della leggenda carnale e poco lirica, volenta ma non compiaciuta, attenta ai valori estetici di una natura ostile ma non estetizzante, emotivamente coinvolgente ma non enfatica, attenta alle superstizioni e ai terrori verso l'occulto, così come alla lotta per il potere in comunità di poche centinaia di persone.
i personaggi parlano un latino arcaico che viene sottotilato in italiano: è curioso constatare come questa soluzione riguardi ormai diverse produzioni italiane di successo, come "Gomorra", quasi a significare che le radici e le declinazioni locali sono più interessanti delle storie narrate nell'idioma comune.
Il film di Rovere dispone di un cast eccellente, a cui è stato richiesto molto in fase di realizzazione dell'opera, un impegno totale e massacrante. Borghi, l'attore che ha impersonato Remo, così descrive la sua esperienza: “Nudo, al freddo, di notte. Talvolta sul set non riuscivo più a chiudere le mani. Mangiavamo in mezzo al bosco senza lavarci per giorni, tanto che il primo albergo che ci ha ospitato ci ha chiesto il rimborso per le lenzuola! E’ stato bello relazionarsi con la natura e con la terra”
Il film è centrato sul rapporto tra i fratelli, un rapporto forte e carnale, fin dalle prime sequenze quando i due sopravvivono a stento all'esondazione del Tevere. Remo difende il fratello rimasto ferito in combattimento da coloro che lo vogliono sacrificare agli Dei, s'impone come guida del gruppo di fuggiaschi, si propone come re, sfida il volere delle Divinità e i presagi della vestale; Romolo è più vicino alle tradizioni, meno ribelle, non desidera rivolte prometeiche, fonda la sua leadership sul consenso più che sull'eroismo e la paura. Solo uno dei due sopravviverà come preannuciato nella profezia.
"Il primo re" mi è parso una proposta coraggiosa e importante, dotata di una magnifica fotografia, che, al netto di qualche momento enfatico nel finale (ma era difficile evitarlo, considerando che si stava narrando la nascita dell'impero romano), propone un affresco verosimile e suggestivo delle società premoderne, società che appaiono distanti anni luce da noi, ma che rappresentano le radici della nostra civilizzazione disseminata lungo un percorso di un centinaio di generazioni.
Un ottimo film, un autore che si conferma come uno dei maggiori talenti emergenti nel nostro paese.
W.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a writer58 »
[ - ] lascia un commento a writer58 »
|
|
d'accordo? |
|
loland10
|
domenica 3 febbraio 2019
|
acqua e fango
|
|
|
|
“Il Primo Re” (2019) è il quarto lungometraggio del regista-sceneggiatore-produttore romano Matteo Rovere.
‘Un Dio che può essere compreso non è un Dio’
(frase incipit dello scrittore drammaturgo britannico William Somerset Maugham).
Ecco che una frase minima ma fondamentale che appare in basso sullo schermo, arcaicamente, prefigura l’indice di un paganesimo religioso e di una forza interiore di un uomo prossimo al comando.
Ecco che il Re va avanti senza volerlo con il vigore del fuoco come un Dio e la bellezza cruda di una veggente che è itinerante con il destino che apre una storia che nessuno conosce.
[+]
“Il Primo Re” (2019) è il quarto lungometraggio del regista-sceneggiatore-produttore romano Matteo Rovere.
‘Un Dio che può essere compreso non è un Dio’
(frase incipit dello scrittore drammaturgo britannico William Somerset Maugham).
Ecco che una frase minima ma fondamentale che appare in basso sullo schermo, arcaicamente, prefigura l’indice di un paganesimo religioso e di una forza interiore di un uomo prossimo al comando.
Ecco che il Re va avanti senza volerlo con il vigore del fuoco come un Dio e la bellezza cruda di una veggente che è itinerante con il destino che apre una storia che nessuno conosce.
Il cinema nel mito di un racconto di fratelli e della dinastia, da dei e destini, da leggende e da Enea, da Alba Longa alla città al di là del Tevere.
Romoloe Remo sono catturati dalle genti di Alba, riescono a fuggire innescando una rivolta, iniziano un percorso tra terre e boschi dove Remo conquista tutti e vuole sfidare le forze sopra di lui. Una vestale con il suo fuoco ricorda il volere degli dei e il destino di ciascuno. Il duello finale e il confine dove sorgerà la nuova città. Siamo nel 753 a. C.
Cinema di respiro, cinema di stomaco, cinema di ambientazione tra mito e storia, tra vigore linguistico e corpi sporchi, carne e sangue. La tragedia infiammata di una nascita, gli eventi primitivi di un’epopea nascosta e misteriosa.
In un mondo sconosciuto e senza segni di gloria, in una campagna spenta e boschi vergini, tra torrenti e dirupi e un Tevere da conoscere il film dipana una storia immaginifica nel reale tra i sogni violenti di molti e la rudezza viva dei due fratelli Romolo e Remo.
Un cinema ampio che spaventa per la vigoria fisico e la bramosia di non assecondare con tutti, innanzitutto per il linguaggio arcaico e poco comprensibile, quel proto-latino con sottotitoli e un seguire i dialoghi asciutti e poco coprenti l’intero film.
Sensazioni viscerali con crudeltà visive nette, poco dato al non visto e una rarefazione della luce, quasi sempre dall’alto tra le boscaglie e poca avvenente nelle aree aperte. Tutto esterni e chiuso, scomposto e incivile. Una fotografia plumbea, oscurante, polverosa, rognosa e sanguigna. Una nebbia continua e un cielo, quando si vede, chiuso, tetro e pieno di livori, umidità penetrante e pettorali in ansia tra piogge vistose e fanghi in risalto.
Ecco tutto si può dire ma che non sia una pellicola ferma e basculante: il regista ci da dentro come meglio ti aspetti. Un film di stomaco, con poca aria fritta, tra un Alejandro G. Inarritu (‘Revenant‘) e un Mel Gibson (‘Apocalypto’), volendo fare dei paragoni.Certo la teatralità è al massimo e la vigoria non leccata pare ed è il punto di partenza. Nessun compiacimento di abbellimento, nessun tono di aggiustamento e, soprattutto, nessun trucco sui volti, capelli e finzioni narrative.
Lo scontro è vivido, sprezzante, astioso, sporco, crudele, mai nascosto e poco incline alla retorica.
Un film che già dal suo linguaggio puro e non comprensibile ad oggi (chi sa vederli senza nessun sottotipo che effetto farebbe allo spettatore appassionato di cinema e a quello comune....) chiosa il succo delle viscere come suprema realtà tra un fuoco che non si deve spegnere e un amore fraterno nato dalla spada e dal suo sangue.
Il riferimento arcaico e mitologico va di pari passo ad un confronto Romolo e Remo con Caino e Abele.L’uomo riesce ad essere vivo e forte, re e grande quando uccide verrebbe da dire. L’epilogo della traccia del confine e del duello furente nella battaglia di una nuova città è una metafora che va oltre il racconto stesso e la sua storia vera.
E i titoli di coda con musica ansiosamente forzata e condensata nelle epiteto narrativo ingrandisce il mito nelle successioni avanzate di una città che doveva sorgere al di là del fiume (il Tevere).
Colonna sonora (di Andrea Farri), appunto, di grande effetto, scandita, estroversa, che sconquassa oltre il non visto. Un qualcosa che incide ancor di più il dito nella piaga della lotta.
Fotografia (di Daniele Ciprì) fangosa, radente, imbrunita, rozza è fortemente appiccicosa: il quadro in movimento in ogni set ricostruito; una bellezza dirompente al contrario. Un autunno aggrovigliato di grigi e di dee oscure, una melma scorrevole tra acque e carni addomesticate. Un sconquasso di colori s-laccati.
Intenso schermo e scanditi tempi camuffati da antistorici; Lividi e sangue, bastoni e spade, frecce e cavalli, il ‘rebot’ anti-litteram della guerra corpo a corpo; Prima vigoria fisicità e prima statuaria Kubrickiana (‘Spartacus’); Resoconto vile e senza mezzi termini a soqquadro, Inverecondo film per un cinema non addormentato nei facili meandri; Mostri facciali che recitano senza guardarci; Omericamente un viaggio senza fissa dimora, ma da costruire; Romolo e Remo fratelli di fiato e di violenza, fratelli che arrivano oltre un sogno; E senza dire pare di aver visto una pellicola che ancora sul tempo da rimescolare.
Plutarcoe la storia di Roma: dal biografo i racconti di una città e i suoi fasti; titoli di coda alla data di inizio e l’espansione dell’Impero Romano.
Cast di impatto corporeo e esposto a tutto, mascherati da fanghi e trucidi, stanchi e impopolari.
Alessio Lapice(Romolo) in crescendo per una parte finale di grande efficacia; Alessandro Borghi (Remo) riesce a esserci con coraggio e forza mascherando la bravura sotto il fango e la recitazione. Tania Garribba (Satnei-Vestale): di rilievo il suo sguardo e le sue misure verso i due fratelli, riesce bene a ritagliarsi la parte.
Regia (e produzione) di Matteo Rovere mescolante, tremante, focosa e arditamente in prima linea. Che il gusto di un certo arieggiare e pensare in grande non abbassi il guado e superi il confine.
Voto: 7½ (***½)
[-]
|
|
[+] lascia un commento a loland10 »
[ - ] lascia un commento a loland10 »
|
|
d'accordo? |
|
rosmersholm
|
giovedì 7 febbraio 2019
|
bene lo sforzo, ma...
|
|
|
|
Le idee che stanno alla base de Il Primo Re, sono estremamente interessanti: l'ambientazione "barbarica"", l'uso della lingua, il conflitto tra i due fratelli... Rovere è un bravo regista ma non ha lo stile e il passo dell'autore di cinema che sarebbe stato necessario per maneggiare compiutamente questi materiali. Il film cerca quindi la strada della continua spettacolarizzazione senza però quella necessaria abilità professionale e qualla potenza produttiva a cui ci ha abituato il cinema americano. I continui riferimenti a film già visti e digeriti (impossibile non pensare ad Apocalypto ad esempio), a scene cult citate spericolatamente (Borghi che emerge dal fango come Rambo, ecc), la ripetititvità delle scene di combattimenti coreografate in modo da contraddire le premesse autorali che il film vorrebbe avere, accompagnano mestamente il film verso una scena finale sulle rive del Tevere francamente debolissima e produttivamente poverissima.
[+]
Le idee che stanno alla base de Il Primo Re, sono estremamente interessanti: l'ambientazione "barbarica"", l'uso della lingua, il conflitto tra i due fratelli... Rovere è un bravo regista ma non ha lo stile e il passo dell'autore di cinema che sarebbe stato necessario per maneggiare compiutamente questi materiali. Il film cerca quindi la strada della continua spettacolarizzazione senza però quella necessaria abilità professionale e qualla potenza produttiva a cui ci ha abituato il cinema americano. I continui riferimenti a film già visti e digeriti (impossibile non pensare ad Apocalypto ad esempio), a scene cult citate spericolatamente (Borghi che emerge dal fango come Rambo, ecc), la ripetititvità delle scene di combattimenti coreografate in modo da contraddire le premesse autorali che il film vorrebbe avere, accompagnano mestamente il film verso una scena finale sulle rive del Tevere francamente debolissima e produttivamente poverissima. Da vedere comunque per sostenere un meritevole sforzo di uscire dai soliti canoni del cinemino italiano.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a rosmersholm »
[ - ] lascia un commento a rosmersholm »
|
|
d'accordo? |
|
cinefoglio
|
sabato 2 febbraio 2019
|
istantanea de il primo re
|
|
|
|
Matteo Rovere ci trascina, senza fronzoli e senza retorica, indietro nel tempo, a quel 753 a.C. di terre selvagge e stato di natura, geografie in cui la città di Alba regnava incontrastata, e la sofferenza della schiavitù e del terrore trovava conforto solo nel timore del Dio-fuoco.
La pellicola ha, senza ombra di dubbio, il pregio di raccontare in immagini un mito classico della atavica fondazione della Urbe, discostandosi dalle formule poetiche e mitologiche e ricostruendo uno scenario vero, primitivo e cruento della storia dei due fratelli.
La ricerca di un’estetica forte e decisa è presente, guardando (con sequenze da tributo) alla monumentalità ed il macabro di Apocalypto (2006) ed ispirandosi all’assillo interiore delle musiche del Macbeth, più recente, di Kurzel (2015).
[+]
Matteo Rovere ci trascina, senza fronzoli e senza retorica, indietro nel tempo, a quel 753 a.C. di terre selvagge e stato di natura, geografie in cui la città di Alba regnava incontrastata, e la sofferenza della schiavitù e del terrore trovava conforto solo nel timore del Dio-fuoco.
La pellicola ha, senza ombra di dubbio, il pregio di raccontare in immagini un mito classico della atavica fondazione della Urbe, discostandosi dalle formule poetiche e mitologiche e ricostruendo uno scenario vero, primitivo e cruento della storia dei due fratelli.
La ricerca di un’estetica forte e decisa è presente, guardando (con sequenze da tributo) alla monumentalità ed il macabro di Apocalypto (2006) ed ispirandosi all’assillo interiore delle musiche del Macbeth, più recente, di Kurzel (2015).
Nonostante la profonda ispirazione, almeno in quei motivi storici come la lingua vernacolare, il mutismo nelle fasi di caccia e la paura devozionale verso le arti divine, il Primo Re si avvale di una sorta di patina che de-satura le immagini, quasi a voler ricreare un sogno (o degli spettatori, o delle visioni di Remo) alquanto originale.
Ciò nonostante, accostate alle buone coreografie delle sfide da arena e dei combattimenti vari (più barbarici che “da fioretto”), si è persa qualche scena nella ricerca di un’osservazione partecipativa nelle azioni in qualche passaggio aereo di troppo.
La storia è strettamente lineare e, come un Vlog, segue attentamente ogni passo di Remo, interpretato da un gladiatore Alessandro Borghi, e del fratello Romolo, a cui presta il volto Alessio Lapice.
La compagnia di ventura (che presenta volti noti) si cala perfettamente nello sforzo di ricreare degli uomini, che a conti fatti, pensavano, vivevano o cercavano di sopravvivere ben più di duemila cinquecento anni fa, le cui interpretazioni sono convincenti anche se (forse per l’altezza, forse per gli occhi chiari) non perfettamente storicizzati.
Film storico ma di guerra, a suo modo, di liberazione e di affermazione contro il potere costituito, materiale ed ideologico: la paura del nemico e il giogo degli Dei saranno gli avversari di Remo, ai quali contrapporrà la forza e la volontà di voler comandare come uomo-re, ahimè scontrandosi, in definitiva, con il fratello, ben più moderato e timoroso della sacralità.
Il Primo Re si definisce un valido esperimento, forte dal lato dell’immagine e della violenza messa in scena, carente dal lato della scrittura (già il trailer suggeriva un film più muto e devoto alla contemplazione), anche se sostenuta da una buona interpretazione.
01/02/2019
[-]
|
|
[+] lascia un commento a cinefoglio »
[ - ] lascia un commento a cinefoglio »
|
|
d'accordo? |
|
ale
|
sabato 9 febbraio 2019
|
un dio che può essere compreso non è un dio
|
|
|
|
Mi accingo a comprare il biglietto d’ingresso per “il Primo re” e al botteghino ci viene detto: sapete che questo film non è in italiano ma in latino sottotitolato in italiano? Comunque non vi preoccupate tanto perchè non vi sono tanti dialoghi; dunque insieme a mia moglie ci accingiamo ad entrare in sala con questa raccomandazione.
[+]
Mi accingo a comprare il biglietto d’ingresso per “il Primo re” e al botteghino ci viene detto: sapete che questo film non è in italiano ma in latino sottotitolato in italiano? Comunque non vi preoccupate tanto perchè non vi sono tanti dialoghi; dunque insieme a mia moglie ci accingiamo ad entrare in sala con questa raccomandazione.
Premesso che già sapevamo che il regista aveva interpellato studiosi dell’Università La Sapienza per preparare i dialoghi in un latino arcaico, certo non ci aspettavamo una cotanta raccomandazione del tipo “ Ma siete proprio sicuri ?”
Ma appena iniziano le prime immagini la raccomandazione fattaci viene dimenticata: che spettacolo visivo! Grandissime panoramiche di terre “selvagge”, luoghi senza tempo, dove la Natura decide la vita e la morte degli esseri viventi. Ecco che il Tevere travolge tutto e tutti: dal gregge, ai due pastori Romolo e Remo. E subito si intuisce che Remo, statuario e gladiatorio non fa che proteggere il fratello Romolo, perché appena bambino lo ha promesso alla Madre, assassinata dai soldati della spietata Albalonga. Remo salva Romolo, prima dalla furia del Tevere in piena, poi dagli spietati soldati di Albalonga e via via lo protegge da chiunque voglia attentare alla sua vita, aiutato anche da una sacerdotessa, da loro rapita, che gli predirrà che dal Fraticidio nascerà il re che fonderà la città eterna. Torniamo ai dialoghi: certo non di facile comprensione ma i sottotitoli aiutano e non ci pesa certamente il tutto e comunque di dialoghi c’è ne sono...
Bella l’idea (non certo nuova, vedasi La passione di Mel Gibson) di utilizzare il latino parlato da Romolo e Remo perché ciò aiuta lo spettatore ad immergersi a pieno nella storia. La storia parla anche di come in un periodo ancora arcaico l’uomo abbia timore degli Dei e meno consapevolezza del proprio intelletto. A un certo punto Remo cerca di elevarsi a Dio: bella l’interpretazione del bravissimo Alessandro Borghi ma poi pentito si percepisce in lui la coscienza di aver osato troppo, la consapevolezza di essere solo un uomo.
Molto cruda, brutale e primordiale la fuga dei due fratelli e di altri schiavi, quest’ultimi senza nessun ideale, senza una dimora ma con l’unica cosa che a quei tempi probabilmente era presente: l’istinto. Tutti comunque auspicano di trovare una fissa dimora.
Apprezzo anche l’idea di girare tutte le scene con luce naturale e il tutto non fa che catapultarci ancora di più nel probabile Lazio del 753 a.c.
Che belle le scene nella Palude per esempio...
Forse ciò che ho trovato banale è il modo in cui Romolo uccide Remo: troppo inverosimile perché Romolo per tutto il film è sempre stato tra la vita e la morte, protetto di continuo dal fratello e all’improvviso Romolo riesce ad uccidere con estrema facilità Remo.
Ma forse ancora una volta Remo non ha fatto che mantenere la promessa di proteggere il fratello al costo stesso della vita o forse pentito di aver sfidato gli dei e/o magari convintosi che è Romolo il prescelto.
Chissà come sono andate veramente le cose quel 21 aprile del 753 a.c. ?
[-]
|
|
[+] lascia un commento a ale »
[ - ] lascia un commento a ale »
|
|
d'accordo? |
|
giancarlo
|
giovedì 7 febbraio 2019
|
più di un semplice film!
|
|
|
|
Opera davvero importante, un film con una straordinaria struttura narrativa, rafforzata dall'ambientazione realistica, dalla fotografia del bravissimo Ciprì e dalla leziosità data dal ricorso ad un latino preclassico. Un'immersione nell'età del ferro davvero prorompente. L'opera esprime una potenza ancetrale, con varie chiavi di lettura, così come nei grandi film. Il senso della spiritualità e come questa abbia un'importanza fondamentale nella costruzione di una comunità, il rapporto tra il libero arbitrio e il destino, l'amore fraterno, la conquista della leadership all'interno di un gruppo, l'autocrazia e la libertà, l'enucleazione del concetto di Dio, partendo dalle forze della Natura, questi alcuni deli filonii riscontrabili all'interno del racconto.
[+]
Opera davvero importante, un film con una straordinaria struttura narrativa, rafforzata dall'ambientazione realistica, dalla fotografia del bravissimo Ciprì e dalla leziosità data dal ricorso ad un latino preclassico. Un'immersione nell'età del ferro davvero prorompente. L'opera esprime una potenza ancetrale, con varie chiavi di lettura, così come nei grandi film. Il senso della spiritualità e come questa abbia un'importanza fondamentale nella costruzione di una comunità, il rapporto tra il libero arbitrio e il destino, l'amore fraterno, la conquista della leadership all'interno di un gruppo, l'autocrazia e la libertà, l'enucleazione del concetto di Dio, partendo dalle forze della Natura, questi alcuni deli filonii riscontrabili all'interno del racconto. Appassionante, coinvolgente, davvero un capolavoro. Consigliatissimo
[-]
|
|
[+] lascia un commento a giancarlo »
[ - ] lascia un commento a giancarlo »
|
|
d'accordo? |
|
frenky 90
|
mercoledì 13 febbraio 2019
|
grazie groenlandia
|
|
|
|
Bisogna dire grazie a Matteo Rovere. Bisogna dire grazie a lui, a Sydney Sibilia e a Groenlandia, la
loro casa di produzione. Perchè questo non è soltanto un film, è la rinascita del cinema italiano. Se
credete stia esagerando ditemi quando mai nella storia recente della settima arte del nostro Paese si
è vista un'opera con la stessa ambizione, con lo stesso valore, con la stessa qualità. La verità è che
lavori come questo siamo abituati ad andare a vederli al cinema solo col marchio a stelle e strisce.
La fotografia anamorfica di Lubezki (che pure è messicano ma sappiamo la macchina che lo mette
in moto quale bandiera batte) non di Daniele Ciprì; l'interpretazione di Di Caprio, non di Borghi;
l'aramaico antico di Gibson, non il proto-latino di Rovere.
[+]
Bisogna dire grazie a Matteo Rovere. Bisogna dire grazie a lui, a Sydney Sibilia e a Groenlandia, la
loro casa di produzione. Perchè questo non è soltanto un film, è la rinascita del cinema italiano. Se
credete stia esagerando ditemi quando mai nella storia recente della settima arte del nostro Paese si
è vista un'opera con la stessa ambizione, con lo stesso valore, con la stessa qualità. La verità è che
lavori come questo siamo abituati ad andare a vederli al cinema solo col marchio a stelle e strisce.
La fotografia anamorfica di Lubezki (che pure è messicano ma sappiamo la macchina che lo mette
in moto quale bandiera batte) non di Daniele Ciprì; l'interpretazione di Di Caprio, non di Borghi;
l'aramaico antico di Gibson, non il proto-latino di Rovere. Questo film è un piccolo grande miracolo
ed è segno che finalmente, in maniera tangibile e “visibile”, le cose in Italia stanno davvero
cambiando, almeno in questo campo, almeno in questa arte. Questo ci salverà tutti? No. Ma è
almeno prova che quando cambia il pubblico per fortuna cambia anche l'intrattenimento che innalza
il suo valore al servizio di uno spettatore che si è stancato di prodotti di serie C e di stare a guardare
di fronte al mondo. Da oggi il kolossal parla anche italiano, o latino in questo caso. Epicità che mai
disturba nella sceneggiatura di Filippo Gravino e Francesca Manieri, oltre che dello stesso Rovere,
laddove si ritrova al servizio di un mito che mai poteva apparirci più realistico e crudo senza
scadere nel pulp Tarantiniano, che qui sarebbe stato fuori luogo, ma trascinandoci piuttosto di peso
dentro la Storia con la S maiuscola. Con un cast perfettamente calato nei ruoli senza sbavatura
alcuna il fruitore può concentrarsi interamente sul drammatico dualismo fratricida fra Remo e
Romolo che, a dispetto del notorio epilogo storiografico, sembra sempre incerto sul filo della
tensione disegnato dalla sapiente regia che nega ogni certezza al pubblico in sala. Quando la
macabra danza di violenza e di morte giunge al suo epilogo non si può che guardare indietro ad
alcuni momenti memorabili grazie a due personaggi dipinti su pellicola con maestria. Ne è in tal
senso perfetta esemplificazione la scena in cui Remo cade nell'imboscata dei cavalieri di Alba sulle
rive di un ancor “biondo Tevere” e la tribù di cui ormai Romolo si è fatto guida spirituale giunge in
suo aiuto. Saltando a sorpresa fuori dai cespugli i due si ritrovano faccia a faccia e la camera
indugia su questa splendida immagine quasi suggerendo il duello definitivo, giustificato dai
precedenti contrasti. Ma all'ultimo momento Remo volge la spada verso il fratello solo per armarlo
e fargli sconfiggere al suo fianco gli oppositori nemici, ultimo ostacolo alla fondazione del più
grande impero che la storia ricordi. Quando finalmente giunge il momento dell'epico faccia a faccia
il fiato rimane sospeso come se non conoscessimo il finale, che giunge maestoso sull'enunciazione
del nome di Roma mentre cala la tela. Applausi.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a frenky 90 »
[ - ] lascia un commento a frenky 90 »
|
|
d'accordo? |
|
felicity
|
mercoledì 25 settembre 2019
|
grande parabola della condizione umana
|
|
|
|
"Il primo re" non è un film storico dagli intenti didascalici sotto le spoglie di un kolossal in costume.
Il regista scomoda il passato per ripensare al presente, usa temi archetipici aggiornandone l’adattabilità a ogni tempo storico.
Romolo e Remo non incarnano solo lo stato in cui versa ciascun migrante quando è costretto dalle avversità a lasciare la propria terra per cercarne un'altra che li accolga.
E' un’esperienza immersiva che, tramite l’uso della tecnologia odierna, mira a restituire un contatto sensorialmente tangibile di un’epoca perduta.
L’insidia della lettura politica, dell’utilizzo delle interpretazioni, viene in parte disinnescato dall’approccio essenziale del film, dalla sublimazione del racconto in un dualismo di attitudini e morali che servono l’un l’altra alla ricerca di una fondamentale complementarietà.
|
|
[+] lascia un commento a felicity »
[ - ] lascia un commento a felicity »
|
|
d'accordo? |
|
massybiagio
|
sabato 2 febbraio 2019
|
fantastico, anche se migliorabile
|
|
|
|
Il Primo Re è un film assolutamente da vedere se ci piacciono il cinema italiano e la storia antica
E' un genere del tutto nuovo, non si era mai visto un film in latino antico che parlasse dell'Antica Roma
Bella la fotografia, lascia sempre in tensione lo spettatore, in puro stile Hollywoodiano, non stanca, non annoia, non è scontato, si segue bene nonostante non ci siano dialoghi in italiano.
Belle anche le ambientazioni e no, non sono troppo povere. A coloro che criticano le ambientazioni dicendo che all'epoca i guerrieri avevano spade di bronzo e scudi di bronzo, non si può rispondere dicendogli di aprire un libro di archeologia e scopriranno che è vero che c'erano armi di bronzo ma erano usate dall'aristocrazia, dei contadini, o pastori, o assassini fatti schiavi non vestivano di tutto punto, come si può vedere dei film classici sull'antica roma.
[+]
Il Primo Re è un film assolutamente da vedere se ci piacciono il cinema italiano e la storia antica
E' un genere del tutto nuovo, non si era mai visto un film in latino antico che parlasse dell'Antica Roma
Bella la fotografia, lascia sempre in tensione lo spettatore, in puro stile Hollywoodiano, non stanca, non annoia, non è scontato, si segue bene nonostante non ci siano dialoghi in italiano.
Belle anche le ambientazioni e no, non sono troppo povere. A coloro che criticano le ambientazioni dicendo che all'epoca i guerrieri avevano spade di bronzo e scudi di bronzo, non si può rispondere dicendogli di aprire un libro di archeologia e scopriranno che è vero che c'erano armi di bronzo ma erano usate dall'aristocrazia, dei contadini, o pastori, o assassini fatti schiavi non vestivano di tutto punto, come si può vedere dei film classici sull'antica roma.
Note negative: i combattimenti un po' troppo lunghi, magari fatti peer un pubblico adolescente anglosassone, ma a volte veramente superflui per lunghezza.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a massybiagio »
[ - ] lascia un commento a massybiagio »
|
|
d'accordo? |
|
massenzio99
|
domenica 3 febbraio 2019
|
orgoglio nazionale
|
|
|
|
Ieri ho visto al cinema il primo re, con grandi aspettative, viste le recensioni positive su alcuni siti internet. Devo dire che le mie aspettative sono state pienamente soddisfatte, penso che sia il film di cui il cinema italiano avesse bisogno. Viene raccontata la leggenda di Romolo e Remo, quest'ultimo interpretato magistralmente da Alessandro Borghi, anche sé ormai non è una sorpresa viste le sue maestose interpretazioni in Sulla mia Pelle e nella serie Suburra. Grazie anche alla coraggiosa scelta della lingua latina, il film ti porta nel 753a.c, riuscendo a farti immergere nella realtà e nelle vicende dei personaggi. Costumi,musiche e recitazione perfette. Pochi dialoghi ma pungenti, in particolare l'ultima scena durante il funerale di Remo.
[+]
Ieri ho visto al cinema il primo re, con grandi aspettative, viste le recensioni positive su alcuni siti internet. Devo dire che le mie aspettative sono state pienamente soddisfatte, penso che sia il film di cui il cinema italiano avesse bisogno. Viene raccontata la leggenda di Romolo e Remo, quest'ultimo interpretato magistralmente da Alessandro Borghi, anche sé ormai non è una sorpresa viste le sue maestose interpretazioni in Sulla mia Pelle e nella serie Suburra. Grazie anche alla coraggiosa scelta della lingua latina, il film ti porta nel 753a.c, riuscendo a farti immergere nella realtà e nelle vicende dei personaggi. Costumi,musiche e recitazione perfette. Pochi dialoghi ma pungenti, in particolare l'ultima scena durante il funerale di Remo. Matteo Rovere si supera ancora dopo Veloce come il Vento, con un film inedito ma necessario per il cinema italiano, esempio da seguire per tutti gli altri registi. Scene action spettacolari, degne di un film hollywoodiano, ma qui c'è di più rispetto a film estremamente peggiori come Immortals ed Exodus. Questo film trasuda epica da tutti i pori e non si concentra solo sulla fisicità e la forza dei protagonisti come spesso accade nei film ''epici'' americani,ma al contrario cerca di farti capire le loro emozioni, dando più contenuto alla storia. Difficile trovarne dei difetti, forse uno potrebbe essere la leggenda che non viene rispettata pienamente, con Remo che viene reso come un semi dio, mentre Romolo sembra più debole, cosa che in base a ciò che sappiamo non è assolutamente vera. Un piccolo errore che però non cambia la qualità della pellicola, quindi vi consiglio di andarlo a vedere, il cinema italiano ne ha bisogno.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a massenzio99 »
[ - ] lascia un commento a massenzio99 »
|
|
d'accordo? |
|
|