samanta
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martedì 23 ottobre 2018
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la vendetta è sempre amara
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Il film è considerato un sequel di Sicario di Villeneuve, anche se è un sequel sui generis, perché può essere visto tranquillamente senza avere visto il precedente.
La regia, ottima, è di Stefano Sollima che ha applicato una sua recente dichiarazione "Il cinema d'autore è un sofisticato modo di suicidio del cinema", dirigendo un film di azione con fermezza con dialoghi brevi, ma incisivi con buone azioni di fuoco, con una suspence ben calibrata, con un finale che lascia aperta la possibilità di un altro seguito.
La trama si svolge sempre al confine tra USA e Messico e questa volta tratta la lucrosa tratta dei migranti e non la droga, effettuata dai cartelli messicani (ricordate l'intercettazione di mafia capitale? "si guadagna di più con i migranti che con la droga .
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Il film è considerato un sequel di Sicario di Villeneuve, anche se è un sequel sui generis, perché può essere visto tranquillamente senza avere visto il precedente.
La regia, ottima, è di Stefano Sollima che ha applicato una sua recente dichiarazione "Il cinema d'autore è un sofisticato modo di suicidio del cinema", dirigendo un film di azione con fermezza con dialoghi brevi, ma incisivi con buone azioni di fuoco, con una suspence ben calibrata, con un finale che lascia aperta la possibilità di un altro seguito.
La trama si svolge sempre al confine tra USA e Messico e questa volta tratta la lucrosa tratta dei migranti e non la droga, effettuata dai cartelli messicani (ricordate l'intercettazione di mafia capitale? "si guadagna di più con i migranti che con la droga ..."). In USA si usano i bus che portano al confine e poi, attraverso passaggi nascosti, i migranti passano il confine, da noi ci sono gli scafisti che li abbandonano in mare. Il governo USA a seguito di una serie di attentati ritiene che i cartelli che dirigono il traffico facciano anche passare terroristi islamici dell'ISIS, di qui l'idea di scatenare una guerra tra i cartelli per bloccare il traffico. Si decide di utilizzare la squadra speciale di agenti e mercenari che combattevano con metodi "sporchi" la droga nel Sicario e ritornano in scena Matt (Josh Brolin) e Alejandro (Benicio del Toro) e i loro camerati che rapiscano la figlia Isabela (Isabela Reyes) di un capo di un cartello per attribuire il sequestro ad un altro cartello. L'operazione va storta e il governo fa un passo indietro, anche perchè si scopre che i terroristi sono in gran parte islamici di cittadinanza americana, lasciando così Alejandro solo in difficoltà con la ragazzina, non dico il finale a sorpresa.
Il film è ben diretto, tra l'altro la storia mi sembra più credibile e meno tortuosa di quella del Sicario, Sollima dirige con autorità le scene di azione, senza però la frenesia che spesso si vede nei film USA, ma senza quei tempi morti che troppo spesso sono presenti nei film italiani e che rallentano la trama, i dialoghi concisi sono però accurati "se vuoi scatenare la guerra non uccidere il Re ma il principe..." e così colpiscono, sequestrando la giovane erede del capo di un cartello facendo sì che il rapimento sia attribuito ad un altro cartello. Buona l'interpretazione dei protagonisti, trova il tratto di Sollima in quella di Benicio del Toro che, pur nella spietatezza delle sue azioni, è più contenuta, più umana. Josh Brolin recita a memoria masticando sempre quache cosa (però potrebbe fare il film anche senza mangiucchiare in continuazione), come è brava la ragazzina rapita, alunna prepotente nei confronti delle compagne di scuola che cade in un inferno di violenza che la cambiarà per sempre, è l'elemento femminile (nel Sicario era Emily Blunt nella veste di un agente FBI) . Solo la musica la ritengo troppo rimbonbante non molto orecchiabile.
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[+] un sequel robusto e decisamente riuscito
(di tom87)
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[+] buon film...ma sicario?!
(di gustibus)
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ashtray_bliss
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domenica 30 settembre 2018
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il ritorno del soldado non tradisce le aspettative
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E' pesante l'eredita lasciata da Villeneuve dopo un action-drama indimenticabile come Sicario, e ciò poneva dei seri dubbi e interrogativi riguardo al futuro del franchise. Questo secondo capitolo penso che fosse atteso con grande trepidazione, sopratutto dal pubblico italiano, poichè la posta in gioco era molto alta e altrettanto alto e concreto era il rischio che un regista italiano, emergente in USA, potesse fallire, deludere e tradire le aspettative fornendo un prodotto mediocre. Fortunatamente però ogni dubbio o timore viene spazzato via durante la visione del film che si rivela essere un degno erede e successore del primo, indimenticabile e tecnicamente impeccabile Sicario del cineasta canadese.
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E' pesante l'eredita lasciata da Villeneuve dopo un action-drama indimenticabile come Sicario, e ciò poneva dei seri dubbi e interrogativi riguardo al futuro del franchise. Questo secondo capitolo penso che fosse atteso con grande trepidazione, sopratutto dal pubblico italiano, poichè la posta in gioco era molto alta e altrettanto alto e concreto era il rischio che un regista italiano, emergente in USA, potesse fallire, deludere e tradire le aspettative fornendo un prodotto mediocre. Fortunatamente però ogni dubbio o timore viene spazzato via durante la visione del film che si rivela essere un degno erede e successore del primo, indimenticabile e tecnicamente impeccabile Sicario del cineasta canadese.
Soldado non ha da invidiare nulla al suo predecessore e grazie alla regia di alto livello, alla solida e convincente sceneggiatura firmata Sheridan, alla fotografia e naturalmente alle ottime interpretazioni da parte del cast principale, Brolin e Del Toro, Soldado risulta un prodotto coerente, coinvolgente, intenso e decisamente memorabile. Un'aggiunta importante nel franchise del prodotto -che lascia naturalmente lo spiraglio aperto per un altro seguito- e incassa soddisfazioni sia dentro che fuori gli Usa per il lavoro svolto da Sollima (che ricordiamo provenire da serie tv quali Gomorra e Romanzo Criminale).
In questo secondo capitolo, dunque, troviamo sempre al centro del racconto la guerra tra la polizia federale americana, e specialmente la DEA, e i cartelli della droga messicani, ma qui il taglio e reso ancor più vivido e attuale sin dalle scene iniziali. Alcuni attacchi terroristici spargono il caos in USA e ben presto l'Intelligence scopre che c'è un collegamento tra l'ingresso dei terroristi dal confine messicano e il traffico d'esseri umani gestito dai cartel. Entra così in scena l'agente speciale Matt Graver noto per i suoi metodi ben poco ortodossi nella sua lotta contro il crimine organizzato messicano. Ma la posta in gioco questa volta e molto alta, e il coinvolgimento del governo degli Stati Uniti rende quasi inevitabile rivolgersi al taciturno ed enigmatico Alejandro, l'iconico sicario tormentato e spietato nella sua personale lotta contro il crimine in cerca di vendetta. Il duo, con l'aiuto e il supporto logistico della squadra di Graver, avvia così una sregolata e spietata guerra tra cartel e contro i patron del crimine coinvolgendo anche la piccola Isabelle Reyes, figlia di un potente boss criminale, rapita durante un finto sequestro.
Mantenendo uno stile registico e narrativo sempre asciutto ma dal ritmo incalzante, il film si rivela fedele al suo predecessore e innesta una storia credibile e realistica che attinge ad argomenti assolutamente attuali quali la tratta di esseri umani sul confine messicano, la rivalità e l'eccessiva violenza delle potentissime bande criminali, i legami col terrorismo islamico e naturalmente lo sporco e sleale contrattacco dell'intelligence americana come sintetizzato dalla tagline ufficiale del film "stavolta niente regole".
Il crudo realismo e cinismo dell'opera prevalgono durante quasi l'intera durata della pellicola che non si concede facilmente ai moralismi o clichè e vengono accentuati dalla crudezza e asprezza dei luoghi dove si svolge l'azione. Quella terra di confine, arida, secca e desolata che sa rivelarsi tremendamente brutale e spietata come dimostrano alcune - impeccabili - scene d'azione quali l'inseguimento in macchina tra polizia USA e messicana o la conseguente scena di resa dei conti tra Alejandro e un giovane ma precoce boss della mala pronto a reclamare il suo posto nella gerarchia criminale. Impeccabile, dunque, l'uso della fotografia che rievoca l'indelebile Sicario ma senza i toni nostalgici che solitamente accompagnano i sequel. Qui la fotografia diventa protagonista in primo luogo dell'asprezza e della crudeltà di cui si fanno portatori anche i suoi protagonisti.
A Soldado pare proprio non mancare niente. Nessuna carenza sul piano del coinvolgimento emotivo, del pathos, della tensione o della suspence; gli spettatori vengono letteralmente catapultati in questo universo parallelo che sì è frutto di finzione eppure riflette in modo disarmante una condizione assolutamente concreta e reale, una realtà tragica e brutale la quale spesso, e deliberatamente, scegliamo di ignorare ma che nel film incrementa notevolmente il taglio realistico e verosimile del racconto in modo diretto e sconcertante.
La regia, il ritmo, la colonna sonora, la fotografia e la recitazione si mantengono sempre su alti livelli garantendo il giusto approccio visivo ed emotivo. Bilanciata e giusta anche la scrittura dei personaggi che ne approfondisce la personalitä, le motivazioni e i tormenti rivelando al contempo nuovi lati, più o meno oscuri, e riconnettendoli ad una componente spiccatamente umana, parzialmente assente nel primo capitolo. Memorabile e riuscita in tal senso è questa nuova dimensione, più umana, che emerge dal personaggio di Alejandro che pur non essendo orginale e trasportando il personaggio in territori e topoi narrativi sin troppo sfruttati, aggiunge tuttavia, nuove e interessanti sfumature da affiancare al profilo di Sicario assetato di vendetta per la morte della famiglia nonchè giustiziere in lotta contro il crimine organizzato. Straordinariamente costruito anche il finale avviluppato in crescendo di drammaticità che però non deraglia mai nel melodramma auto compiacente ma mantiene un taglio asciutto e coerente perfettamente integrato col racconto precedentemente costruito.
In attesa del terzo capitolo di una saga altamente promettente e sinora ben sviluppata, possiamo concludere dicendo che il secondo capitolo è sicuramente all'altezza del primo e non delude nè tradisce le aspettative. La trama è ben articolata ma anche saldamente ancorata alla realtà dei fatti disseminando riferimenti costanti ai fatti di cronaca recenti e attuali, gli interpreti sono in stato di grazia (specialmente Brolin che solo nel 2018 lo abbiamo visto impegnato in ruoli di assoluto rilievo, tra cui il super villain Thanos in Avengers I.W. e il pompiere-eroe Eric Marsh) e la regia di Sollima è di livello senza eccedere o concedersi ad esercizi di stile fini a se stessi. Qualche forzatura (riconducibile allo script più che alla regia), volendo, la si può individuare nel finale e specialmente per la parte che riguarda le sorti del personaggio di Alejandro ma a quanto pare quello è un male necessario ai fini di dare un seguito alla saga. Manca anche un personaggio femminile di rilievo, come la fragile, ingenua ma iconica Emily Blunt di Sicario intrappolata in un gioco più grande di lei; qui il personaggio femminile è comunque notevole e in grado di creare empatia col pubblico grazie anche ad una bravissima Isabel Moner nei panni della grintosa e sveglia ragazzina Isabel Reyes.
Appropriatissima la soundtrack nonchè impeccabile l'uso della fotografia e delle inquadrature esterne che incorniciano in modo disilluso e cinico una storia di confine, crepuscolare e violenta, dove l'innocenza si perde per strada; su quel confine che attraversano disperatamente migliaia di esseri umani in cerca di un futuro migliore, ma che finiscono per diventare pedine intrappolate all'interno di un business criminale spietato. Un business che si ramifica verso le frange più estreme, legandosi anche al terrorismo e che per essere destabilizzato viene combattuto con i suoi stessi mezzi: dall'interno, con l'inganno, con la forza e la cieca violenza. L'unico linguaggio percepito dalla criminalità.
In poche parole, grazie Sollima per questo solido e validissimo sequel! Voto: 4/5.
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gustibus
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sabato 20 ottobre 2018
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bravo.
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Un bravo al nostro S.Sollima,non era facile proseguire con il primo Sicario di Villeneuve,film da oscar!Qui siamo sempre nel regno dei cartelli messicani sulla droga,ma qui si affronta il tema delle tratte umane Messico/Usa per mille dollari.Sono sempre in primo piano Alejandro il personaggio interpretato da Benicio del Toro,sempre ombroso ma molto bravo nella recitazione.Josh Brolin che in questo secondo racconto dovra'obbedire a ordini che poi verrano infranti con illegalita'quasi doverosa per aver la meglio sulla realta'spietata dei narcos,della polizia corrotta,mettendo l'amico Alejandro in una situazione drammatica lasciandolo solo.Il film risente un po di una mancanza femminile.
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Un bravo al nostro S.Sollima,non era facile proseguire con il primo Sicario di Villeneuve,film da oscar!Qui siamo sempre nel regno dei cartelli messicani sulla droga,ma qui si affronta il tema delle tratte umane Messico/Usa per mille dollari.Sono sempre in primo piano Alejandro il personaggio interpretato da Benicio del Toro,sempre ombroso ma molto bravo nella recitazione.Josh Brolin che in questo secondo racconto dovra'obbedire a ordini che poi verrano infranti con illegalita'quasi doverosa per aver la meglio sulla realta'spietata dei narcos,della polizia corrotta,mettendo l'amico Alejandro in una situazione drammatica lasciandolo solo.Il film risente un po di una mancanza femminile.Nel primo Sicario Emily Blunt era da oscar pure lei.La novita'e'che qui i Sicari diventeranno due.La narrazione di questo Soldado a volte richiama Gomorra la serie sempre diretta da Sollima che comunque ha aperto la strada hollywoodiana.Almeno una volta,ma da vedere.
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muttley72
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domenica 28 ottobre 2018
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trama un pò piatta, film curato e ben fatto
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Amante dei thriller d'azione, sono andato (ieri) a vedere il sequel di "Sicario", ovvero "Soldado" dell'italiano Sollima. Il film come atmosfera e ambientazioni non è inferiore al primo episodio, parimenti anche i dettagli sono molto curati alla maniera Hollywoodiana, anche se c'è chi coglie un tocco di "italianità" de regista (beato lui perchè se mi avessero detto che il regista era americano ci avrei creduto). In realtà Sollima è stato bravo a imitare alla perfezione i film americani di questo genere (non è un crimine, visto che solitamente sono ben fatti). Quello che non mi è piaciuto del film è la trama.
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Amante dei thriller d'azione, sono andato (ieri) a vedere il sequel di "Sicario", ovvero "Soldado" dell'italiano Sollima. Il film come atmosfera e ambientazioni non è inferiore al primo episodio, parimenti anche i dettagli sono molto curati alla maniera Hollywoodiana, anche se c'è chi coglie un tocco di "italianità" de regista (beato lui perchè se mi avessero detto che il regista era americano ci avrei creduto). In realtà Sollima è stato bravo a imitare alla perfezione i film americani di questo genere (non è un crimine, visto che solitamente sono ben fatti). Quello che non mi è piaciuto del film è la trama...capisco che si tratta di gusti personali e ognuno la vuole "alla maniera sua"...tuttavia in molti film recenti ho notato che si va da quella più inutilemnte complicata e cervellotica (o addirittura cretina) fino all'eccesso opposto di quella banale o piatta...come in questo caso.
Chi non vuole lo SPOILER non legga oltre ....Questo film ruota principamenlemte su una nuova missione per Benicio del Toro (arruolato dagli USA per scatenare una guerra tra i cartelli messicani al fine di eliminarli, rapendo la figlia di un boss e cercando di incolpare il cartello rivale), il piano non riesce, come al solito, per un "cambiamento di idee" dei vertici politici statunitensi (....si preoccupano per l'uccisione di poliziotti messicani corrotti che invece di scortare il conviglio l'avevano attaccato). La seconda parte del film vede il "sicario" passare il confine Messico USA con la bambina (che nel frattempo gli USA vogliono morta). Film dignitoso, curato, ma non ecceezionale dal punto di vista dell'azione e della trama (storia). Tre stelle scarse, ma piacerà (forse troppo) per vari motivi.
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inesperto
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lunedì 22 ottobre 2018
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benicio e josh superbi
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Il film mantiene il livello del primo capitolo, Sicario. E' sulla stessa lunghezza d'onda, pur differenziandosi a partire dalla metà. Qui veniamo catapultati nel mondo della tratta di esseri umani sul confine USA/Messico: l'importanza dell'argomento, quindi, è chiaramente notevole. I personaggi di Del Toro e Brolin subiscono una parziale umanizzazione rispetto al passato e i due sono mostruosi nell'interpretare questo cambio di paradigma caratteriale, tanto più difficile in quanto poco accentuato. Meritevole.
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umberto
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sabato 27 ottobre 2018
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soldado
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Sequel del ben riuscito "Sicario", risulta non molto collegato al precedente. Questo può essere considerata un'arma a doppio taglio, infatti se da un lato esso può essere tranquillamente visto a sé, chi ha ammirato il primo rimarrà un po' deluso da questa mancanza di continuità. Rispetto alla pellicola di Villeneuve, Sollima usa meno scene cruente, ma, nonostante ciò, riesce lo stesso a tenere la tensione alta dal primo all'ultimo minuto. Questo grazie anche ai meravigliosi Benicio Del Toro e Josh Brolin, due attori che riescono a recitare anche solo con lo sguardo.
Voto: 8,5
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maramaldo
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domenica 28 ottobre 2018
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"...tan cerca de estados unidos"
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Rabbia vecchia e motivata verso quel Paese, eppure simile nelle origini e forse anche nell'avvenire. Rancore secolare che non ha impedito ai chicanos di installarvisi a milioni mentre ora, divenuti gringos senza cuore, fanno di tutto affinchè non ve ne arrivino altrettanti. Era il caso che Sollima si addentrasse nel ginepraio di quest'amaro Tex-Mex, e proprio di questi tempi?
Voglia di evasione, direte, di un più ampio respiro, di uscire da un'atmosfera asfittica dove le denunce si risolvono in esercizi di maniera, dove pessimismo e angoscia devono far i conti anche col richiamo dei buoni e gli strilli dei benpensanti. Comunque, muovendo con abilità gli stereotipi Sollima vi consegna un film d'avventura teso ed avvincente.
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Rabbia vecchia e motivata verso quel Paese, eppure simile nelle origini e forse anche nell'avvenire. Rancore secolare che non ha impedito ai chicanos di installarvisi a milioni mentre ora, divenuti gringos senza cuore, fanno di tutto affinchè non ve ne arrivino altrettanti. Era il caso che Sollima si addentrasse nel ginepraio di quest'amaro Tex-Mex, e proprio di questi tempi?
Voglia di evasione, direte, di un più ampio respiro, di uscire da un'atmosfera asfittica dove le denunce si risolvono in esercizi di maniera, dove pessimismo e angoscia devono far i conti anche col richiamo dei buoni e gli strilli dei benpensanti. Comunque, muovendo con abilità gli stereotipi Sollima vi consegna un film d'avventura teso ed avvincente. E' suo pregio l'essere asettico. Giusto e puro di cuore, non indulge ad imbonimenti, descrive il male e lascia a voi cavare la lezione se ne avete voglia.
"Non" dirige Josh Brolin (Matt Grover) e, men che meno, Benicio Del Toro (Alejandro) non perchè siano personalità di spessore ma in quanto ingestibili, immutabili come maschere di pietra, al prossimo film tali e quali. Più a suo agio, invece, con i personaggi che gli ricordano casa sua. I muchachos soldados rimandano agli scugnizzi mai cresciuti che, arruolati dal crimine, vengono illusi di diventare ricchi e "uomini" con un gesto abbietto come rito di iniziazione. La progenie di un boss, poi, deve mostrarsi violenta, proterva, strafottente. Ed ecco Isabel, la figura più riuscita, accattivante, vera. Matura e misurata, brava, l'allora sedicenne Isabella Moner, di Cleveland ma peruana en el alma.
Con qualche disinvoltura nel racconto e un paio di facilonerie di tempo e di spazio, il film, pur tra perfidie e truculenze, raggiunge un suo lieto fine che deriva da un "prodigio". E questo fa pensare che Sollima, in spirito, non abbia mai preso l'aereo per recarsi su quel border.
Lascia, Stefano, ad altri il sequel che, oggi e là, non sarebbe che patetica accondiscendenza al vezzo infantile di ascoltare la stessa fiaba. Rimani fra noi, potrai consolarti posando un fiore, testimoniando in fiaccolata. Non ci tornare laggiù nell'Arizona o nei paraggi, quella non è terra di miracoli ma deserto su cui riscatto e speranza non germogliano. Antico il lamento: "Pobre México, tan lejos de Dios..."
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carlosantoni
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lunedì 29 ottobre 2018
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un bel film di cattivi contro cattivi
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È un film d’azione dove l’adrenalina scorre come il caffè nei bar la mattina, e la violenza è raccontata con gran sapienza di effetti speciali. Non mi pare un “western”, come è stato scritto, semmai un film di guerra, una guerra combattuta “senza regole d’ingaggio”, con armi leggere e armi pesanti, mezzi blindati muniti di mitragliatrici enormi, aviotrasportati e strumentazioni digitali di ogni tipo. Non a caso vengono citati i tetri di guerra dell’Afghanistan e dell’Iraq. Stavolta però siamo in Messico, più precisamente al confine tra Messico e Texas.
Chi combatte chi? Un po’ tutti. Le forze della Dia americana, che fanno a loro piacere il cattivo tempo a casa d’altri; la polizia federale messicana, al soldo dei trafficanti di droga e di esseri umani; i trafficanti stessi di esseri umani, piccoli ma ferocissimi e spietati; i maxi-cartelli del narcotraffico, che si sono riciclati in altre forme di business.
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È un film d’azione dove l’adrenalina scorre come il caffè nei bar la mattina, e la violenza è raccontata con gran sapienza di effetti speciali. Non mi pare un “western”, come è stato scritto, semmai un film di guerra, una guerra combattuta “senza regole d’ingaggio”, con armi leggere e armi pesanti, mezzi blindati muniti di mitragliatrici enormi, aviotrasportati e strumentazioni digitali di ogni tipo. Non a caso vengono citati i tetri di guerra dell’Afghanistan e dell’Iraq. Stavolta però siamo in Messico, più precisamente al confine tra Messico e Texas.
Chi combatte chi? Un po’ tutti. Le forze della Dia americana, che fanno a loro piacere il cattivo tempo a casa d’altri; la polizia federale messicana, al soldo dei trafficanti di droga e di esseri umani; i trafficanti stessi di esseri umani, piccoli ma ferocissimi e spietati; i maxi-cartelli del narcotraffico, che si sono riciclati in altre forme di business. In questa storia non ci sono buoni, per niente: ci sono soltanto cattivissimi efferati, cattivi spietati e cattivi ordinari. E c’è una terra di nessuno (e di tutti) al confine tra Usa e Messico, che assomiglia moltissimo all’inferno. È una terra che ormai si conosce benissimo, per i tanti film che se la scelgono come location: ultimo questo robustissimo “Soldado”, di Sollima.
Il film ha degli antesignani che paiono esplicite citazioni: sia per la location, cui ho accennato, sia per aspetti sostanziali della trama (affari criminali, droga, guerra di bande lungo un confine, quello tra Usa e Messico, che nonostante i muri è un colabrodo) sia per la scelta degli attori, che sono gli stessi dei film anticipatori. Tra questi, “Non è un paese per vecchi”, dei Cohen, col solito Josh Brolin, e “Sicario” di Villeneuve, sempre con Brolin e finanche Benicio Del Toro. Come “Sicario”, poi, anche il film di Sollima ci mostra il violentissimo e assoluto spadroneggiare delle forze dell’ordine e militari statunitensi fuori dai loro confini, in barba a qualsiasi norma di diritto internazionale.
Il film si avvale di una robusta e credibile sceneggiatura, di un dispiegamento di begli effetti speciali, di una grandiosa fotografia, di una colonna sonora azzeccata e, last but not least, della recitazione davvero efficace di Brolin e Del Toro, oltre che della giovane Isabela Moner, che interpreta la parte della figlia di un boss della malavita messicana.
Eccessive forse le scene di scontri a fuoco e l’efferatezza di certe scene di violenza, ma “Soldado” è senz’altro un film da vedere.
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andrea
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sabato 3 novembre 2018
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grande film d'azione, schietto, senza mezze misure
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Confine tra Messico e Stati Uniti. Migliaia di persone cercano di attraversare "la linea" clandestinamente, nella speranza di un futuro migliore. Tra di essi però si infiltrano anche dei terroristi. Alcuni di essi si fanno esplodere senza scrupoli all'interno di un piccolo supermercato. Il governo americano, preso atto dell'accaduto, risponde alla minaccia: l'agente della CIA Graver scende in campo applicando le misure più estreme per combattere questo male, assoldando anche Alejandro Gillick assetato di vendetta privata.
Il regista italiano Stefano Sollima scende nel campo di battaglia e dirige il sequel di Sicario, anche se la pellicola è tranquillamente visionabile senza aver preso parte al primo capitolo americano.
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Confine tra Messico e Stati Uniti. Migliaia di persone cercano di attraversare "la linea" clandestinamente, nella speranza di un futuro migliore. Tra di essi però si infiltrano anche dei terroristi. Alcuni di essi si fanno esplodere senza scrupoli all'interno di un piccolo supermercato. Il governo americano, preso atto dell'accaduto, risponde alla minaccia: l'agente della CIA Graver scende in campo applicando le misure più estreme per combattere questo male, assoldando anche Alejandro Gillick assetato di vendetta privata.
Il regista italiano Stefano Sollima scende nel campo di battaglia e dirige il sequel di Sicario, anche se la pellicola è tranquillamente visionabile senza aver preso parte al primo capitolo americano.
Questo action-war movie segue la storia attraverso una storyline non troppo complessa e la vicenda viene raccontata senza mezze misure, rappresentanto un grande problema strettamente contemporaneo che probabilmente molta gente ne è all'oscuro.
Le scene d'azione non sono enfatizzate a dismisura come nei prodotti americani, ma sono realistiche e ben calibrate: nota molto positiva che fa spazio nello spettatore con la suspance, capace di tenere incollati allo schermo per tutta la durata del film.
Sull'interpretazione e la recitazione dei personaggi nelle loro parti nulla da dire: Benicio Del Toro non si smetisce mai, riuscendo a creare sempre quell'aurea misteriosa e molto cupa alle sue parti. Anche il suo "compagno di lavoro" Brolin ci regala un'altra buona interpretazione.
La storia di dipana, come dicevo, in modo chiaro: i dialoghi sono molto brevi e schietti. Un po' come se fosse tutto raccontato attraverso la salda regia e sceneggiatura e dal montaggio, un po' serrato ed in altri punti più rallentato, formando immagini che trasmettono forti emozioni: da momenti di adrenalina, a punti anche drammatici.
Riassumendo il film è un grande congegno di azione e suspance, ben calibrato e non troppo "americanizzato", dove posso fermamente dire che a volte anche la nostra mano può creare grandi pellicole per tutto il tipo di pubblico. Complimenti al regista Sollima, davvero.
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gianleo67
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lunedì 17 dicembre 2018
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soldati, sicari e...adolescenti riottose
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Richiamato in patria a seguito di un attentato terroristico di matrice islamica, l'agente federale Matt Graver viene incaricato di destabilizzare i cartelli messicani e boicottarne il fiorente traffico di esseri umani con il quale si alimenta la manovalanza radicalizzata in territorio americano. L'operazione passa attraverso il reclutamento di un sicario con più di un conto in sospeso con i boss del narcotraffico ed il rapimento della figlia adolescente di uno di questi. L'imprevisto però è il crudele convitato di pietra con cui l'uomo dovrà presto fare i conti. Da primo capitolo di una ideale trilogia della moderna frontiera americana al succulento spin off di una autonoma trilogia (Sicario 3, coming soon?) del gioco sporco del governo yankee sulla frontiera tex-mex il passo è breve, tanto più se la produzione ha milioni da spendere, miglia cinematografiche da percorrere e cavalli di razza da lanciare a briglie sciolte attraverso le lande desertiche della simbolica terra di nessuno che separa l'autarchia criminale di una storica terra di conquista dall'autoritarismo marziale della prima potenza economica mondiale.
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Richiamato in patria a seguito di un attentato terroristico di matrice islamica, l'agente federale Matt Graver viene incaricato di destabilizzare i cartelli messicani e boicottarne il fiorente traffico di esseri umani con il quale si alimenta la manovalanza radicalizzata in territorio americano. L'operazione passa attraverso il reclutamento di un sicario con più di un conto in sospeso con i boss del narcotraffico ed il rapimento della figlia adolescente di uno di questi. L'imprevisto però è il crudele convitato di pietra con cui l'uomo dovrà presto fare i conti. Da primo capitolo di una ideale trilogia della moderna frontiera americana al succulento spin off di una autonoma trilogia (Sicario 3, coming soon?) del gioco sporco del governo yankee sulla frontiera tex-mex il passo è breve, tanto più se la produzione ha milioni da spendere, miglia cinematografiche da percorrere e cavalli di razza da lanciare a briglie sciolte attraverso le lande desertiche della simbolica terra di nessuno che separa l'autarchia criminale di una storica terra di conquista dall'autoritarismo marziale della prima potenza economica mondiale. Il braccio armato (di penna e calamaio) di questa potente operazione di ristrutturazione dell'action thriller è il solito Taylor Sheridan, qui al servizio di un rutilante immaginario di mercenari giramondo che sposano forzosamente le ragionevoli motivazioni di una endemica guerriglia geolocalizzata (il traffico della droga, quello dell'immigrazione) alle ragioni ideologiche di una delocalizzata lotta al terrorismo internazionale a base di rivendite alimentari col botto ed a tappeti da preghiera rivolti ad est appena 'arrestati' sull'orlo del precipizio (anche questi sono tre ma non tutti ben orientati). Se della solida compattezza e minacciosa ambiguità del capitolo diretto da Villeneuve rimangono il ritmo sostenuto da un montaggio efficace, una colonna sonora che eredita la rullante sonorità di quella di un autore originale prematuramente scomparso (drug&death...in deutsch) e misteriose insidie che il caso dissemina sulla strada di uomini di captiva volontà (who kidnapped me?...), la storiella aggrega locazioni ed azioni con la prevedibilità di chi deve andare dal punto A al punto B cercando di salvare capra e cavoli e di disfarsi dei prigionieri che si sono appena fatti quando la terra inizia a scottare sotto i piedi. Come dire che alla impeccabile direzione dell'esordio americano del nostro buon Sollima ed al parterre des heros di interpreti scafati del calibro di Brolin, Del Toro e Keener (nella parte del Salvini a stelle e strisce anche l'ex cronista pacifista soldato-Joker-Modine) e ad una raffinatezza narrativa che armonizza l'asprezza del paesaggio desertico con il deserto umano di antieroi mossi da livori personali o da una malintesa ragion di stato, si affianca una prevedibilità dei comportamenti pronta a chiamare in causa i facili stereotipi della affiliazione criminale (il guappo Miguel Hernandez) o della filiazione putativa (la guapa Isabel Reyes), disperdendo l'oscuro potenziale di una minaccia letale nascosta tra le pieghe di una morale crepuscolare e risolvendo con una sottotrama vagamente ricattatoria le problematiche di una promessa sentimentale da far decollare verso il programma protezione testimoni e quelle di una eredità criminale da discutere pericolosamente nel retro di un fast-food. Tra un Sud del mondo di connivenze istituzionali assortite e la solita retorica marziale del settimo cavalleggeri in trasferta oltre il Rio Bravo, le critiche di cavalcare gli stereotipi non sembrano così infondate; ma ci si diverte lo stesso!
Adelante! Adelante! C'è un uomo al volante Ha due occhi che sembra un diavolo!
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