Greta

I thriller, spesso al confine (e oltre) con l'horror, che si occupano di relazioni malate e possessive tra le persone sono molti e molto spesso capaci di colpire nervi scoperti degli spettatori, mettendo in scena in modo efficace incubi molto realistici. Un esempio classico è Inserzione pericolosa, l'incisivo thriller di Barbet Schroeder che esplorava la relazione tra due coinquiline, una relazione che diventava presto ossessiva e ossessionante. Ma i film di questo sottogenere sono tanti e tutti condividono una paura che può essere molto concreta: la paura di non conoscere abbastanza le persone con cui si fa amicizia. O più che amicizia.

Greta, il nuovo film di Neil Jordan di prossima uscita, presenta un'interessante variazione sul tema, raccontando di come la giovane Frances, un po' sola e sperduta a Manhattan dopo la morte della madre, si metta accidentalmente in contatto con l'elegante e ricca vedova Greta, riportandole una borsetta da lei dimenticata in metropolitana.

Da cosa nasce cosa e le due donne uniscono le loro solitudini: Greta è rimasta sola dopo che la figlia se n'è andata e prende a benvolere la fragile Frances. Le cose però non sono affatto come sembrano e ben presto Frances comincia a scoprire aspetti inquietanti di Greta. Vorrebbe perciò interrompere ogni relazione, ma Greta non è della stessa opinione e ha per Frances dei piani che non ammettono obiezioni, in un crescendo ossessivo che mette la ragazza in gravissima difficoltà.

Un film di questo genere, che si basa molto sui personaggi e sulla loro credibile interazione, necessita di interpreti di gran classe. In questo caso non ci sono dubbi che la classe ci sia. La protagonista è infatti Isabelle Huppert, un'attrice che dimostra ogni anno di più capacità interpretative di primissimo piano e una versatilità sorprendente. Una delle cose infatti che l'ha sempre contraddistinta è la curiosità e il coraggio di interpretare anche ruoli difficili in film controversi purché di sicura qualità artistica. Per il ruolo della vedova signorile, ma dall'anima nera, non poteva esserci attrice migliore.

Anche il ruolo della giovane Frances è ben coperto, affidato com'è a una delle migliori attrici dell'ultima generazione, Chloë Grace Moretz, che in campo horror ha già avuto modo di farsi notare a cominciare dalla parte in Zombie - La vendetta degli innocenti, interessante e in parte insolito film su morti viventi bambini nel quale lei, giovanissima, interpretava la parte di una delle figlie della protagonista. Poi è stata la volta del ruolo di protagonista di Blood Story, remake hammeriano del bel film svedese Lasciami entrare. Un altro remake horror che l'ha vista protagonista è stato Lo sguardo di Satana - Carrie nel quale ha osato, con coraggio, riprendere il ruolo che aveva reso famosa Sissy Spacek. Per non parlare, più recentemente, del ruolo di supporto, ma di rilievo, nel Suspiria di Luca Guadagnino, altro remake, ma del tutto peculiare. Nell'ambito di una carriera varia e intensa, quindi, l'horror ha il suo posto di rilievo.

Ma quello che desta maggior interesse e genera maggiore auspicio positivo sull'esito artistico del film è che sia diretto da Neil Jordan, regista irlandese di notevole personalità e di grandi qualità sia sotto il profilo visuale sia sotto quello narrativo. Pur essendosi dedicato a film appartenenti ai più diversi generi, quando non addirittura sui generis, Jordan si è spesso distinto in ambito horror e thriller. Il film che l'ha fatto comparire sulle mappe della critica cinematografica è stato infatti il delizioso e molto brillante In compagnia dei lupi, che rivedeva in modo del tutto personale e fiabesco il mito del licantropo. Intervista col vampiro dava vita con buon successo di pubblico ai vampiri romantici di Anne Rice, mentre In Dreams era uno psycho-thriller particolare, anche se non del tutto riuscito. Più recentemente, Il buio nell'anima rivisitava il tema della vendetta e Byzantium è stato un ritorno, molto atipico, al tema del vampirismo. Può essere che qualche volta, Neil Jordan abbia sbagliato un film, ma di solito il suo nome è garanzia non solo di qualità, ma anche di originalità quantomeno dello sguardo. La sceneggiatura, oltre che di Jordan, è di Ray Wright, sceneggiatore il cui esordio, Desiderio fatale, piccolo film televisivo con Anne Heche ed Eric Roberts, tratta anch'esso di una relazione basata sull'inganno tale da generare un crescendo di incertezza e tensione. La carriera di Wright si è poi sviluppata prevalentemente in ambito horror con esiti alterni tra remake (Pulse, La città verrà distrutta all'alba) e film originali (Case 39). L'equilibrio narrativo e la lucidità nella gestione dei personaggi e dei colpi di scena sono essenziali per uno psycho-thriller, assieme alla necessaria fantasia un po' malata: Wright e Jordan hanno le carte in regola per svolgere in modo adeguato questo compito non facile, sapremo presto se le hanno giocate bene. 